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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giuseppe Biancheri

XI Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 1 dicembre 1871

Presidente. Onorevoli colleghi! Io vi risaluto col cuore commosso, e vi esprimo il sentimento che provo più dolcemente in me stesso attestandovi la mia riconoscenza vivissima, a Voi dalla cui benevolenza unicamente mi viene l'altissimo onore che mi è conferito. A meritarlo, io non ho altri titoli che non ravvisi essere di gran lunga maggiori in ciascuno di voi tutti; da ogni parte in quest'aula scorgo uomini prestantissimi per dottrina, per ingegno, per servizi eminenti resi alla patria; a me non è concesso sì nobile pregio, e non mi è dato di offrirvi che il modesto tributo della mia devozione e dei miei retti propositi. Se nondimeno vi è piaciuto di richiamarmi ad occupar questo Seggio, mi è caro il pensare che mi abbiate significato la vostra approvazione per quel poco che mi è riuscito di fare nelle due precedenti Sessioni, e per quell'amore al bene del paese che divido sinceramente con voi. Onorevoli colleghi, il ricordare nelle circostanze più liete della vita i benefizi che nell'avversa fortuna ci furono impartiti e ravvivarne gli affetti è opera non tanto doverosa, quanto di singolare compiacenza. Oggi che la nazione esulta nel vedere per la prima volta raccolti in Roma i suoi rappresentanti, oggi che il lungo e sospirato premio di tanta fede e di tante sventure per una volta è raggiunto, non può non essere sommamente gradito che la prima parola che da noi si proferisce in quest'aula sia per l'appunto una parola di riconoscenza e di affetto che indirizziamo al Re nostro e all'Augusta sua famiglia, all'esercito e ai volontari che combatterono per la patria e a tutti gli uomini benemeriti che contribuirono al trionfo de' suoi destini. (Benissimo!) Con pari gratitudine rivolgiamo l'animo nostro alle città d'Italia che furono esempio meraviglioso di abnegazione, di sacrifizi, e ricordiamo Torino e Firenze che tanto fecero pel nostro risorgimento, che tanti titoli acquistarono alla benemerenza della patria e dalle quali ricevemmo per sì lungo tempo quella ospitalità di cui serberemo memoria imperitura. (Vivi applausi) Io sono certo d'interpretare il sentimento unanime di voi tutti, e nel mandar oggi da Roma un nostro saluto a tutte le città d'Italia, affermiamo essere nostro incrollabile intendimento di mantenere incolume il prezioso acquisto della libertà, indipendenza e unità nazionale. (Nuovi applausi) Orache esauditi sono i suoi voti, l'Italia, divenuta elemento di ordine e di pace, non aspira che a dar sviluppo alle proprie sue forze, incremento alla sua prosperità; non ambisce che ad occupare degnamente il posto che le compete in mezzo alle altre nazioni. A conseguire quest'intento noi ci adopreremo con cura indefessa, sorretti dalla giustizia delle nostre aspirazioni e incoraggiati dalle gloriose memorie che ci stanno dinanzi, dalle quali, anziché trarre argomento di sterile vanto, piglieremo stimolo e conforto a nuove fatiche, e fondamento a sperare che col lavoro, colla perseveranza e colla nostra concordia ritorni alla patria nostra l'antica grandezza. Ricorrendo col pensiero la via che già abbiamo percorsa possiamo, non senza ragione, compiacerci dei risultati ottenuti; la vita novella a cui l'Italia si è desta, fecondata dallo spirito di libertà e di associazione, già mostra ovunque i suoi frutti; noi siamo in Roma e il popolo italiano, pur sempre conscio de' suoi doveri, ha ripreso la piena coscienza de' suoi diritti. (Applausi) Molto tuttavia ci rimane a fare per dare uno stabile assetto al nostro interno ordinamento, provvedere ai bisogni delle nostre finanze, al compimento dei grandi lavori che saranno fonte della nostra ricchezza, spandere in maggior copia il bene della istruzione, regolare definitivamente le nostre istituzioni militari. Noi ci accingeremo a risolvere questi ardui problemi, non gareggiando fra noi che per assicurare il pubblico interesse, e se, come spero, condurremo a termine l'opera intrapresa, avremo allora conseguito la ricompensa più dolce a cui si debba aspirare in libero paese, quella di poterci dire a noi stessi: abbiamo fatto il nostro dovere. (Benissimo!) Riprendete adunque, onorevoli colleghi, le vostre occupazioni colla alacrità e patriottismo di cui già deste sì splendide prove, riprendete le vostre discussioni temperandole ognora a quei sensi di moderazione che ne accrescono l'autorità e il decoro. La fiducia che per la terza volta mi avete attestato, nel mentre mi dà ardimento di credere di non esserne stato sin qui affatto indegno, mi conforta a sperare che potrò rendermene anche d'ora in poi meritevole. Seguirò gli stessi principii, mi atterrò alle stesse norme che già mi valsero la vostra adesione, lealtà e rettitudine, giustizia e imparzialità in tutto e per tutti. Scevro da passioni e da ogni rancore, alieno da ogni prevenzione e spirito di parte, io vi chieggo a tutti l'appoggio della vostra benevolenza e, consentitemi di aggiungere, della vostra amicizia, che tanto mi onora e mi è cara; e confido che vorrete concedermela perché io possa continuare a meritarmi la vostra approvazione. (Applausi prolungati) Invito gli onorevoli deputati che furono eletti a membri dell'ufficio di Presidenza, a volere prendere il loro posto. (Essi salgono al banco della Presidenza).