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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Carlo Bon Compagni Di Mombello

IV Legislatura del Regno di Sardegna

Tornata del 17 novembre 1853

Presidente. (Movimento generale di attenzione) Signori, nel salire al Seggio cui mi chiamano i vostri suffragi, mi sento compreso di profonda gratitudine. Tengo in altissimo pregio l'onore che mi conferiste, perché racchiude una significazione della vostra benevolenza; lo tengo in altissimo pregio, perché il vostro autorevole voto dato al cospetto della nazione, è come una solenne testimonianza di riconoscere voi l'amore che mi stette e mi sta vivo nell'animo per le libertà costituzionali consacrate dallo Statuto, amore in cui sono conscio a me di non poter essere superato da chicchessia; lo tengo in altissimo pregio soprattutto perché, essendomi conferito poco stante dappoi che cessai dal reggere il Ministero che soprintende all'amministrazione della giustizia, mi dimostra come l'esercizio dell'autorità che è così facile occasione a rompere le concordie e le amicizie politiche, non abbia menomata la benevolenza che tante volte aveva sperimentato da voi, e di cui mi deste ora un nuovo e più solenne documento. Da questa concordia fondata in un affetto ed una devozione comune alle libertà costituzionali di cui s'ispirano le vostre deliberazioni, i giusti estimatori delle cose trarranno argomento di lode per voi, di speranza per lo Stato. Quando cosiffatta concordia fu più necessaria che in questi tempi, dappoiché molti popoli di Europa, miseramente bersagliati da rivoluzioni insensate a reazioni stupide, videro dileguarsi quelle libertà che parevano assicurate all'età nostra da decreto di Provvidenza divina e da legge di umano progresso? A chi la concordia è più necessaria e a noi, i quali, avendo, per singolare benefizio di Dio, preservati dalla universale distruzione gli ordini costituzionali fondati nel 1848, siamo stretti dal debito di conservare e di usufruttare a benefizio di questo regno, a benefizio d'Italia, a benefizio della universale civiltà, le tradizioni di quella politica liberale da cui, checché altri avvisi, è pur certo che i popoli moderni non possono lungamente traviare, senza rovinare al dispotismo, e dal dispotismo alla barbarie che ne sarebbe funesta ed inevitabile conseguenza? Nel compire il grave assunto che incombe al nostro Governo ed alla nostra nazione, a voi, signori, spetta una gran parte, giacché, nel reggimento costituzionale, alla Camera elettiva, espressione diretta ed immediata del voto popolare, appartiene principalmente estrinsecare quell'opinione libera, illuminata e perseverante la cui prevalenza è il carattere di cui s'informano gli ordini liberi. Affinché la Camera dei deputati consegua lo scopo a cui debbe intendere, è necessario anzitutto il senno e la virtù di coloro che la compongono. Quel senno e quella virtù, voi le mostraste in troppo viva e splendida luce, perché altri possa dubitare dell'opera vostra in avvenire. Se non che al retto indirizzo di un'Assemblea deliberante debbe pure conferire in qualche parte l'opera di chi è chiamato a presiedere. Questo incarico voleste affidarmi: io corrisponderò alla vostra fiducia, adoperando quanto sarà in me per non esserne indegno. Imparzialità e precisa osservanza del regolamento saranno le due norme a cui farò di attenermi. Quando coscienza d'uomo o di cittadino mi imponessero di patrocinare o l'uno o l'altro dei partiti che cadessero in discussione, riprenderei il mio luogo in cotesti stalli: finché sederò al Seggio, a cui mi chiama la vostra fiducia, non starò più col Ministero che coll'opposizione, non più colla maggioranza che con la minoranza; mia prima cura sarà tenere libero il campo a tutte le opinioni a cui lo Statuto volle aprire la via della discussione. Volgerò tutte le forze dell'ingegno ad impedire che le discussioni non traviino dall'argomento, non si prolunghino oltre il dovere, a proporre le questioni nel modo che meglio agevoli le deliberazioni. Per ottenere questi fini mi ispirerò dalle disposizioni del nostro regolamento. Qualunque siasi l'opinione che altri possa tenere circa il loro pregio, niuno può desiderare che siano trasandate. Quando ciò avvenisse, la confusione e la interminabile lunghezza delle discussioni renderebbero od impossibile od almeno difficilissima la maturità delle deliberazioni. Sento quanto le mie forze siano inferiori al difficile uffizio, e questo sentimento m'inclinerebbe a chiedervi di avermene per iscusato, se non credessi meno dicevole a cittadino di libero Stato ritrarsi dai servizi che è chiamato a prestare alla patria. Il vostro concorso, la vostra benevolenza che mi chiamò a quest'uffizio potranno soli darmi lena a disimpegnarne gli obblighi, supplire alle doti che pur troppo mi difettano, rinfrancarmi da quella peritanza che la insufficienza mia debbe giustamente ispirarmi. Ma se le difficoltà dell'impresa sono tali da peritarsene i più valorosi; se le difficoltà dei tempi sono tali da sgomentare i più arditi, chi, entrando in questo ricinto, non si sentirebbe rinfrancato a mirare tanto consenso fra gli animi, in un pensiero, quanto schiettamente liberale, altrettanto monarchico? a sapersi confortato dalla fiducia che ai suoi deputati dimostra questo mirabile popolo subalpino, che, nuovo alla vita libera, si mostra degno di prendere luogo fra i più provetti? Dall'unione della nazione e delle podestà con colui che sta a capo di tutte, ed il cui nome augusto, se debbe rimanere estraneo sempre alle nostre discussioni, è pure ognora presente ai nostri cuori, che gli tributano un sincero e perenne omaggio di ossequio, di riverenza e di gratitudine. (Vivi segni di approvazione)