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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giovanni Gronchi

II Legislatura della Repubblica italiana

Seduta pomeridiana del 25 giugno 1953

Presidente. (stando in piedi, pronuncia il seguente discorso): È consuetudine, si può dire universale, che un Presidente, all'atto di assumere la sua carica, pronunzi almeno brevi parole di circostanza.
Ma se io parlo, non è per obbedire a questa consuetudine formale, bensì per un atto di deferenza all'Assemblea dalla quale viene a me l'altissimo mandato, e per una intima necessità di dirvi quali siano il mio stato di animo ed i miei pensieri nell'accettare da voi questo posto.
Io saluto la seconda Camera della Repubblica italiana con la più viva fiducia di ottenere consenso e collaborazione al difficile e complesso lavoro che il legislativo dovrà svolgere fino dai primi inizi della sua attività.
La lotta elettorale ha esasperato, come sempre accade, i termini di distinzione e di contrasto che separano e contrappongono le varie parti politiche; il lavoro parlamentare e le responsabilità che questo porta con sé non potranno evidentemente astrarre da essi, ma dovranno portarli su di un piano più alto e vorrei dire più meditato e consapevole. Se l'atmosfera della battaglia politica, quale viene creata e mantenuta nel paese dalla polemica giornalistica o da quella dei comizi, fosse anche l'atmosfera di quest'aula, l'attività e le ragioni stesse di vita dell'istituto parlamentare ne sarebbero compromesse con grave pericolo della libertà e della democrazia, cioè delle condizioni determinanti di quel progresso morale, politico e sociale in cui tutti, pur con diverse concezioni, mostriamo di credere.
Le esigenze di vita o di proselitismo di un partito portano al dogmatismo delle idee ed alla rigidità delle posizioni. La natura stessa e le finalità del Parlamento presuppongono lo sforzo più pacato di ricercare la verità confrontando le idee e le azioni, di curvarsi pazientemente ed oggettivamente sulla concreta realtà dei fatti, di avvicinare fra loro stati d'animo, ragionate convinzioni, istintivi atteggiamenti in un clima di tolleranza, di comprensione e di rispetto reciproci, affinché i più gravi problemi della vita nazionale muovano progressivamente e col passo più spedito possibile verso la loro soluzione. Le posizioni preconcette, le decisioni precostituite negano il Parlamento o degradano a finzione formale le sue prerogative di istituto democratico e sovrano.
Io sono certo che tutti voi, di ogni parte o settore, portate chiara nella vostra coscienza questa verità e ad essa adeguerete le vostre azioni ed il vostro senso di responsabilità. Sebbene il risucchio delle passioni, così violentemente e recentemente sommosse dalla tempesta elettorale, abbia ridotto la larghezza dei suffragi dai quali sarebbe pur augurabile che un compito come il mio fosse confortato e sospinto, voi avrete in me il collaboratore più scrupoloso ed attento per sostenere e dirigere il vostro lavoro, che è la più alta espressione dell'attività di una classe politica dirigente e della sua capacità ad interpretare con valutazione tempestiva ed adeguata le esigenze del progresso e della pacificazione interna del proprio paese ed insieme quelle di una nuova convivenza internazionale che a sua base eriga la giustizia e la pace fra tutti i popoli.
Io mi sono indotto, dopo lunghe ed intime resistenze, ad accettare questo difficile compito - almeno temporaneamente, come ho con lealtà dichiarato a quanti, per una decisione positiva, mi hanno fatto affettuose e pressanti insistenze - soltanto perché mi è sembrato che non mi fosse lecito negare l'apporto di un'esperienza quinquennale e di certe attitudini da molti benevolmente a me riconosciute, quando la situazione politica e sociale della nazione presenta aspetti di così incerta stabilità e di preoccupante asprezza anche nei suoi riflessi parlamentari.
Mi perdoni ciascuno di voi se un tale affidamento che io mostro di fare sulle mie forze e sulle mie possibilità può apparire presunzione.
Non è presumere di sé il mettere a disposizione, con personale sacrificio, per un compito troppo spesso ingrato, la propria disinteressata volontà di servire appassionatamente l'Italia nostra e gli ideali di libertà e di democrazia, nei quali è il segno tradizionale del suo immortale destino.
Iddio voglia che noi tutti insieme, ciascuno dal suo posto di responsabilità, riusciamo ad assolvere il nostro dovere. (Vivissimi, prolungati applausi a sinistra, al centro e a destra).