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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Tommaso Villa

XIX Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 12 giugno 1895

Presidente. (stando in piedi). (Segni di attenzione). Onorevoli colleghi.
Piego riverente la fronte ai vostri voleri: e da questo momento solenne, in cui sto per assumere l'altissimo ufficio al quale vi piacque di elevarmi, nessun altro sentimento può prevalere nell'animo mio che non sia quello della gratitudine incancellabile del cuore e della religiosa osservanza dei nuovi doveri che voi mi avete imposto ed ai quali devo completamente consacrarmi.
Eletto dalla maggioranza vostra, non posso, non devo ricordarmi che di essere il presidente di un'augusta Assemblea, nella quale palpita la vita della nazione e, superiore ad ogni ragione di partito, so che devo essere il vigile custode delle sue libertà e de' suoi diritti, l'integro osservatore delle discipline che essa si è imposta, il moderatore leale ed imparziale de' suoi lavori.
(Benissimo!) Qui, in questo augusto recinto, convenuti dalle diverse parti del Regno, stanno i più eletti per altezza d'ingegno, per virtù di patriottismo, per illuminata coscienza dei grandi interessi della patria, ed è dalle opposte tendenze, dai contrasti spesso vivaci di profonde convinzioni, dalle discussioni appassionate soltanto che può prorompere la luce e formarsi quella coscienza di bene e di verità che deve essere di guida alle nostre deliberazioni.
A questa nobile contesa che, qualunque sia la parte alla quale vi troviate ascritti, tutti vi inizia agli stessi intenti, tutti vi anima dello stesso spirito, tutti vi raccoglie nelle sante affezioni della patria libera ed una per virtù di popolo e di Re: a questa nobile contesa è necessaria, indispensabile condizione di un'esistenza sana, prospera, feconda, la libertà, la libertà piena, intera della battaglia e così della parola; tale che essa diventi l'espressione fedele della coscienza onesta ed esplichi tutta la energia dell'intelletto e della volontà, non infrenata che dal sentimento della dignità individuale e da quei precetti di convenienza civile che devono farci schivi di ogni provocazione od offesa personale (Approvazioni - Applausi). L'istituto parlamentare ha potuto sorvivere alle immense rovine di ordinamenti secolari e, come l'antico Anteo, risorgere dalle sue cadute anche più rigoglioso di vita; perché esso solo può apprestare alle forze vive delle Nazioni una palestra libera nella quale alle lotte ed alle conquiste delle forze materiali è sostituito il dibattito della parola e il trionfo morale della verità e della ragione.
Lungi da noi quindi il pensiero che si abbia a portare alcun ostacolo a questa feconda libertà della parola per la quale abbiamo tanto combattuto e che sapremo sempre difendere. (Approvazioni).
Ma se freno salutare a qualche possibile intemperanza sarà quello della forza morale che emana dalla maestà di questo Consesso, e dal sentimento della rispettabilità che ciascuno dei suoi membri serba altissimo ed incontaminato, è necessità invece che si avvisi a qualche provvedimento regolamentare (Rumori all'estrema sinistra - Applausi in tutte le altre parti della Camera) che valga ad abbreviare la procedura e a rendere più facile e proficuo quel lavoro che oggi troppo spesso s'arresta incagliato fra i congegni di un vecchio formalismo ormai inutile o vizioso. (Nuovi applausi).
Né io penso che verrebbe danno, se l'oratoria parlamentare potesse anche da noi adottare quelle forme più semplici e spedite che sono spesso le più eleganti ed assumere un andamento più modesto ma certamente più utile.
Così facendo si seguirebbero ancora gli antichi precetti dell'arte e le nobili tradizioni della tribuna parlamentare italiana, la quale vedrebbe i suoi più eloquenti e valorosi oratori nelle varie evoluzioni della vita parlamentare adattarsi a nuove e diverse forme corrispondenti ai nuovi tempi e ai nuovi bisogni.
Purificati da ogni fastidioso ricordo, non guidati da altro pensiero che di apprestare sollecito riparo ai mali dei quali il paese giustamente si lagna, accingiamoci adunque con opera vigorosa al lavoro, al quale l'augusta parola del nostro amato Sovrano, auspicante alla XIX Legislatura, provvidamente ci ha invitati.
Essa ci chiama a studiare e risolvere non solo i più gravi problemi della vita politica italiana, quelli più specialmente che si riferiscono al pareggio effettivo del bilancio, al completo risanamento della pubblica finanza, al conseguente sviluppo del credito e del lavoro, o che hanno tratto all'ordinamento della giustizia ed alla affermazione efficace delle più alte responsabilità politiche, ma anche a quelli gravissimi che si riferiscono alla pace sociale; nel santo pensiero che nella grande famiglia italiana più non siavi argomento né di violenze né di odii.
Noi abbiamo fatto plauso alle parole del Re quando, con sentimento di vivo orgoglio Egli ci ricordava la cordialità dei rapporti che ci uniscono all'Europa desiderosa di pace; il nostro cuore esultò al saluto che l'Augusto Monarca mandava ai valorosi che tengono alto nelle terre africane il prestigio del nome italiano; con vivo entusiasmo acclamammo all'annuncio che l'Augusto Sovrano fece dell'avvento del XXV anniversario, dacché questa antica sede della virtù latina si è ricongiunta alla Nazione: ma nessuna parola poteva scendere più benedetta all'anima nostra quanto quella che, all'annuncio di un faustissimo avvenimento nella Famiglia Reale, collegava il ricorso delle angustie e dei dolori di tante povere famiglie e dava il conforto di una santa promessa.
Quella parola di amore, quella promessa di pace è l'auspicio più forte e sincero che l'opera nostra sarà feconda di bene e che la Patria ne andrà lieta e felice.
Ed ora lasciate che anche una volta io vi ringrazi della benevolenza vostra e mi conforti il pensiero che essa non mi farà difetto nelle ardue prove alle quali dovranno le mie deboli forze misurarsi. Unico mio desiderio, unica mia aspirazione, unico intento che porrò alla mia esistenza è quello di potervi provare la mia schietta devozione e come sovra ogni altra cosa io mi proponga il fedele e rigoroso adempimento dei doveri che mi sono imposti dal mandato che voi mi avete affidato. (Applausi).
Invito gli onorevoli colleghi che fanno parte dell'ufficio di Presidenza ad occupare i loro posti.
(I vice-presidenti, segretari e questori salgono al banco presidenziale).