Vai al sito parlamento.it Vai al sito camera.it

Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Enrico De Nicola

Nasce a Napoli il 9 novembre 1877
Deceduto il 1 ottobre 1959

Biografia

Nasce a Napoli il 9 novembre 1877. Si laurea in giurisprudenza a diciannove anni, sotto la guida di Enrico Pessina. Avvocato dal 1898, diviene ben presto uno dei più noti penalisti della città e del Paese: insieme a Gennaro Marciano ed a Giovanni Porzio, rappresenta, a cavallo del secolo, l'eccellenza del foro penale partenopeo. Attivo anche nel campo giornalistico, dal 1895 è redattore per la rubrica quotidiana di vita giudiziaria del Don Marzio, di area crispina. Diventa consigliere comunale a Napoli nel 1907 con il sindaco Ferdinando Del Carretto, ed è poi eletto alla Camera dei deputati nel marzo 1909 (XXIII legislatura), nel collegio di Afragola, essendo poi confermato nelle elezioni del 1913 (XXIV legislatura). Vicino al gruppo giolittiano, è nominato Sottosegretario di Stato per le colonie nel IV Governo Giolitti (1913-1914), diviene quindi Sottosegretario di Stato per il tesoro nel Governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando (gennaio- giugno 1919).
Nel dicembre 1919 guida la lista democratico-costituzionale per le elezioni alla Camera dei deputati nel collegio di Napoli. Diviene presidente della Giunta delle elezioni e quindi, dopo le dimissioni di Vittorio Emanuele Orlando, il 26 giugno 1920 è eletto Presidente della Camera dei deputati, su indicazione di Giolitti. Durante la XXV legislatura, il ruolo di De Nicola assume grande importanza per la riforma dei regolamenti parlamentari, che egli promuove in qualità anche di presidente della Giunta del regolamento. La riforma del 1920 adatta la struttura della Camera alla nuova realtà rappresentata dal sistema elettorale proporzionale e dai partiti di massa. In tale occasione, sono riformati profondamente gli organi della Camera, regolando il sistema delle Commissioni permanenti (fissate in numero di nove) e la disciplina dei Gruppi parlamentari.
Rieletto deputato nel maggio del 1921, è di nuovo Presidente della Camera per l'intera legislatura (1921-1924). Nel giugno 1921, De Nicola dovrebbe succedere a Giolitti alla guida del Governo, su proposta dello stesso anziano leader liberale, ma egli preferisce rinunciare, lasciando la strada aperta al Governo Bonomi. Nel luglio del 1921 si impegna nelle trattative del cosiddetto "patto di pacificazione" tra socialisti e fascisti, poi firmato nel suo ufficio di Presidente della Camera il 3 agosto. Come noto, l'accordo si rivela inutile nel porre fine agli scontri. Nel 1922 sono ulteriormente modificati i regolamenti parlamentari, introducendo alcuni limiti al diritto di parola nel processo verbale e per l'illustrazione di ordini del giorno.
Anche con la crisi del Governo Bonomi (febbraio 1922) egli è in predicato per la Presidenza del Consiglio, ma una serie di dissidi impediscono il tentativo di De Nicola, aprendo la strada al Governo guidato da Luigi Facta (febbraio-ottobre 1922). Il 16 novembre 1922 presiede la tumultuosa seduta della Camera durante la quale Mussolini, nel presentare il nuovo Governo, afferma che avrebbe potuto «fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli».
Come molti altri esponenti liberali, pur preferendo il ritorno al collegio elettorale uninominale, appoggia, quale misura eccezionale, la riforma elettorale maggioritaria nota come "legge Acerbo" (novembre 1923) ed accetta, con qualche esitazione, di candidarsi nel listone nazionale a Napoli.
Anche in seguito alle violenze e all'esacerbarsi degli scontri politici, si ritira di fatto dalla competizione elettorale pochi giorni prima delle elezioni dell'aprile 1924. Pur rieletto deputato, egli non presta il giuramento richiesto per essere ammesso alle funzioni di deputato e, di conseguenza, non prende parte alle attività parlamentari. Nei mesi successivi De Nicola decide di appartarsi dalla vita politica attiva, per riprendere a tempo pieno l'attività professionale nel suo studio napoletano.
Nel 1927 fa parte della Commissione ministeriale per l'esame del progetto preliminare del nuovo codice penale. Nel marzo del 1929 è nominato senatore del Regno, ma partecipa ad una sola seduta del Senato per votare in favore dei Patti lateranensi (maggio 1929), salvo poi non prendere più parte ai lavori parlamentari. È comunque componente della Commissione per il giudizio dell'Alta Corte di Giustizia (1929-1934), quindi della Commissione degli affari interni e della giustizia (1939-1940). È presidente del Consiglio dell'ordine (all'epoca Commissione reale) degli avvocati di Napoli dal 1929 al 1934.
Con la caduta del fascismo riprende lentamente ad intervenire nella vita pubblica, in un articolo su Il Mattino del 25 agosto 1943 saluta «il ritorno alle guarentigie costituzionali», nel 1944 propone l'istituto della luogotenenza, affidata al principe Umberto, come soluzione provvisoria della questione istituzionale. È poi nominato membro della Consulta nazionale (settembre 1945), dove diventa presidente della Commissione giustizia. All'indomani del referendum istituzionale in favore della Repubblica (2 giugno 1946), i principali partiti si accordano sul suo nome e, nella seduta del 28 giugno 1946, l'Assemblea costituente elegge De Nicola Capo provvisorio dello Stato, con 396 voti su 501 votanti; entra in carica il 1º luglio.
De Nicola esercita il suo mandato nei primi difficili anni della Repubblica, stabilendo una serie di prassi costituzionali destinate ad essere seguite anche successivamente, quali quelle in materia di consultazioni in caso di crisi di governo. Egli svolge il suo compito con riservatezza e austerità. Durante la crisi di governo del maggio 1947 cerca di evitare la fine dell'unità nazionale antifascista tra democristiani, da un lato, e socialisti e comunisti, dall'altro, tentando di promuovere un nuovo esecutivo unitario guidato da una prestigiosa figura quale Vittorio Emanuele Orlando o Francesco Saverio Nitti. A tale prospettiva si oppone De Gasperi, che forma pertanto il suo quarto Governo il 31 maggio 1947, sostenuto solo dai partiti centristi (DC, PSLI, PRI e PLI). Il 25 giugno 1947 De Nicola si dimette, ufficialmente per motivi di salute, ma è rieletto alla carica il giorno dopo, al primo scrutinio, con 405 voti su 431 votanti.
Critico al pari di altre personalità liberali dell'epoca pre-fascista, tra cui Orlando e Croce, verso il trattato di pace, ritenuto lesivo della dignità nazionale, De Nicola cerca pertanto di minimizzare il suo intervento nella procedura di ratifica. Il 27 dicembre 1947 promulga la nuova Costituzione dell'Italia repubblicana. A norma della prima disposizione transitoria della Costituzione, dal 1° gennaio 1948 De Nicola assume il titolo di Presidente della Repubblica.
Dopo le elezioni del 18 aprile 1948 e l'ascesa alla Presidenza della Repubblica di Luigi Einaudi (12 maggio 1948), De Nicola diventa senatore di diritto e a vita quale ex Presidente della Repubblica. Al Senato entra nel gruppo misto, è membro della Commissione giustizia. Il 28 aprile 1951 è eletto Presidente del Senato, ma si dimette dalla carica nel giugno 1952.
Dal marzo al giugno 1953 è presidente del gruppo misto. Durante la II legislatura repubblicana, egli è ancora presidente del gruppo misto del Senato (giugno 1953-febbraio 1955) e componente della Commissione giustizia.
Il 3 dicembre 1955 è nominato giudice della Corte costituzionale dal Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e nel corso della prima riunione del nuovo organo (23 gennaio 1956), i giudici costituzionali lo eleggono alla Presidenza. Si dimette anche da questa carica nel marzo 1957, in polemica verso il Governo, in occasione di un conflitto con l'Alta Corte della Regione siciliana.
Riprende così il suo posto al Senato. Durante la III legislatura, è ancora iscritto al gruppo misto e membro della Commissione giustizia, nonché presidente della Commissione speciale per l'esame dei disegni di legge costituzionale concernenti la durata e la composizione del Senato della Repubblica.
Muore nella sua casa di Torre del Greco, vicino Napoli, il 1° ottobre 1959. I funerali solenni si svolgono a Napoli il 3 ottobre: sul suo feretro, avvolto nella bandiera italiana e posto sull'affusto di un cannone, viene messo il tocco di avvocato.

XXV Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 27 giugno 1920

Enrico De Nicola viene eletto alla Presidenza della Camera il 26 giugno 1920, con 236 voti su 374 votanti, succedendo al dimissionario Vittorio Emanuele Orlando. Dopo l'omaggio al predecessore, nel suo breve discorso De Nicola si sofferma sulle «tumultuarie manifestazioni» che hanno accompagnato le discussioni parlamentari, che egli giudica inevitabili dopo le elezioni del 1919, che hanno visto per la prima volta contrapposti non candidati, ma partiti «ben delineati e agguerriti». Auspica tuttavia la possibilità della libera espressione di tendenze e di opinioni. Egli quindi sottolinea il proposito comune di adempiere al «difficile mandato, di cui siamo orgogliosi di essere stati investiti in questa ora decisiva della storia d'Italia», rivendicando infine il proprio ruolo di «arbitro inflessibile e imparziale».

XXVI Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 14 giugno 1921

Dopo le elezioni politiche del maggio 1921, De Nicola è rieletto il 13 giugno Presidente della Camera, con 348 voti su 479 votanti. Nel suo discorso del giorno successivo, egli esordisce rivendicando l'imparzialità e lo zelo che lo porteranno nell'esercizio del mandato a «difendere ad un tempo il diritto di ognuno degli eletti e l'inviolabile prestigio dell'Assemblea ». Dopo aver rivolto un saluto ai colleghi delle «provincie (…) ricongiunte all'Italia», De Nicola auspica che, pur divisi sulle singole questioni, tutti i deputati siano uniti «in una sola volontà per assicurare al popolo italiano una esistenza prospera e vigorosa», al fine di risolvere il problema economico-finanziario e la questione sociale e di assicurare all'Italia lo svolgimento di un'opera «benefica di pace e di giustizia».