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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giuseppe Marcora

Nasce a Milano il 14 ottobre 1841
Deceduto a Milano il 4 novembre 1927
Laurea in Giurisprudenza; Avvocato

Biografia

Nasce a Milano il 14 ottobre 1841. Studia dapprima nel convitto familiare retto dal padre, quindi nei licei milanesi di Porta Nuova e successivamente di S. Alessandro, dal quale si allontana nel marzo 1859 per raggiungere i Cacciatori delle Alpi. Arruolato nel 2° reggimento, combatte nella seconda guerra d'indipendenza a Varese, San Fermo e Rezzato.
Dopo il congedo si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Pavia, ma nella primavera del 1860 raduna intorno a sé 187 volontari pavesi con i quali si aggrega alla spedizione garibaldina; nel corso della campagna combatte a Milazzo e al Volturno, approfondisce la conoscenza di Giuseppe Garibaldi, infine si laurea sostenendo un unico esame all'università di Napoli.
Tornato a Pavia riprende comunque gli studi - si laureerà in giurisprudenza nel 1863 con una tesi sulla teoria dello Stato - ma gli interessi politici hanno il sopravvento. Ha frequenti contatti con i fratelli Cairoli e con Agostino Bertani; conosce, in Svizzera, Giuseppe Mazzini, Carlo Cattaneo, Aurelio Saffi; fonda, nel 1862, il Circolo democratico degli studenti.
Collabora al giornale L'Unità italiana, poi, nel 1866, si arruola nuovamente nei garibaldini e combatte in Val di Ledro, guadagnandosi una medaglia d'argento. Nel conflitto apertosi tra Mazzini e Garibaldi, appoggia il secondo, sostenitore della necessità di una adesione alla monarchia sabauda; tuttavia continua a professare sentimenti repubblicani. Congedato con il grado di luogotenente colonnello e con la pensione di guerra, intraprende la professione forense, ma nel contempo si impiega presso lo zio, Giuseppe Civelli, proprietario di una importante casa editrice.
Vicino ancora a Mazzini, inserito negli ambienti politici progressisti, nel 1871 collabora all'organizzazione del Congresso delle società operaie di Roma e ne viene eletto presidente. Dopo la morte di Mazzini però depone progressivamente la pregiudiziale istituzionale. Nel 1874 fonda con Felice Cavallotti, Giuseppe Missori e Carlo Antongini, la Società democratica italiana e due anni dopo è eletto alla Camera dei deputati come rappresentante del collegio di Milano V.
Giurata fedeltà alla monarchia, partecipa alla costituzione dell'estrema sinistra radicale, dominata dalle figure di Cavallotti e di Bertani, occupandosi di convenzioni ferroviarie, di istruzione, di riforme elettorali. Sconfitto nel 1880, rientra alla Camera nel 1881 in seguito all'annullamento dell'elezione del candidato avversario. Negli stessi anni organizza con Agostino Bertani la campagna per il suffragio universale. Riconfermato nel 1882 e nel 1886, non è rieletto nel 1890. Si candida nel collegio di Sondrio, dove è eletto ininterrottamente fino al 1921.
Consigliere comunale di Milano, lotta contro l'affermazione degli internazionalisti all'interno delle organizzazioni operaie, tuttavia difende davanti ai tribunali militari gli esponenti dell'estrema sinistra inquisiti per i moti del 1898.
Si accosta intanto a Giuseppe Zanardelli. Vive la morte di Cavallotti e la crisi di fine secolo con un senso di progressivo distacco dall'estrema. Nel varo del Governo Zanardelli-Giolitti, nel 1901, ravvisa l'inizio di un nuovo corso politico liberale e la possibilità, per i radicali, di un ruolo più attivo.
Rifiutato il dicastero dell'agricoltura e più tardi quello dell'interno, sperimenta le difficoltà del gruppo radicale, stretto tra l'adesione al sistema giolittiano e la fedeltà alle altre componenti dell'Estrema.
Nel 1904 è eletto Presidente della Camera come candidato giolittiano.
Resta in carica fino al marzo del 1906, allorché la nuova maggioranza sonniniana elegge alla Presidenza Giuseppe Biancheri. Rieletto nel 1907, manterrà la carica fino al settembre 1919.
Nella sua veste di Presidente si impegna per una modernizzazione amministrativa della Camera: istituisce il segretariato generale alla Presidenza, promuove la riforma dei regolamenti relativi alle autorizzazioni a procedere e alla Giunta delle elezioni, stabilisce termini fissi per lo svolgimento delle interpellanze e delle proposte di legge di cui è autorizzata la lettura.
A lui toccherà di inaugurare la nuova aula di Montecitorio, celebrando la vittoria nella prima guerra mondiale, il 20 novembre 1918.
Disilluso nei riguardi di Giolitti, se ne distacca completamente tra il 1914 e il 1915. Favorevole all'intervento a fianco dell'Intesa, nella crisi del maggio 1915 sostiene Salandra, poi per tutta la durata del conflitto si tiene in stretto contatto con il Re, partecipando alla formazione dei Governi Boselli e Orlando.
Contrario alla riforma proporzionale, viene rieletto nel 1919, ma l'incipiente cecità lo tiene spesso lontano dai lavori parlamentari. Il 1° maggio 1921 è nominato senatore del Regno. A partire dal 1924 si ritira dalla vita pubblica.
Muore a Milano il 4 novembre 1927.

XXII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 2 dicembre 1904

Il 1° dicembre 1904 l'Assemblea elegge Giuseppe Marcora Presidente della Camera dei deputati con 292 voti su 445 votanti. Nella seduta del giorno successivo Marcora rivolge ai deputati il discorso di insediamento nel quale ringrazia innanzitutto il predecessore, Giuseppe Biancheri, e ricorda Giuseppe Zanardelli, scomparso l'anno precedente. Invita poi l'Assemblea a facilitare il suo compito, impegnandosi a garantire equilibrio ed imparzialità. Obiettivo della nuova Camera è «preparare, con concordia di pensiero e di opere, quelle maggiori riforme che il paese da tempo reclama». Egli ritiene che per conseguire questo risultato, che accrescerà «il credito e il prestigio dello stesso Parlamento», non sono da temere la diversità delle opinioni né la distinzione di partiti che da essa deriva, giacché le differenze costituiscono «la maggiore guarentigia della sincerità delle istituzioni parlamentari».

XXII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 5 febbraio 1907

A seguito delle dimissioni irrevocabili del Presidente della Camera Biancheri per motivi di salute, nella seduta del 2 febbraio l'Assemblea è chiamata nuovamente ad eleggere il proprio Presidente. Risulta eletto, per la seconda volta, Giuseppe Marcora, con 229 voti su 353 votanti. Il 5 febbraio Marcora pronuncia il discorso di insediamento, nel quale ringrazia il predecessore Biancheri, che per oltre un ventennio ha guidato i lavori della Camera e gli augura «lunga e prospera vita», impegnandosi a seguirne l'esempio, ispirato a competenza ed imparzialità. Si sofferma in particolare sul fatto che di fronte agli eletti vi sono i compiti che incombono allo Stato moderno; il legislatore, quindi, deve essere pronto a cogliere i bisogni che si manifestano nel corpo sociale, ascoltando le voci della pubblica opinione e della stampa, «che ne è la illuminata e sollecita interprete ». Urgono - secondo il Presidente - riforme sociali e giudiziarie, opere pubbliche e misure tributarie, indispensabili affinché la prosperità economica, che «si afferma rigogliosa in parecchie regioni», possa essere condivisa da tutta la Nazione.

XXIII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 26 marzo 1909

Nella seduta inaugurale della XXIII legislatura del Regno, il 25 marzo 1909, Giuseppe Marcora è eletto per la terza volta Presidente della Camera dei deputati, con 308 voti su 436 votanti. Nella seduta del giorno successivo apre il proprio discorso di insediamento con il ricordo del recente terremoto di Messina e Reggio Calabria. Invita la nuova Camera a rinnovare il voto del Parlamento precedente, assumendo su di sé l'impegno «di restituire alla vita le due nobilissime città». I compiti che attendono gli eletti sono importanti e delicati e richiedono «la maggiore concordia di pensiero ed azione»: il Paese aspetta il riordinamento dei pubblici servizi, la riforma dei codici, il rafforzamento delle istituzioni educative, affinché cessi per sempre «l'obbrobrioso analfabetismo»; auspica poi la ricerca di un'armonia tra le esigenze del lavoro e quelle del capitale, una più equa distribuzione di oneri e benefici tra le diverse regioni, lo sviluppo della ricchezza. Il tutto «presidiato dal più assoluto rispetto della libertà». Ricorda, infine, che spetta ai deputati un'azione che non ha limiti di tempo e che legherà la nuova Camera alle successive: la religione del dovere.

XXIV Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 29 novembre 1913

L'applicazione della nuova legge elettorale, che estende il diritto di voto a tutti i cittadini maschi, anche analfabeti di età superiore a trent'anni, alle elezioni politiche del 26 ottobre 1913, a cui partecipano per la prima volta anche i cattolici, porta quasi a triplicare il corpo elettorale. Nella prima seduta della XXIV legislatura, il 28 novembre 1913, l'Assemblea elegge, per la quarta volta, Giuseppe Marcora Presidente della Camera dei deputati, con 304 voti su 474 votanti. Nel discorso di insediamento il Presidente afferma che avrebbe preferito che «altri, più alacre di intelletto e meno carico di anni, fosse da voi prescelto a questo posto», ma interpreta la scelta della nuova Camera, eletta «con quasi universale suffragio», come una precisa volontà di dare continuità all'attività del Parlamento, riannodando un filo che parte dal Risorgimento. Passa poi ad elencare i risultati raggiunti dalle precedenti Assemblee, ma allorché ricorda l'impresa libica l'estrema sinistra insorge. Il discorso si sposta, quindi, sui problemi che sono davanti agli eletti, ai quali rammenta che la più ampia rappresentanza popolare della nuova Assemblea invita ancor più a non sommergere «nella cura soverchia dei particolari, e pur sempre legittimi interessi» il bene della collettività.