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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giuseppe Marcora

XXII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 2 dicembre 1904

Presidente. (Segni di vivissima attenzione). Onorevoli colleghi. È colla più viva trepidazione che mi presento a voi, e la prima parola che vi rivolgo, ed erompe dal cuore commosso, è quella delle mie grazie sincere per l'attestazione di affetto e di fiducia, a niun'altra comparabile, della quale mi avete stimato degno.
Addestrato all'esercizio delle funzioni inerenti a questo altissimo ufficio dal venerando uomo che con tanta autorità e con inarrivabile competenza lo ha fino a ieri tenuto (Applausi unanimi e prolungati), al quale - interprete dei vostri sentimenti - mando il più affettuoso saluto, e prima ancora dal suo predecessore, l'onorevole Villa, al quale mi legano, da giorni per me meno lieti, i vincoli di una gratitudine profonda, io ne conosco tutta la gravità, come non ignoro la grande responsabilità che ne deriva.
E, ben consapevole della mancanza in me di qualsiasi merito, all'infuori di quello, a quanti qui siedono comune, della più illimitata devozione alla patria e alle sue libere istituzioni (Applausi) e ricorrendo col pensiero agli uomini insigni per virtù, per intelletto, per servigi resi al paese, dei quali ogni parte di questa Assemblea ha dovizia, dubitai dapprima della mia sufficienza a sostenere la carica offertami, e che avrei peccato d'audacia accettandola.
Ma poi, riflettendo alle speciali condizioni del momento, le quali impongono a tutti la maggiore schiettezza e il più largo spirito di sacrificio, e parendomi che anche la scelta di un nome, fosse pure il più umile, possa essere espressione non equivoca di un indirizzo politico (Applausi a sinistra) cui l'uomo che lo porta fu e sarà sempre fedele, ho vinto ogni esitanza, inspirandomi a quella religione del dovere che, istillatami dall'educazione paterna, ebbe indistruttibile cemento dagli esempi venutimi nella giovinezza da parecchi di coloro che più cooperarono a gittare le fondamenta incrollabili dell'edificio nazionale, e poscia dagli uomini eminenti di ogni partito che, durante i ventott'anni dacché siedo in Parlamento, ne furono lustro e decoro, e di recente da Giuseppe Zanardelli alla cui memoria lacrimata, anche in questo momento, m'inchino memore e grato. (Applausi a sinistra).
Assumo quindi con animo sicuro il mandato conferitomi dai vostri suffragi, deciso a dedicare al suo adempimento tutte le forze fisiche e intellettuali che possiedo, ed a volgere ogni studio e cura per potervelo, a suo tempo, restituire incontaminato.
A tale intento, senza venir meno ai convincimenti che mi guidarono nella lunga mia carriera parlamentare, faccio mia la divisa particolarmente assunta nel salire a questo seggio da due degli illustri miei predecessori. «Non ricorderò, cioè, tanto la parte da cui vengo, quanto il posto dove sono»! (Bravo! Bene!).
Mio supremo dovere sarà l'osservanza della più perfetta neutralità e imparzialità nel dirigere i vostri dibattiti, e del più scrupoloso rispetto, a tal fine, delle norme regolatrici che voi stessi vi siete date, nelle quali sovrattutto riposa la sicurezza indispensabile di un ordinato funzionamento dei lavori e la tutela insieme della libertà della tribuna parlamentare e dei diritti della maggioranza e delle minoranze. (Bravo!) Ma a rendere più agevole e proficua l'opera mia, invoco e concorreranno, non ne dubito, lo spirito di reciproca cortese tolleranza che fu sempre nei costumi nostri, e la benevolenza vostra derivantemi dall'amicizia antica e cordiale che mi lega a non pochi di voi senza distinzione di partito e dalla certezza in tutti che sotto la mia scorza forse apparentemente rude si nasconde un animo aperto ai sentimenti più affettuosi. (Bravo!) Onorevoli colleghi! Grave è il compito che ci incombe, non soltanto per il programma di lavoro immediato proposto per il suo primo periodo alla presente legislatura, ma eziandio e più per preparare, con concordia di pensiero e di opere, quelle maggiori riforme che il paese da tempo reclama e alla sollecita attuazione delle quali si collegano il credito e il prestigio dello stesso Parlamento. A meglio sodisfare a un tale compito gioveranno quella sobrietà di parola che nulla toglie alla venustà e all'evidenza, come i migliori nostri Maestri insegnarono, e un po' d'avarizia nell'uso del tempo, unico mezzo questo per impedire la lentezza e il ritardo dei lavori, e far sì che le leggi non arrivino quando già più non bastino ai bisogni ai quali dovrebbero provvedere. (Bravo!).
Né alcun ostacolo possiamo temere dalla diversità di opinioni lealmente professate sui più importanti problemi, e dalla razionale distinzione di partiti che ne deriva e che costituisce la maggiore guarentigia della sincerità delle istituzioni parlamentari. Esse, come non hanno mai impedito, non impediranno un'intesa di tutte le menti e di tutti i cuori ogni volta il pubblico bene la richieda, e massime quando fossero in giuoco i supremi interessi della Patria. La Patria, l'Italia, ecco il nostro indissolubile vincolo comune! La Patria, l'Italia, visione dei nostri sommi poeti: speranza dei nostri martiri: segnacolo di vittoria ai combattenti: stimolo al nostro popolo onesto e generoso a sopportare i più duri sacrifici: conforto a quanti figli suoi fuori dei confini e in ogni parte del mondo la celebrano e la onorano: faro luminoso che fa scorgere alle giovani generazioni il giorno in cui avranno saldo impero quella pace, quel lavoro, quella giustizia, sul non mai interrotto cammino del civile progresso, che ieri l'altro con tanto accento di convinzione invocava l'alta parola del Giovine Monarca, (Vivi, generali e prolungati applausi. - I deputati si alzano in piedi gridando. Viva il Re!) al quale, iniziando i nostri lavori, mando il mio e vostro reverente saluto e l'espressione spontanea e sincera dei sentimenti coi quali partecipiamo alla letizia che ha testè ricolmo il cuor suo e quello della sua Augusta sposa. (Applausi vivissimi e prolungati - Grida di Viva il Re!).