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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giovanni Gronchi

I Legislatura della Repubblica italiana

Seduta pomeridiana dell'8 maggio 1948

Presidente (stando in piedi, pronuncia il seguente discorso): Onorevoli colleghi! Non credo di indulgere a suggestioni retoriche a cui potrebbero inconsapevolmente condurmi la solennità del momento, l'aspetto stesso di quest'Assemblea e la sensazione che tutto il Paese e forse gran parte del mondo guardano oggi verso di noi con intensissima attesa; non credo, dico, di indulgere a suggestioni retoriche quando affermo, rivolgendo a quanti mi hanno onorato della loro fiducia il mio ringraziamento e a tutti un cordiale saluto, che, se avessi potuto scegliere con libertà fra l'accettare questo altissimo incarico o declinarlo, la mia perplessità sarebbe stata forse insuperabile.
Ma, in certi momenti, l'assumere responsabilità anche gravi è un dovere impegnativo a cui non appare lecito a nessuno sottrarsi.
Questa Assemblea inizia la sua vita in una atmosfera ancora agitata dall'acceso - se pure contenuto - spirito della battaglia elettorale, ed anche le elezioni di questa mattina sono state (pur come altre volte, del resto) segno di divisione piuttosto che d'intesa, il che rende anche più delicato il compito che da questo posto debbo prefiggermi, dimenticando la mia appartenenza ad un gruppo politico e sentendomi, invece, con scrupolosa imparzialità, rappresentante e garante dei diritti di voi tutti, a qualunque settore della Camera voi apparteniate.
Questa mia doverosa imparzialità sarà certamente agevolata (io me lo auguro, anzi ne sono sicuro) anche dalla spontanea consapevolezza in tutti voi che il diritto di ciascuno - sia gruppo o individuo - deve trovare il suo naturale limite nel rispetto del diritto degli altri, ed anche nella coscienza, che sarà altissima e chiara in tutti voi, della dignità della vostra funzione e della grande importanza che riveste in questo momento nel nostro Paese l'istituto parlamentare.
Disse bene uno dei miei predecessori - uno di coloro ai quali mi à grato rivolgere il saluto, poiché, anche nei tempi recentissimi, durante l'Assemblea Costituente, mi hanno dato l'esempio di squisita sensibilità e di grande senso del dovere - disse bene uno dei miei predecessori, quando osservò che l'organizzazione dello Stato democratico culmina nel Parlamento e ne determina, quindi, in largo modo, la maniera di essere.
E se noi ricordiamo che la democrazia, quella cui tutti ci appelliamo quasi da ogni settore di questa Camera, non è soltanto convivenza e libero sviluppo di forze politiche, siano esse di maggioranza o di minoranza; non è soltanto un equilibrio di poteri nella vita e nella struttura dello Stato, ma è soprattutto un costume, io credo che da questa Assemblea verrà a tutto il Paese l'esempio di un rinnovato costume politico, attraverso il quale la discussione non sarà rissa, o scambio di invettive, o volontà di sopraffazione, ma sarà, invece, aperto, chiaro, consapevole sforzo di convergenza - pur nella divergenza delle idee - verso uno scopo superiore, che è quello di servire il nostro Paese. (Vivissimi applausi).
E dicendo «nostro Paese», io penso a quell'impareggiabile popolo italiano, popolo lavoratore, che, anche nei difficili momenti che attraversiamo, ha dato esempio e segno non dubbio di intelligenza politica e di senso di responsabilità, oltre che di spirito di sacrificio e di costruttiva volontà di lavoro. (Vivi applausi).
A servigio di tutti, è superfluo che io dica come io sarò imparziale e - se occorrerà - rigido esecutore del Regolamento, che è tutela e garanzia della libertà e dei diritti di ciascuno.
Il compito che attende questa Assemblea è certo dei più gravi e complessi cui Assemblea legislativa si sia mai trovata dinanzi. Noi abbiamo creato con la Costituzione uno Stato moderno, uno Stato repubblicano e democratico; e lo abbiamo creato nelle grandi linee architettoniche che sono proprie di ogni costituzione: occorre ora, scendendo in concreto, nel vivo della realtà, attuare quelli che sono i principi, gli orientamenti cui ci siamo informati come costituenti; occorre cioè, per difendere e consolidare queste nostre istituzioni repubblicane, procedere a quelle riforme sociali cui la Costituzione si è così largamente ispirata ed inoltre occorre - e per questo forse il senso di responsabilità deve essere ancora più vigile - delineare l'indirizzo e l'orientamento del nostro Paese in questa ancora così agitata fase della vita internazionale.
Ricorrono oggi cento anni da che il primo Parlamento italiano...
Leone Marchesano. Viva il primo Parlamento italiano! Presidente ...il Parlamento subalpino, eletto il 27 aprile 1848, si radunò la prima volta in Torino. L'iniziale limitatezza del tentativo costituzionale pareva fosse in quel momento rappresentata dalla stessa modestia dell'apparato con cui quella prima assemblea parlamentare si radunava. Era una semplice sala di Palazzo Madama, nella quale i primi deputati procedettero alla costituzione dei loro organi e si dettero il loro regolamento.
E da allora si può dire che tutto il movimento di progresso delle istituzioni politiche e sociali del nostro Paese è stato accompagnato e riflesso dalle vicende dell'istituto e delle attività parlamentari: da quella prima Camera, a suffragio ristretto (poiché allora anche quel grande genio divinatore che fu Camillo Cavour affermava che il suffragio ristretto era garanzia della serietà dell'istituto parlamentare), attraverso tutto il travaglio, doloroso e ammirabile della nostra unificazione nazionale, travaglio reso più profondo e delicato da quel dissidio della coscienza religiosa, che soltanto molti anni dopo doveva essere composto, unificando, allora soltanto veramente, tutto il popolo italiano; e poi via via attraverso i primi presentimenti delle riforme sociali ed istituzionali timidamente accennate, che ebbero un'affermazione più concreta dal primo nascere del Partito socialista italiano, nel 1892. Allora le grandi figure che avevano riempito di sé la scena politica italiana - da Mazzini a Cavour a Garibaldi - erano scomparse, ma avevano lasciato nel nostro istituto parlamentare una tradizione di dignità, di serietà e di coscienza della responsabilità, di spirito di progresso.
Su questa linea di pensiero e di azione, il Parlamento italiano è stato sempre presidio di libertà democratiche, dal lontano 1898, quando contro la reazione affermantesi con Pelloux, si videro accomunati nella stessa difesa e nella stessa sofferenza un prete come don Davide Albertario (Vivi applausi) e socialisti come Andrea Costa e Filippo Turati, fino al sorgere e al prevalere del fascismo. Anche nella prima fase di questo regime (Interruzioni all'estrema sinistra), comunque si giudichi il tentativo iniziale di collaborazione, che fu compiuto non per egoistica difesa di partito (Commenti all'estrema sinistra), ma per un supremo tentativo di salvare la libertà di tutti, e soprattutto le libertà delle organizzazioni operaie (Commenti all'estrema sinistra - Vivi applausi al centro, a sinistra e a destra), che nessuna forza rivoluzionaria aveva saputo difendere dagli incendi del giugno e del luglio 1922; comunque si giudichi anche quel tentativo, si può affermare, ripeto, con esattezza storica che il Parlamento italiano è sempre stato il presidio delle libertà civili. Cosicché, dopo la lunga parentesi oscura della tirannide fascista, fu facile ritrovare gli orientamenti e le vie; e le grandi correnti storiche del nostro pensiero e della nostra vita politica, come le acque carsiche, che si inabissano per una parte del loro percorso e tornano poi alla luce prima di gettarsi nel mare, queste grandi correnti storiche ripresero vita e funzione con reviviscenza spontanea attraverso le compatte affermazioni dei partiti di massa.
Queste vicende, onorevoli colleghi, ci ammoniscono che la libertà e la democrazia non sono mai conquiste irrevocabili nella vita di un popolo, ma sono momenti del suo cammino faticoso verso forme superiori di convivenza sociale e politica. Ed oggi noi siamo proprio all'inizio di un nuovo periodo verso queste forme superiori di vita a cui tendiamo.
Le dittature hanno rappresentato e rappresentano tuttora le residue forze di resistenza di un passato che non si rassegna a morire; sono l'espressione di vecchie classi dirigenti - e non sempre né esclusivamente borghesi - le quali sono ancorate a concezioni superate e lontane, a tentativi di fermare e di cristallizzare, con affermazioni di predominio e di forza da parte dell'una o dell'altra frazione sociale, la vita e il movimento della collettività, mentre questi risultano dal contrasto di elementi irriducibili e contrapposti e riposano sulla loro indistruttibile pluralità.
Ho riferito delle parole che non derivano dalla mia corrente di pensiero, ma da quell'«avventuriero del pensiero» (come egli stesso amò definirsi) così originale e profondo che fu il francese Proudhon.
Ora urgono alle porte della vita politica le classi dirigenti nuove, le classi lavoratrici; e il problema è quello che noi avvertiamo, più o meno inconsapevolmente, al fondo del pensiero di ciascuno di noi, qui in quest'Aula e fuori nel vasto tumulto delle competizioni sociali: il problema di inserire pacificamente questa rivoluzione in atto che porta, come altra volta io dissi, alla ribalta della storia e della vita degli stati moderni queste nuove classi dirigenti, nello sviluppo della vita democratica senza offesa o menomazione né della libertà né della democrazia. (Vivissimi applausi).
Da questo problema politico che è il più pressante in questa fase di transizione del nostro e degli altri Paesi, ed il più complesso per questa legislatura, nasce l'esigenza che tutti sentiamo di riforme sociali, riforme profonde di struttura e non di dettaglio, riforme le quali per molti di noi hanno un valore etico forse più che economico perché la miseria, oltre che essere una condizione economicamente degradante per larghi strati della nostra collettività sociale, ha e non può non avere soprattutto l'aspetto di un ostacolo frapposto allo sviluppo intellettuale e morale di questi larghi strati del nostro popolo, cioe, nel linguaggio nostro, di un impedimento allo sviluppo naturale e necessario della dignità della persona umana. (Vivi applausi).
Compito grande, questo, che dovremo affrontare, e io credo di non essere ottimista pensando che su di un tale terreno, se i contrasti che ci dividono non si sopiranno (e certo non potremo annullarli per le diverse concezioni di vita che abbiamo a seconda dei diversi settori) però si nobiliteranno, perché saranno portati in una sfera più alta e più degna, come uno sforzo discordemente concorde di tutte le correnti politiche e di idee, per dare al nostro Paese organizzazioni e istituti che rispondano meglio non solo alla vita democratica, ma anche alla giustizia sociale.
Ci sentiremo con ciò tutti artefici veramente di un nuovo destino del nostro popolo e del nostro Paese.
Ma se guardiamo al di là delle frontiere, quante altre ragioni di preoccupazione! Oggi non ricorre soltanto il centenario di questo istituto parlamentare, ma anche il giorno della vittoria, il «victory's day», il giorno nel quale l'immensa carneficina che insanguinò il mondo parve cessare. Ma quante nubi ancora nel cielo, dopo tanta tempesta, e come lontano quello spirito che ci venne attraverso le brezze marine dell'Oceano colle parole della Carta atlantica! Vien fatto di pensare che l'unico privilegio che noi possiamo avere ricavato dal non essere stati vincitori è quello di non portare oggi la responsabilità di essere impotenti a costruire e a vincere la pace! (Applausi).
Si direbbe che i Governi - e purtroppo di qualsiasi ideologia politica - siano assai lontani dalla coscienza popolare, poiché questa volge verso forme più umane ed istintive di solidarietà che superano i nazionalismi senza rinnegare il sano senso nazionale, mentre troppo spesso Cancellerie e Governi ritornano ai criteri e ai principi delle sfere di influenza e della spartizione del mondo sulla base d'un predominio.
Compito dell'Italia in questo duro e difficile momento è certo quello della tutela legittima dei suoi interessi, ma anche di salvare i valori della sua civiltà, che sono veramente i valori della civiltà dell'Europa e del mondo.
Il problema politico formidabile ed incombente è di scegliere per questo fine i mezzi più adatti.
Noi possiamo dire che nostro fine deve essere quello di allontanare la guerra, mai rivelatasi come in questa ultima spaventosa tragedia un'inutile strage; ed allontanarla tendendo con ogni sforzo ad essere punto di incontro e non linea di demarcazione o di divisione: entità autonoma e libera, e non frazione di blocchi o di intese contrapposte.
I mezzi, le direttive di azione voi li discuterete e li troverete insieme od Seduta pomeridiana dell'8 maggio 1948 169 03 SEZIONE III REPUBBLICA ITA_DISCORSI 1-06-2011 14:41 Pagina 169 in confronto del Governo che ci rappresenta; ma tutti dovremmo sovrapporre a qualsiasi soggezione di ideologie politiche l'esigenza suprema che è quella di salvare per noi per i nostri figli, quel bene inestimabile che è la pace fra i popoli.
Quest'Assemblea avrà servito alle sue finalità più vere ed ai più veri interessi nazionali se avrà salvato colle riforme la pace sociale interna e se, con una saggia politica estera, avrà contribuito alla pace del mondo.
Questo e l'augurio che faccio a tutti noi nell'iniziare questo altissimo compito, e nessuno si senta irritato né reagisca con ironia se io invoco, a chiusura di questo mio breve appello al vostro senso di responsabilità, che Iddio veramente vigili e protegga il nostro comune lavoro! (I deputati del centro e i componenti del Governo si levano in piedi - Vivissimi, prolungati applausi).
in confronto del Governo che ci rappresenta; ma tutti dovremmo sovrapporre a qualsiasi soggezione di ideologie politiche l'esigenza suprema che è quella di salvare per noi per i nostri figli, quel bene inestimabile che è la pace fra i popoli.
Quest'Assemblea avrà servito alle sue finalità più vere ed ai più veri interessi nazionali se avrà salvato colle riforme la pace sociale interna e se, con una saggia politica estera, avrà contribuito alla pace del mondo.
Questo e l'augurio che faccio a tutti noi nell'iniziare questo altissimo compito, e nessuno si senta irritato né reagisca con ironia se io invoco, a chiusura di questo mio breve appello al vostro senso di responsabilità, che Iddio veramente vigili e protegga il nostro comune lavoro! (I deputati del centro e i componenti del Governo si levano in piedi - Vivissimi, prolungati applausi).