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Documenti ed Atti

XIV Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/02762 presentata da ROLLANDIN AUGUSTO ARDUINO CLAUDIO (PER LE AUTONOMIE) in data 25/07/2002

Interrogazione a risposta scritta4-02762 Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-02762 presentata da AUGUSTO ARDUINO CLAUDIO ROLLANDIN giovedì 25 luglio 2002 nella seduta n. 222 ROLLANDIN. Ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, delle attività produttive e delle comunicazioni . Premesso che: Innocenzo Manzetti di Aosta (1826-1877) ideò un apparecchio telefonico già nel 1849, lo perfezionò negli anni successivi e lo presentò alla stampa internazionale nell'estate del 1865; fu allora che la stampa di tutto il mondo potè descrivere la possibilità di trasmettere la voce a distanza per mezzo dell'elettricità. Ne parlarono numerosi giornali italiani, americani, francesi; mesi dopo, l'allora sconosciuto Meucci, dopo aver appreso tale notizia, scrisse ad un giornale newyorkese: «...Io non posso negare al signor Manzetti la sua invenzione (...)»; con l'apparecchio di Manzetti, infatti, si parlava già liberamente in una cornetta, ma i brevetti costavano troppo e fu così che il «telegrafo vocale» non venne brevettato; lo scozzese emigrato in America Alexander Graham Bell brevettò nel 1876 un telefono molto simile a quello di Manzetti, il quale, di fronte alla notizia di tale brevetto, affermò che negli anni '60 un certo professor Bell gli aveva reso visita al laboratorio e, lasciandogli il suo biglietto da visita, si era dimostrato particolarmente interessato al suo telefono; è notorio che il padre di Alexander Graham Bell, in quegli anni, per motivi professionali, girò il continente europeo; un articolo del giornale «Feuille d'Aoste» del 22 agosto 1865 annuncia la presenza in Aosta di alcuni meccanici inglesi intenzionati a carpire il segreto di Manzetti per poterlo applicare ai telegrafi privati, l'uso dei quali era molto diffuso in Inghilterra. A Londra esistevano alberghi dove il servizio era diretto per mezzo del telegrafo; recentemente, nuovi documenti hanno svelato che nel 1880 una potente società telefonica americana defraudò gli eredi Manzetti di tutti i loro diritti, che vennero poi sfruttati in America per contrastare Bell, con un atto notarile del 7 febbraio 1880 stipulato appunto tra gli eredi di Manzetti e due americani i quali, sotto false promesse di pagamento di ingenti somme, defraudarono, di fatto, la famiglia dell'inventore, portando con sé negli Stati Uniti disegni, prototipi, articoli e trattati scientifici dell'inventore valdostano; uno dei due stranieri, tale Horace H. Eldred (direttore dei telegrafi a New York), era intenzionato ad ostacolare Bell grazie anche all'appoggio di una ricca compagnia americana (la Columbia Telephone Manufactoring Company); egli non riuscì nel suo intento, ma fu in grado di brevettare una miglioria del telefono (1883) e, grazie al furto e lo spionaggio industriale ai danni del Manzetti, riuscì a commercializzare negli USA il «telefono Eldred», considerato il migliore in assoluto; nel 1885 un procuratore dell'Ufficio brevetti di Washington, August Mathias Tanner, scrisse ad Aosta chiedendo agli amici di Manzetti alcuni articoli dei giornali del 1865. Il materiale gli sarebbe dovuto servire per far riconoscere negli Stati Uniti Manzetti come «the true inventor of the speaking telephone»; nulla si seppe del risultato di questo tentativo; probabilmente la Corte Suprema degli Stati Uniti non intese pronunciarsi contro il colosso Bell, diventato un enorme potentato economico-finanziario; il telefono Manzetti venne concretamente realizzato e utilizzato anche nel nostro paese, fin dal 1884. Lo «Stabilimento Meccanico di Applicazioni Elettriche» di Torino commercializzò un telefono costruito sulla scorta dei progetti di Manzetti; questo modello, che ricevette numerosi premi alle esposizioni internazionali, era utilizzato a Ferrara (160 abbonati), Pavia, Alessandria, Torino lo stesso Municipio della città lo utilizzò nei servizi dei pompieri e della polizia in 80 stazioni ed inoltre a Collegno e Fossano; Manzetti ottenne il riconoscimento, tra gli altri, di Emile Quétand (avvocato della Corte Imperiale parigina), di Ministri italiani come Matteucci e Genala o di padre Denza, primo direttore della Specola Vaticana. «La civiltà cattolica» del 1889 a pag. 214 scriveva: «Al presente il nome del Manzetti è dimenticato e quello del Meucci viene esaltato dalla stampa liberale, perché egli è stato compagno, amico, ospite di Garibaldi. Noi ci rallegriamo della sentenza che toglie al Bell un vanto immeritato e ripetiamo con onore il nome d'Innocenzo Manzetti», si chiede di sapere: quali iniziative i Ministri in indirizzo intendano porre in essere affinché venga riconosciuto a Innocenzo Manzetti il ruolo prioritario che ebbe nella scoperta del telefono; se non intendano organizzare convegni ed iniziative culturali divulgative di una parte della storia d'Italia rimasta per tanti anni sconosciuta alla maggioranza dei cittadini italiani rivalutando l'operato del Manzetti anche per gli eredi dello stesso ancora in vita. (4-02762)

Risposta scritta Atto Senato Risposta scritta pubblicata nel fascicolo n. 107 all'Interrogazione 4-02762 presentata da ROLLANDIN Risposta. Al riguardo, nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri formalizzato in data 5 marzo 2004, si fa presente che dalle ricerche effettuate in merito a quanto rappresentato è emerso quanto segue. La questione proposta non è nuova e già la Commissione Reale, istituita nel 1910, così si era espressa a proposito di Manzetti: «.... Innocenzo Manzetti di Aosta aveva immaginato qualcosa di simile (a un telefono) senonchè non rimase traccia del principio su cui si fondasse ...», mentre, a proposito di Antonio Meucci, la medesima Commissione concludeva «si può affermare che il vero inventore del telefono fu, fin dal 1849, il fiorentino Antonio Meucci, allora dimorante in Avana». D'altra parte è vero che il Manzetti ideò un «telegrafo parlante», che venne provato con successo ad Aosta, ma non brevettò la sua invenzione, della quale peraltro non sono state rinvenute testimonianze scritte. Dalla documentazione esaminata e, in particolare dal testo di Basilio Catania dal titolo «Antonio Meucci, l'inventore ed il suo tempo» si evince che dopo il 1866 non si è parlato più, nella stampa, del telegrafo parlante di Manzetti, nè di una sua applicazione pratica, il che lascia supporre che il progetto sia stato abbandonato. Del resto non esiste una descrizione tecnica originale del telefono di Innocenzo Manzetti ma soltanto una breve descrizione fatta da un amico, il dottor. Pierre Dupont dalle quali si può dedurre che, dal punto di vista tecnico, il mezzo trasmissivo attuato dal Manzetti era molto simile a quello sviluppato molti anni prima dal tedesco Philip Reis. Si trattava, in sostanza, di un trasmettitore a interruzione di corrente e di un ricevitore a magnetostrizione, quest'ultimo realizzato con un ferro da calza sul quale era stata avvolta una bobina di filo elettrico. In proposito è bene evidenziare che tale telefono poteva trasmettere per stessa ammissione degli inventori suoni semplici ma non le parole, ed, in sostanza, riprendeva l'idea di base del telegrafo Morse. La prima realizzazione del telefono di Manzetti risale al 1864 ed il fratello Anania riferì che l'ispirazione venne ad Innocenzo dal ricordo dei loro giochi con il chapeau à gibus (cappello a cilindro, a molla, che si può appiattire per metterlo sotto il braccio) che, da bambini, adoperavano come altoparlante per spaventare i coetanei parlando da un'altra stanza dentro a un altro cappello, collegato al primo con il solito sistema del filo teso: la frase di cui è cenno nell'interrogazione in esame, «ideò un apparecchio telefonico già nel 1849», non trova altro riscontro che nel «gioco» suddetto. Nel 1883 uno dei più famosi esperti tecnici dell'epoca, il conte Théodose Du Moncel che aveva analizzato a fondo la scoperta di Manzetti concludeva dicendo che il sistema utilizzato era simile a quello di Reis. Quanto alla frase attribuita ad Antonio Meucci e riportata nell'atto ispettivo cui si risponde si significa che tale affermazione, riportata in una lettera di Meucci stesso al Commercio di Genova del 13 ottobre 1865, in cui l'inventore rivendicava la priorità del proprio esperimento effettuato nel 1849 all'Avana, è, per esteso, la seguente: «Io non pretendo negare al signor Manzetti la sua invenzione, ma soltanto voglio fare osservare che possano trovarsi due pensieri che abbiano la stessa scoperta e che unendo le due idee si potrebbe più facilmente arrivare alla certezza di una cosa così importante. Se per caso vi trovaste col detto signor Manzetti o con un qualunque suo amico vi prego di comunicargli quanto vi ho detto e ve ne anticipo i miei ringraziamenti». Si ritiene, inoltre, utile precisare che il telefono di Meucci, come anche quello del Bellera, era di tipo elettromagnetico, cioè basato su un principio completamente diverso da quello utilizzato da Manzetti, Reis e Bourseul e, pertanto, in grado di riprodurre il parlato. In merito alla vicenda riguardante Horace H. Eldred si fa presente che lo stesso non inventò alcun telefono, ma fondò a New York, nel 1880, una società la United States Telephone Manufacturing Company che sfruttava le invenzioni dell'americano James Mc Donough, e non utilizzò le informazioni raccolte ad Aosta in merito al telefono di Manzetti, perchè basato sul principio, ormai superato, del telefono di Reis. Si ritiene, pertanto, che Innocenzo Manzetti debba essere ricordato come un cittadino esemplare e di molteplici virtù, come un inventore fecondo e creativo che ha fornito un apporto, che merita di essere riconosciuto, nel percorso che ha portato alla invenzione del telefono. Il Ministro delle comunicazioni Gasparri



 
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