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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Alfredo Rocco

XXVII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 28 maggio 1924

Presidente. (stando in piedi pronuncia il seguente discorso - Segni di vivissima attenzione). Onorevoli colleghi, è lecito a chiunque, con puro cuore e con sufficiente intelletto, si sia dedicato alla pubblica cosa, desiderare quelle cariche che consentano di servire la Patria con più certa efficacia.
Ed io puranco, negli anni lunghi e talvolta amari della preparazione e dell'attesa, ho vagheggiato talora che mi fosse concessa la gioia di lavorare per la Patria nei posti di più ardua responsabilità. Non dunque voi mi farete carico di falsa modestia se io affermo che mai, nei miei più ambiziosi sogni, avrei immaginato di dover sedere un giorno qui, nel seggio reso insigne dai più grandi uomini del Risorgimento, e pure ora tenuto col plauso universale dal nostro illustre e caro collega Enrico De Nicola. A voi dunque, che con sì imponente suffragio avete avuto in me più fede di quello che io medesimo non avessi, va la mia commossa parola di gratitudine.
Grande è il compito che mi avete affidato. Perché gli straordinari avvenimenti, di cui, da dieci anni a questa parte, noi siamo stati spettatori ed attori, hanno oramai creato situazioni nuove e posto nuovi problemi anche alla Camera elettiva.
Una grande guerra fu combattuta e vinta per lo sforzo tenace di tutto il popolo italiano, per le virtù incomparabili dell'esercito e dell'armata, orgoglio, presidio, speranza della Nazione. (Vivissimi applausi). Dalla guerra e dalla vittoria l'Italia non ha guadagnato soltanto un più giusto e più sicuro confine, e le città e le terre che furono sospiro e tormento di tre generazioni, ma ha guadagnato sopratutto l'anima degli italiani.
(Applausi).
Di questa immensa conquista spirituale, per cui il voto di Massimo d'Azeglio, dopo sessanta anni, comincia a diventare realtà, la Camera della XXVII Legislatura sente ormai pienamente, come appare per più segni, le conseguenze benefiche. Mi è dato così di salutare qui oggi fra noi la valida schiera dei combattenti e il manipolo dei mutilati (Vivissimi applausi), che onorano la Camera, non meno certamente di quanto siano dalla loro appartenenza alla Camera onorati. E posso altresì rilevare, per la prima volta forse negli annali del Parlamento italiano, il fatto significativo di una rappresentanza politica divenuta sempre meno locale e sempre più nazionale (Approvazioni); ché sono oramai in questa Camera numerosi i deputati appartenenti per nascita e per famiglia a regioni diverse e lontane da quelle in cui furono eletti.
Possiamo ben dirlo con orgoglio: gli italiani sono fatti. Questa grande novità, questo profondo rivolgimento spirituale, che è la più bella conquista della guerra e di cui il movimento fascista, dal quale io stesso provengo, è, certo, la più concreta e la più efficace espressione, (Vivi applausi) deve avere ed avrà un favorevole influsso sullo sviluppo in Italia delle istituzioni rappresentative. Le quali solo possono prosperare, dove la coscienza nazionale sia così diffusa e sensibile, da costituire freno spontaneo ed istintivo al prevalere degli interessi individuali o di gruppo o di partito sui fini superiori e necessari della Nazione. La storia di tutti i paesi e la nostra in ispecie ci ammonisce che la decadenza degli istituti parlamentari va sempre di pari passo con la decadenza dello spirito e della coscienza nazionale. (Vive approvazioni). Questa è ormai in Italia rinsaldata e diffusa: non vi è alcuna ragione perché anche quelli non possano in un più tranquillo e favorevole ambiente rinvigorirsi e migliorarsi (Approvazioni).
Perché, al contrario di ciò che si crede da taluno, solo una salda e spontanea disciplina di forma e di sostanza è condizione necessaria per la prosperità del regime parlamentare. Quando la disciplina esteriore e quella interiore vengano meno, e le assemblee cessino di essere organo dei supremi interessi della Nazione, per divenire campo di lotta degli interessi particolari o peggio delle ambizioni e delle vanità personali, vien meno anche la loro funzione, la loro ragion d'essere e la loro autorità.
(Benissimo!).
Il regime parlamentare può e deve salvarsi, ma a patto di ritornare a una più feconda attività nel campo legislativo, a un maggior rispetto dei limiti posti dalla Costituzione ai vari poteri dello Stato, a una più composta e severa austerità di forma, condizioni tutte necessarie perché il Parlamento possa, alla sua volta, respingere ogni manomissione dei suoi diritti e delle sue prerogative costituzionali.
Per ottenere questa più rigida disciplina sostanziale e formale possono certamente qualche cosa i perfezionamenti tecnici delle norme regolamentari.
Ma più ancora può il rinnovamento degli spiriti. Solo quando un tal rinnovamento sia avvenuto, le maggioranze si convinceranno che esse hanno diritto di decidere con il loro voto, ma non di impedire che prima si discuta, per quanto è necessario; e le minoranze si limiteranno a discutere, senza usurpare alla maggioranza il diritto di decidere, che a questa unicamente, per definizione, compete. (Approvazioni).
Esigere da tutti il rispetto più scrupoloso delle forme parlamentari; contenere maggioranza e minoranza entro i limiti a ciascuna assegnati dalle sue funzioni; far lavorare l'Assemblea nell'Aula e fuori dell'Aula (Benissimo!), pretendere insomma che ciascuno faccia il suo dovere e null'altro che il suo dovere; questo è il compito che mi sono prefisso, e che condurrò inflessibilmente a termine. (Applausi).
Il mio illustre predecessore, nel salire il seggio presidenziale all'inizio della passata legislatura, le assegnava come compito essenziale la restaurazione finanziaria.
Questa restaurazione, mercè il mirabile sforzo dei contribuenti e la politica generale del Governo è ormai, si può dire, compiuta.
Il compito della XXVII legislatura si annunzia più vasto. Esso consisterà nel rendere sempre più robusta e solida la compagine economica, militare e spirituale della Nazione, e nel prepararle le vie della prosperità e della potenza. Quest'opera è già iniziata. L'annessione di Fiume, la città olocausta, che è giunta oramai al termine della sua quinquennale passione; l'aumentato prestigio dell'Italia e la sua influenza sempre crescente nella politica mondiale; la favorevole soluzione di annosi problemi, che rende più libera e più efficace l'azione internazionale del nostro paese, sono già inizi pieni di feconde promesse per il conseguimento della mèta finale. Oggi poi ci è dato salutare con profonda gioia un avvenimento felice, destinato a rinsaldare sempre più i vincoli che legano la Nazione italiana alla amica Inghilterra (Vivissimi applausi): le liete accoglienze che Sua Maestà il Re, la nostra graziosa Regina, i nostri giovani Principi, ricevono dai Sovrani, dal Governo, dal popolo della Gran Bretagna, a cui ci lega tanta dovizia di comuni memorie e di interessi comuni. (Approvazioni).
I nostri lavori, che cominciano con sì fortunati auspici, saranno fecondi di bene per la nostra Patria diletta, la quale noi tutti, sono certo, se pur divisi da contrasti di dottrine o di tendenze o di metodi, vogliamo egualmente ordinata, prospera e grande. (Vivissimi prolungati applausi).