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Portale storico della Camera dei deputati

Le modifiche regolamentari del 1920 e del 1922

articoli aggiuntivi e disposizioni transitorie

In questa sezione si riportano le modifiche regolamentari approvate dalla Camera nel 1920 e nel 1922, che non furono coordinate nel testo del Regolamento del 1900 ma rimasero come disposizioni aggiuntive autonome.
Le elezioni politiche del 1919, avvenute subito dopo l'introduzione del nuovo sistema elettorale a scrutinio di lista con la rappresentanza proporzionale e che diedero vita alla XXV legislatura del Regno, rappresentarono non solo un punto di svolta per l'evoluzione del diritto parlamentare, ma soprattutto una risposta del sistema politico-istituzionale all'ingresso delle masse nella vita pubblica e allo sviluppo di una nuova forma di partiti politici, i partiti di massa.
Questa riforma del sistema elettorale evidenziava l'inidoneità del sistema di esame delle leggi attraverso gli Uffici, la cui costituzione, affidata alla sorte, non dava alle minoranze, pur costituite in partiti, la possibilità di un'equa e razionale rappresentanza; da qui la necessità di intervenire sul Regolamento al fine di delineare una procedura, che attraverso l'istituzione di apposite Commissioni permanenti competenti per materia, garantisse la corretta rappresentanza delle forze politiche.
La Giunta per il Regolamento presentò il 21 luglio 1920 alcune proposte di modifica regolamentare e, nelle sedute del 24 e 26 luglio e del 6 agosto 1920, furono discussi ed approvati dieci nuovi articoli relativi ai Gruppi parlamentari e alle Commissioni permanenti, i quali, tuttavia, come detto sopra, non furono coordinati con il Regolamento vigente, ma rimasero quali disposizioni aggiuntive al testo regolamentare.
Veniva così a delinearsi un nuovo sistema regolamentare, che definirà (salva la parentesi fascista) la struttura organizzativa della Camera dei deputati destinata a conservarsi anche in età repubblicana ed imperniata sui Gruppi e sull'organizzazione per Commissioni. La Camera risultava divisa in Gruppi politici composti da almeno venti deputati (art. 1), ciascuno dei quali, anziché essere sorteggiato in un Ufficio, era tenuto, sulla base della propria affiliazione politica, ad iscriversi ad un gruppo; in caso contrario risultava iscritto obbligatoriamente nel gruppo misto. Ogni Gruppo costituiva un Ufficio che si adunava insieme a tutti gli altri, su convocazione del Presidente della Camera, entro otto giorni dall'inizio della Legislatura; i singoli Gruppi nominavano poi, a scrutinio segreto, i propri delegati nelle singole Commissioni permanenti, articolate per materia in modo da coprire tendenzialmente ogni possibile argomento (art. 3).
Le Commissioni permanenti istituite erano nove, rimanevano in carica per la durata dell'anno finanziario (art. 4) ed avevano competenze sui seguenti oggetti (art. 5): 1°) Affari interni, ordinamento politico ed amministrativo; igiene e legislazione sanitaria; 2°) Rapporti politici con l'estero - Colonie; 3°) Finanze e tesoro; 4°) Esercito e marina militare; 5°) Lavori pubblici e comunicazioni (ferrovie, marima mercantile, poste, telegrafi e telefoni); 6°) Economia nazionale; 7°)Legislazione di diritto privato, affari di giustizia e culti, autorizzazioni a procedere; 8°) Istruzione pubblica e Belle arti; 9°) Legislazione sul lavoro, emigrazione, previdenza sociale.
Tra queste Commissioni era suddiviso, secondo le rispettive competenze, tutto il lavoro preparatorio delle discussioni della Camera; fu sancito, inoltre, il principio dell'autoconvocazione sia delle Commissioni, su richiesta di un quinto dei componenti, sia della Camera, a seguito di una deliberazione di cinque Commissioni o su richiesta della metà più uno dei deputati in carica, per discutere di determinati argomenti (artt. 9 e 10).
Tale riforma fu oggetto poi di ulteriori aggiustamenti approvati dalla Camera eletta nel maggio del 1921: il 15 giugno 1922, infatti, furono avanzate dalla Giunta per il Regolamento, presieduta dal Presidente Enrico De Nicola, delle proposte di modifica, poi discusse ed approvate dalla Camera nelle sedute antimeridiane del 22 e 23 giugno dello stesso anno, tra le quali si segnalano quelle dirette ad elevare da nove a dodici il numero delle Commissioni; ad ammettere ogni deputato a far parte di una Commissione, elevando a circa 44 il numero dei componenti di ognuna di esse, all'infuori della Commissione per gli affari esteri la cui composizione rimase quella fissata con il precedente metodo, con la previsione di un quarto dei componenti quale numero legale per la validità delle sedute; a sanzionare l'obbligo di intervento ai lavori della Commissione con la comunicazione del Presidente della Camera e l'annunzio in seduta pubblica dei nomi degli assenti; ad abolire l'autorizzazione delle Commissioni per la lettura di proposte di legge d'iniziativa parlamentare; a rafforzare la funzione della Commissione finanze e tesoro. Per quanto riguarda le funzioni di quest'ultima si stabilì, infatti, di inviare ad essa, oltre che alla Commissione competente, tutti i disegni di legge implicanti entrate o spese e i relativi emendamenti, nonché quelli che, originariamente non onerosi, lo diventavano a seguito delle modificazioni apportate dalla Commissione, nonché gli emendamenti implicanti spese o diminuzione di entrate.
 
 
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