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Documenti ed Atti

XVII Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/04375 presentata da LIUZZI MIRELLA (MOVIMENTO 5 STELLE) in data 05/01/2015

Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-04375 presentato da LIUZZI Mirella testo presentato Lunedì 5 gennaio 2015 modificato Martedì 3 marzo 2015, seduta n. 384 LIUZZI , SIBILIA , DE LORENZIS , PETRAROLI e PAOLO NICOLÒ ROMANO . – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . – Per sapere – premesso che: l'aviosuperficie «Enrico Mattei», situata a Pisticci (MT) in Basilicata, è stata realizzata negli anni sessanta, durante l'industrializzazione della Valbasento ed è rimasta inutilizzata per molto tempo. Si tratta di una semplice pista di atterraggio voluta da Enrico Mattei nella strategia di una sua maggiore personale rapidità di spostamento tra i siti Eni, assolutamente chiusa al pubblico. Nell'ottobre del 2007 è stato consegnato alla regione Basilicata un progetto che prevedeva la costruzione di opere infrastrutturali e di potenziamento dei servizi per la realizzazione di un aeroporto civile regionale di terzo livello, per un investimento complessivo di circa 8 milioni di euro; il 22 maggio 2014, la pista, è stata affidata dal Consorzio industriale di Matera (CSI), la sua gestione alla società aerotaxi Winfly Srl (succeduta alla «Lucana fly») del gruppo Cestari. Winfly Srl che ha sede all'aeroporto di Pontecagnano (Salerno) ed è una società nata nel 2010 e specializzata in collegamenti interni in Africa-Congo a servizio principalmente di società petrolifere; il Consorzio per lo sviluppo industriale di Matera ha ricevuto un finanziamento di 600 mila euro dalla regione Basilicata per il triennio 2014-2016 nonché dalla data di acquisizione dell'autorizzazione dell'Enac all'attivazione dei voli. Tuttavia la Winfly non ha ancora ottenuto tutte le autorizzazioni dell'Enac indispensabili per trasformare l'aviosuperficie in aeroporto minore e che possano permettere il decollo e l'atterraggio di aerei da 130 passeggeri sul modello dell'AirBus A318; da molto tempo si sospetta la presenza di discariche abusive e di rifiuti industriali chimici nella Valbasento. Tali supposizioni si sono intensificate quando il dirigente chimico di turno in servizio di pronta disponibilità per il dipartimento provinciale ARPAB di Matera, è stato allertato telefonicamente il 13 novembre 2013 dalla prefettura di Matera per una possibile situazione di emergenza ambientale insistente presso l'area industriale della TECNOPARCO Valbasento in agro di Pisticci. Il sindaco di Pisticci ha lamentato nella zona indicata il manifestarsi di odori insopportabili. Tuttavia, nella data prima indicata, i tecnici non sono riusciti a rilevare dei campioni rilevanti nella zona (compresa la zona dell'aviostazione) a causa del percorso infangato dalle forti piogge che c'erano state nel mese di ottobre 2013 e che avevano portato alla luce alcune discariche abusive; da fonti giornalistiche, si è appreso altresì che tra gli indagati risultano esserci anche Gaetano Santarsia, ex-commissario del consorzio per lo sviluppo industriale di Matera, presente in Tecnoparco con la quota di maggioranza relativa e l'ex amministratore delegato di Sorgenia Massimo Orlandi, dimissionario soltanto a luglio del 2013; sempre a mezzo stampa e dalla conferenza dei servizi istruttoria del 13 febbraio 2014 si è appreso che accanto all'aeroporto di Pisticci (e ipoteticamente anche sotto la pista) ci potrebbero essere addirittura 13 chilometri di discariche complessive interrate non ancora completamente analizzate, così come si è a conoscenza dell'esistenza, nei dintorni, di camini industriali in funzione appartenenti a Tecnoparco e delle contaminazioni da mercurio rilevate ma non ancora mappate, provenienti dal versante Basento, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a riprova di quanto detto, ha enunciato richieste di interdizione di foraggio e coltivazione, oltre all'esame della catena alimentare ed ordinanze di divieto d'emungimento delle falde dell'area; il 20 febbraio 2014, il Quotidiano della Basilicata ha pubblicato un articolo nel quale ha denunciato la presenza di 11 indagati fra il Centro Oli Eni di Viggiano, Tecnoparco Valbasento e Consorzio Industriale Matera. Dall'articolo si è appreso che, nella zona che interessa la pista, «per almeno tre anni e mezzo, Eni avrebbe smaltito in maniera illegale i rifiuti prodotti dal Centro Oli di Viggiano, in combutta con alcuni imprenditori locali, tra cui il Presidente di Confindustria Basilicata, uno dei «signori della monnezza lucana», e il vertice di Sorgenia, la società energetica del gruppo De Benedetti»; anche alcuni ex lavoratori della Val Basento hanno descritto l'area della pista Mattei, come una vera e propria discarica industriale, e nella conferenza dei servizi del 7 marzo 2014, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rappresentato dall'ingegner Laura D'Aprile, ha chiesto ufficialmente carotaggi a 30 metri di profondità nella Val Basento. Tuttavia nelle conferenze successive quest'ultima indicazione è venuta meno e si è chiesto solo un «carotaggio di suolo rappresentativo», che è una tecnica di campionamento adottata con perforazione di pozzi o sondaggi mediante prelievi di campioni di roccia cilindrici a scopo di analisi; nel mese di marzo 2014, si è appreso a mezzo stampa che l'aviosuperficie Mattei sarebbe rientrata in funzione nell'estate dello stesso anno, a dispetto delle concomitanti dichiarazioni dal sindaco di Pisticci il quale ha più volte chiesto una bonifica della Valbasento e nonostante l'assenza di accertamenti riguardo alla bonifica del sito; il 4 ottobre 2014, la testata giornalistica Basilicata24 ha pubblicato un articolo intitolato «La cupola dietro la Pista Mattei di Pisticci», nel quale ha denunciato che sotto l'area della Pista Mattei «fu sotterrato di tutto». Nell'articolo si legge che l'Arpa Basilicata avrebbe ricevuto un finanziamento di 5 milioni di euro, per uno studio volto ad individuare l'eventuale inquinamento dell'area. Nonostante il cospicuo finanziamento incassato dall'ente Arpab, è stato uno studio indipendente svolto dal professor Ruggiero Pacifico a rilevare nell'area della Vai Basento numerosi metalli inquinanti, con limiti eccedenti quelli previsti dalla norma. Tra questi il più pericoloso sarebbe il mercurio, eccedente anche 250 volte in più rispetto al limite previsto dalla normativa; il 10 dicembre 2014, la stessa testata lucana succitata, ha pubblicato un pezzo intitolato: «Discariche, bidoni e altre storie di veleni». Nell'articolo viene fatta una panoramica sullo smaltimento illecito di rifiuti, che ha interessato la zona della Valbasento durante gli anni Ottanta, favorito probabilmente da un intreccio di interessi tra aziende petrolchimiche dell'area lucana, politici e magistrati. Nell'articolo si legge che: «Lo Studio Omega evidenziò numerose anomalie nel sottosuolo, e in una zona in cui i materiali estranei avevano una diffusione pari alla massima profondità dello scavo (4 metri) “fusti corrosi”. Nedo Biancani dello Studio Omega, che aveva avuto diverse collaborazioni con la Provincia di Matera, mi raccontò che dopo aver evidenziato questi e altri fatti divenne “persona non gradita” in Basilicata. Cosa si stava nascondendo? Per capirne di più dobbiamo esaminare un altro studio sulla Valbasento del 2004 in cui “l'articolata applicazione di tecniche geofisiche basate su diverse sorgenti magnetiche ed elettromagnetiche serve per ottenere informazioni dettagliate sulla presenza di oggetti interrati nel sottosuolo e fare stime circa la forma, le dimensioni, e la profondità”. Un metodo specifico per trovare fusti sotterrati illegalmente contenenti rifiuti pericolosi o liquidi tossici, capaci di contaminare pesantemente terreni a uso agricolo, falde idriche, alterando la catena alimentare e ponendo un serio rischio alla salute umana e all'ecosistema, che ha già prodotto risultati in indagini di polizia ambientale.»; nello stesso articolo si legge ancora: «I test prodotti dall'analisi di fusti interrati sono importanti per la letteratura scientifica al fine di descrivere le anomalie di un'aerea sospetta e individuare zone di interramento e metodi per tirarli fuori. Anomalie che possono essere distinte come campi magnetici generati da corpi eterogenei di ferro o appunto da fusti interrati. In un test eseguito per comprendere il comportamento del segnale nel caso di 12 fusti da 220 litri sepolti in un'area caratterizzata da depositi fiuvioglaciali consistenti di conglomerati in una matrice limo-sabbiosa, il segnale del gradiente verticale corrispondente ottenuto fu di 200nT/m (nano teslalmetro, ndr). Un secondo test effettuato in un deposito argilloso-sabbioso dove erano stati sepolti venti bidoni orientati verticalmente alla profondità di 4/5 metri mostrò un'anomalia magnetica caratterizzata da un'intensità di 290nT/m. Ci chiediamo, se a Pisticci nell'area definita sito3 è venuta fuori una chiara anomalia magnetica che un'investigazione più approfondita in una zona circoscritta di 4x12 m 2 ha mostrato con un'intensità pari a 9.000nT/m, ossia 31 volte più alta del test con venti bidoni orientati verticalmente alla profondità di 4/5 metri come abbiamo visto (fig. 2), e se chi ha eseguito l'indagine a Pisticci Scalo ha scritto pure che è «probabilmente dovuta alla presenza di bidoni metallici interrati nel sottosuolo»; come si apprende anche da fonti stampa, il Ministero inizialmente ha chiesto: 156 carotaggi a profondità variabile, attenzione per il sito contaminato da mercurio, rifacimento della recinzione alla pista ed analisi ulteriori delle discariche. Successivamente ha esonerando poi dalla caratterizzazione il lotto D di proprietà della Syndial partecipata dall'Eni; nel campo della gestione dei rifiuti, l'Italia, al pari degli altri Stati membri, è tenuta a dare attuazione alle disposizioni contenute nelle direttive dell'Unione europea che regolano alcune parti della materia in merito alla gestione delle discariche: la n.75/442/CEE, la n.91/689/CE relativa alla gestione controllata dei rifiuti pericolosi, e la n.1999/31/CE concernente la gestione delle discariche integrate dai regolamenti (CE) n.1882/2003 e (CE) n.1137/2008; il 26 aprile 2007, la Corte di giustizia delle Comunità europee (causa C-135/05) ha condannato la Repubblica italiana per non aver adottato tutti i provvedimenti necessari ad adempiere agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, 8 e 9 della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE, dell'articolo 2, n.1, della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi, e dell'articolo 14, lettere a) - c) , della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, imponendo all'Italia il pagamento delle spese processuali; l'Italia non ha rispettato la sentenza del 2007 della Corte di giustizia dell'Unione europea e constatato l'inadempimento, il nostro Paese è stato nuovamente condannato il 2 dicembre 2014, a pesanti sanzioni pecuniarie che prevengono una penalità a partire da un importo iniziale di 42.800.000 euro per il primo semestre (Corte di giustizia dell'Unione europea, sez. Grande, sentenza 2 dicembre 2014 n.C-196/13). Da tale importo saranno detratti 400 mila euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200 mila euro per ogni altra discarica messa a norma. Inoltre nel corso della stessa sentenza, la Commissione europea ha affermato che, 198 discariche non sono ancora conformi alla direttiva «rifiuti» e che, di esse, 14 non sono conformi neppure alla direttiva «rifiuti pericolosi»; la Corte ha anche rilevato che le direttive impartite (ove attuate) sono state compiute con grande lentezza, tant’è che un numero importante di discariche abu- sive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane–: se intenda assumere ogni iniziativa di competenza con riferimento alla situazione che interessa l'area della Pista Mattei, la quale non risulta essere stata risanata, per non incorrere in un'ulteriore procedura d'infrazione; se il Ministro intenda commissionare, per quanto di competenza, uno studio ad hoc , oltre che per una valutazione dell'inquinamento del suolo, anche per l'inquinamento delle falde acquifere dell'intera zona interessata dall'inquinamento industriale della Val Basento. (5-04375)

 
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