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Documenti ed Atti

XIII Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01397 presentata da MAMMOLA PAOLO (FORZA ITALIA) in data 19960626

Al Ministro di grazia e giustizia. - Per sapere - premesso che: da molti anni ormai la stampa quotidiana, a carattere locale come di livello nazionale, pubblicano inserzioni a pagamento di pseudoestetiste, pseudoaccompagnatrici o di altre fantasiose categorie di erogatrici di servizi, che in realta' rappresentano, in modo per nulla occulto, chiari segni di adescamento e di prostituzione; di recente analoghe forme di adescamento alla prostituzione vengono effettuate da televisioni locali; queste forme di "promozione commerciale" sono tacitamente accettate dalla opinione pubblica che, pur dissentendo in larga misura sulla opportunita' e sulla liceita' etica di tali messaggi, non ha mai ravvisato in essi alcuna violazione della legge; analogo atteggiamento e' stato assunto dalla magistratura, che non ha ritenuto di intervenire ne' con denunce a carico dei direttori responsabili delle pubblicazioni od alle emittenti televisive, ne' con diffide per far porre fine a questo genere di informazione pubblicitaria; unica, fino a questo momento, eccezione a tale politica di non intervento della magistratura e' stata una denuncia a carico del direttore responsabile del quotidiano romano di opposizione all'attuale Governo "Il Tempo", denunciato e, e' notizia del 25 giugno 1996, rinviato a giudizio perche' nella pubblicazione di tali messaggi e' stato ravvisato il reato di "favoreggiamento della prostituzione" -: lascia sorpresi la decisione della procura di Roma di procedere nei confronti del direttore del "Il Tempo" e del Gip di Roma di rinviare a giudizio il giornalista, in rapporto al silenzio di tutte le procure per tutte le analoghe vicende e della stessa procura di Roma per messaggi analoghi su altre testate; ad avviso dell'interrogante, e' preoccupante tale intervento della magistratura, attuato in forme inconsuete, e potendo ravvisarsi nelle denuncia e nel rinvio a giudizio un tentativo di chiudere la bocca ad un giornale di opposizione, il cui direttore e' stato di recente condannato anche per diffamazione nei confronti di un partito di Governo -: quali iniziative intenda adottare, pur nel doveroso rispetto della autonomia e della indipendenza della magistratura, per evitare che, sullo stesso fatto vi siano comportamenti difformi fra le varie procure; se non ritenga debba essere regolamentata per legge la questione dei messaggi pubblicitari concernenti attivita' piu' o meno strettamente legate alla prostituzione, sia per salvaguardare la liberta' di stampa che le esigenze di carattere morale, tenendo peraltro presente che l'esercizio della prostituzione non e' in se' attivita' penalmente rilevante. (4-01397)

In relazione all'interrogazione in oggetto, si comunica quanto segue. Dalla richiesta di rinvio a giudizio del P.M. e dal decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Roma che dispone il giudizio, emerge che l'imputazione contestata a Giovanni Mottola in qualita' di Direttore del quotidiano Il Tempo e a Paolo Minervini, quale direttore della Societa' Pubblicita' editoriale S.p.A. riguarda il reato di induzione alla prostituzione aggravata in concorso tra loro in quanto, accettando e pubblicando, sul giornale citato, inserzioni pubblicitarie inequivocabilmente destinate a procurare clienti a persone che si prostituiscono, favorivano la prostituzione di piu' persone, o, comunque, compivano, ai danni di piu' persone, atti di lenocinio a mezzo della stampa. Il G.I.P. ha ritenuto che l'accusa meritasse il vaglio dibattimentale anche in considerazione della "rilevanza sociale dell'interesse protetto" dalle norme penali citate e per "la notevole potenzialita' lesiva del fatto". Lo stesso giudice nel provvedimento richiamato ha pure rilevato che la norma contestata al Mottola e al Minervini "rende punibili tutte le attivita' che in qualsiasi modo facilitino l'erogazione retribuita di prestazioni sessuali e che, in ordine alla materialita' del fatto, gli annunci in questione, secondo regole di comune esperienza, costituiscono un efficace mezzo di pubblicita' e di procacciamento di clienti nell'esercizio del meretricio per cui oggettivamente offrono un concreto apporto alla realizzazione della prostituzione". D'altro canto "le indagini a campione hanno confermato quanto appartiene al notorio ovvero che gli annunci facevano riferimento a vere e proprie attivita' di commercio carnale". Quanto all'aspetto soggettivo, dal decreto emerge che "gli imputati hanno ammesso (il Mottola esplicitamente e il Minervini per implicito) che trattasi di inserzioni relative alla prostituzione e percio' hanno fornito la prova dell'elemento intenzionale del reato non avendo alcun rilievo il prospettato errore sulla liceita' della condotta; e che inoltre il dolo sarebbe, in ogni caso, ravvisabile nella forma eventuale". Sulla base di tali argomentazioni si e' ritenuto che sulla vicenda dovesse intervenire il vaglio dibattimentale. Il richiamato atto giudiziario appare congruamente motivato con riguardo ad emergenze fattuali di oggettivo rilievo. Inoltre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ha comunicato che l'indagine ha riguardato anche altri quotidiani e periodici pubblicati in Roma. In conseguenza, puo' escludersi che l'iniziativa giudiziaria sia frutto di un atteggiamento negativo nei confronti del direttore di un giornale d'opposizione. Per quanto attiene all'ultimo punto della interrogazione, e' allo studio di questo Ministero la predisposizione di eventuali interventi normativi in materia.



 
Cronologia
venerdì 21 giugno
  • Politica estera ed eventi internazionali
    Si svolge a Firenze il vertice dei 15 Capi di Stato e di governo dell'Unione europea, che chiude il semestre di presidenza italiana.

giovedì 27 giugno
  • Parlamento e istituzioni
    Con la sentenza n. 223 la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 698, comma 2 del c.p.p. ove si prevede l'estradizione anche per i reati puniti con la pena capitale a fronte dell'impegno assunto dal Paese richiedente - con garanzie ritenute sufficienti dal Paese richiesto - a non infliggere la pena di morte o, se già inflitta, a non farla eseguire.