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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Antonio Casertano

XXVII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 14 gennaio 1925

Presidente. (stando in piedi pronuncia il seguente discorso - Segni di viva attenzione). Onorevoli colleghi. Sento tutta la mia umiltà nell'ora solenne nella quale per vostra designazione ascendo al posto altissimo, che è il premio più ambito e l'onore supremo nelle Assemblee parlamentari. Ve ne ringrazio con riconoscenza che non ha limite, e vi prometto che ogni mio sforzo sarà diretto a bene meritare della vostra fiducia.
Succedo a due indimenticabili amici - per nominare soltanto gli ultimi che onorarono questo seggio - ad Enrico De Nicola ed Alfredo Rocco, che sono il vanto della terra dove io nacqui, e che qui, a questo posto, diedero prova costante di rettitudine politica, di acume giuridico, di fervida operosità. Ad essi mando il memore saluto dell'Assemblea, orgoglioso, se mi sarà possibile, di seguirne l'esempio. (Vivi applausi).
Le Assemblee, per essere governate, non chiedono che giustizia. Ma la giustizia non basta volerla, bisogna tradurla in atto, e all'occorrenza saperla imporre. Tutti invocano il rispetto della libertà della tribuna parlamentare, che è tradizione dei liberi reggimenti; ma la libertà non deve essere licenza, la discrezionalità non deve sonare arbitrio, il diritto non deve scompagnarsi dal dovere. Il limite, in cui tutti debbono trovare il contatto con gli avversari, e la ragione della pacifica convivenza, sta nella proporzione tra il proprio e l'altrui diritto. Quindi, se è canone indiscutibile che le maggioranze non debbano prepotere col numero, è ugualmente verità elementare che le minoranze non debbano tentare di riparare con la violenza al difetto del numero. (Approvazioni). Altrimenti alla tirannia dei molti si sostituirebbe la tirannia dei pochi, che è anche più deprecabile.
Si convincano tutti, presenti ed assenti, che qui, in questa Assemblea, è la fonte dei poteri pubblici, secondo le norme di tutti i liberi reggimenti di questo mondo. Qui si combatte, qui si prepara l'avvenire. Qualunque altra Assemblea non può sostituire questa, che, secondo legge e tradizione, sino a prova contraria si presume depositaria della volontà del popolo. (Approvazioni).
Ricorderò le parole di Cavour pronunziate nella Camera subalpina addì 8 dicembre 1854: «Non è ammissibile la distinzione tra la Camera e il Paese. Io credo che il Paese non abbia altro rappresentante legale che i membri della Camera, e che nessuno di questi ha il diritto di farsi l'organo più speciale del Paese, e di rappresentarlo meglio degli altri. Siamo qui tutti con lo stesso titolo, con uguale mandato, e respingo con tutta la forza la pretesa di alcuni di essere più fedeli interpreti della opinione del Paese».
Onorevoli colleghi. Il vostro Presidente non è più giovane malgrado le contrarie apparenze, (Ilarità) ma sente in sé una virtù che molti giovani potrebbero invidiargli, e che lo fa apparire talvolta sognatore ed ottimista oltre il segno, quella della fede viva, ardente, costante nella progressiva grandezza della Patria. Questa fede, che lo accompagnò durante le ore tragiche della guerra vittoriosa, che non l'abbandonò quando il piombo nemico martoriò le carni dei suoi figli, (Bravo!) che non disanimò il suo spirito nello oscuro dopo guerra, quando l'Italia parve ridiventata la terra dei morti, questa fede è ingigantita in questi ultimi anni. La rinascita meravigliosa del patriottismo, l'ascesa formidabile dell'economia nazionale, l'attività intensa delle classi produttrici ansiose di riparare con raddoppiati sforzi al danno degli stolti scioperi politici, lo Stato rafforzato nell'autorità e nel prestigio, e riordinato da mano ferrea nelle leggi, nell'Amministrazione, nella soppressione degli abusi, il rispetto e la considerazione dell'Italia all'Estero quali non si ebbero mai da mezzo secolo a questa parte, (Vivi applausi) debbono riempire di legittimo orgoglio il cuore di ogni italiano degno di questo nome. (Approvazioni).
Bando dunque a quelle gare che possono umiliare persone, partiti e la Nazione stessa. Innalziamo gli spiriti nella visione d'una Patria più grande.
Questa visione ci assista, ci guidi, ci incoraggi nell'adempimento del nostro dovere. (Vivissimi prolungati applausi).