Dopo la vittoria della coalizione di centro-sinistra guidata da Romano Prodi alle elezioni politiche del 21 aprile 1996, l'Assemblea di Montecitorio elegge alla Presidenza della Camera l'esponente del Partito democratico della sinistra Luciano Violante. L'elezione avviene nella giornata del 10 maggio, al quarto scrutinio, con 316 voti su 609 votanti. Lo stesso giorno Violante pronuncia il discorso di insediamento, nel quale, subito dopo i saluti al Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, al Pontefice Giovanni Paolo II e al Presidente dell'altro ramo del Parlamento Nicola Mancino, afferma la necessità di investire innanzitutto sulla scuola e sulla formazione dei giovani, come precondizione essenziale allo sviluppo e alla competitività dell'Italia. Passa poi ad esaminare le emergenze del Paese a partire dalla «questione settentrionale», evidenziando tuttavia che pur nelle loro peculiarità esse sono tutte facilmente riconducibili all'incapacità dello Stato di erogare servizi adeguati ai cittadini e alle imprese. Per correggere la rotta Violante propone innanzitutto di ridurre drasticamente il numero delle leggi, la cui inflazione compromette il principio della certezza del diritto. Al Parlamento spetta il compito di migliorare la qualità delle leggi e di intensificare la propria azione di controllo e di indirizzo. Si esprime, infine, a favore di un federalismo solidale, che salvaguardi l'unità del Paese, faticosamente e dolorosamente conquistata attraverso le due grandi vicende della storia nazionale: il Risorgimento e la Resistenza, che auspica diventino le basi di una memoria collettiva condivisa. Le ipotesi di secessione avanzate da alcune parti politiche, pur denunciando un malessere reale da non sottovalutare, rappresentano, secondo Violante, «la risposta sbagliata ad un problema giusto».