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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giovanni Lanza

X Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 9 dicembre 1867

Presidente. Onorevoli colleghi! L'inaspettato onore al quale mi avete chiamato, di presiedere ai vostri lavori parlamentari, mi commosse profondamente, riflettendo da una parte all'arduo còmpito che voleste affidarmi, e dall'altra parte alla tenuità delle mie forze; e questa impressione è stata da prima sì forte in me che rimasi qualche tempo perplesso se dovessi assumere l'onorevolissimo quanto arduo ufficio. Ma il pensiero della grave responsabilità a cui sarei andato incontro, non ottemperando ad un vostro solenne e spontaneo voto; le difficoltà che avrebbe forse suscitate una nuova elezione, e più di ogni cosa il sentimento che nei gravi momenti a nessun cittadino è lecito di sottrarsi ad un incarico che il paese stima affidargli, e qui, o signori, voi rappresentate appunto il paese, vinsero ogni mia esitanza, e dissi tra me e me: sia fatta la volontà vostra. Però a rendere meno disagevole il mio còmpito, io faccio grande assegnamento sulla vostra benevolenza, non che sull'esperienza e sul consiglio degli egregi colleghi che siedono con me al banco della Presidenza, mentre per parte mia confido che non mi verrà meno, nel dirigere le vostre discussioni, né la diligenza, né l'imparzialità, né la fermezza; qualità sulle quali ognuno di voi, da qualunque parte esso segga, può fare sicuro affidamento. Le questioni che si dovranno agitare in questo augusto Recinto saranno più che mai importanti, gravi ed anche delicate; esse richiederanno di essere discusse con altrettanta calma, dignità e temperanza, acciocché riescano di maggiore autorità e sieno feconde di buoni risultamenti. Ci sia sempre presente alla mente che solo colla condordia o colla sagacia abbiamo potuto superare immense difficoltà, e raggiungere infine la sospirata indipendenza della diletta nostra patria; non dimentichiamo che per causa d'intestini dissidi molte nazionalità perirorono, e divennero schiave di stranieri potentati. (Bravo! Bene!) Ci conforti infine il pensiero, ed esso valga a renderci più concilievoli, che se esiste fra noi dissenso di opportunità e di mezzi, tutti però siamo unanimi a volere il compimento della unità nazionale, e Roma tardi o tosto per la necessità delle cose e per la ragione dei tempi dovrà essere la capitale d'Italia. (Bravo! Benissimo!) Ma per conseguire questo supremo fine irto di tante difficoltà è necessario di rivolgere anzitutto le nostre cure al riordinamento interno, al ristauro della finanza, a costituire un Governo rispettato e forte, che sappia e voglia mantenere fermo ed inviolato l'impero della legge sopra tutti. (Bravo! Bene!) Seguendo questa via noi acquisteremo credito e potenza nell'interno ed all'estero; e potremo quindi far trionfare il nostro diritto ove venisse conculcato, e l'opera nostra sarà coronata dal plauso e dalla gratitudine della nazione. (Vivi segni di approvazione)