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Documenti ed Atti

XVII Legislatura della repubblica italiana

MOZIONE 1/00371 presentata da URAS LUCIANO (SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA') in data 12/01/2015

Atto Senato Mozione 1-00371 presentata da LUCIANO URAS lunedì 12 gennaio 2015, seduta n.372 URAS, BONFRISCO, PUPPATO, PALERMO, FUCKSIA, BAROZZINO, BOCCHINO, CAMPANELLA, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, DE PETRIS, GAMBARO, MASTRANGELI, PEGORER, PETRAGLIA, RICCHIUTI, Maurizio ROMANI, VACCARI - Il Senato, premesso che: la lettera aperta, di cui si riporta il contenuto, è stata rivolta da un uomo affetto da SLA ad alcune personalità della politica nazionale che svolgono primissime funzioni di governo, direzione e rappresentanza politica, e la cui diffusione è stata esplicitamente autorizzata dal suo estensore: «In forma privata e in forma pubblica, scrivo a voi, leader di forze presenti nel Parlamento della Repubblica, per sottoporvi una questione, al tempo stesso, personale e generale: il problema del fine vita. Mi chiamo W. P., ho 64 anni, vivo a Cagliari»; nell'agosto del 2011 all'estensore della lettera è stata diagnosticata la SLA e può scrivere solo grazie ad un computer a comandi oculari. La malattia è progredita velocemente: da metà del 2013 egli è completamente immobilizzato, vive con un tubo che collega, 24 ore al giorno, il naso ad un respiratore meccanico, le sue funzioni vocali sono fortemente compromesse, non avendo più il riflesso difensivo della tosse mangia e beve ogni volta con il terrore che qualcosa vada di traverso (gli è già successo due volte) generando una situazione terribile di soffocamento. Inoltre, vivendo solo da molti anni, egli ha dovuto abituarsi a condividere la sua casa con badanti extracomunitari cui si è dovuto affidare, giorno e notte; secondo quanto risulta nella citata lettera, le specifiche notazioni ivi riportate tentano di dare una concretezza reale ad una questione che altrimenti potrebbe essere declinata a mera questione filosofica astratta. Peraltro, ad onta della sua condizione, egli dichiara di non essere afflitto da fisime suicidarie e, anzi, facendo leva sulle sue residue risorse intellettuali, sulla vicinanza di alcune care amicizie e, soprattutto, sugli affetti familiari, riesce tuttora a trovare un senso alla sua esperienza umana. Si dichiara però del tutto consapevole del suo destino: sempre che non intervenga prima una fatale crisi respiratoria che sopravanzi l'azione meccanica del respiratore, egli si ritiene condannato a perdere completamente (più prima che poi) le funzioni vocali. A tale evento, non aggirabile, secondo il suo attuale sentire, da nessun marchingegno elettronico per ragioni sia pratiche sia spirituali, ha deciso di collegare il punto finale della sua vita. Non avendo avuto in dote alcuna credenza religiosa e avendo il sereno convincimento che la morte sia la fine di tutto, dichiara di non prendere affatto sottogamba questo tema. Appunto perché la vita è una, unica, irripetibile esperienza, essa deve poter essere vissuta senza essere avvertita come un'insopportabile prigione. Ritiene che sussista, insomma, un diritto inalienabile, di dignità e di libertà, che deve essere garantito ad ogni persona. E allora si chiede come potrà rendere operative le sue volontà e per quale motivo debba essere costretto a recarsi in Svizzera invece di poter morire vicino ai suoi affetti, nella sua terra, nella sua patria. Si chiede anche in quale altro modo potrà realizzare la sua volontà se non col rifiuto di acqua e cibo e, dunque, con una lenta morte per sete e fame se non potrà andare in Svizzera, in ragione di insuperabili ostacoli logistici ed emozionali; l'estensore della lettera si chiede se sia accettabile, umano, pietoso costringere una persona e i suoi cari ad un tale fardello di prolungata, indicibile sofferenza e, quanto alla ruvida asprezza della descrizione della "soluzione finale", egli preferisce il rischio di apparire fastidioso o invadente pur di non rinunciare a trasmettere ai leader della politica il sentimento di angoscia nel quale vive; egli ha la piena consapevolezza che non bastano queste scarne, individuali considerazioni sul fine vita o, per chiamare le cose con il loro nome, sull'eutanasia, a scalare la vetta dell'enorme complessità di questo problema, nel quale si intrecciano aspetti, ognuno degno di rispetto, di ordine filosofico, religioso, medico, legale; come risulta nella lettera, avendo partecipato, pur in modo microscopico, dalla fine degli anni '60 ai primi anni '90, alle cose della politica come funzionario e dirigente locale del PCI e come assessore e Presidente della Provincia di Cagliari, per di più all'estensore non sfuggono le difficoltà della politica a misurarsi su questo tema, stretta come è da una pluralità di convincimenti ideali, appartenenze ideologiche, considerazioni di opportunità, valutazioni di utilità. Ma, pur non dimenticando che anche la non decisione è una decisione, è consapevole che l'essenza, la nobiltà, della politica sta nella sua capacità di osare, nel coraggio di assumere decisioni in grado, a volte in tempi imprevedibilmente rapidi, di rendere migliore la vita delle persone e della società. È in nome di questi valori alti della politica che si è rivolto ai destinatari della lettera nella funzione di leader ma anche in quanto persone, in ciascuna delle quali risiede un forte attaccamento ai principi di libertà e un sentimento genuino di umanità e di compassione; in conclusione l'estensore sente di chiedere un silenzio operoso: perché, senza sgargianti bandierine di parte e senza querule primazie propagandistiche, almeno su un tema come questo, si riesca a trovare l'inedito coraggio di una sostanziale intesa che stimoli la predisposizione di un serio e approfondito disegno di legge e faciliti la scelta di un percorso parlamentare efficace e concludente, in un quadro, se non di auspicabile ma improbabile unanimismo, almeno di assenza di battaglie campali. La richiesta potrebbe apparire ingenua. Ma, nella disperazione anche l'ingenuità può offrire un po' di energia vitale e un po' di speranza. Il nostro Paese, per compiere un decisivo passo in avanti verso una più giusta e moderna civiltà, deve dotarsi di una sapiente legge sul fine vita; e, per concludere questa lunga lettera, egli prende in prestito, modificandola alla bisogna, una delle più celebri frasi di Alessandro Manzoni: «"con juicio" ma "adelante"»; premesso inoltre che: tale testimonianza è resa con la sola finalità di impegnare le istituzioni politiche, Governo e Parlamento, ad avviare una rispettosa e libera discussione parlamentare funzionale alla predisposizione ed eventuale approvazione di un idoneo provvedimento normativo, capace di affrontare la drammatica e complessa questione del "fine vita" di chi, colpito da gravi e incurabili patologie e sottoposto a sofferenze intollerabili, senta l'insopportabile peso della sostanziale privazione della propria dignità; sono state presentate in Parlamento, durante la XVII Legislatura e in altre precedenti, proposte di articolati normativi concernenti l'argomento della presente mozione che appare utile tenere in debito conto, impegna il Governo: 1) a riferire al Senato su tutte le normative esistenti e gli orientamenti prevalenti in ambito europeo relativi all'oggetto della presente mozione; 2) a considerare la predisposizione di un disegno di legge, da trasmettere al Senato per l'esame, che tratti della scelta assistita di "fine vita" di coloro che, affetti da gravi e incurabili patologie e oggettive intollerabili sofferenze, subiscano una sostanziale grave lesione della loro dignità. (1-00371)

 
Cronologia
giovedì 1° gennaio
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