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Documenti ed Atti

XVII Legislatura della repubblica italiana

MOZIONE 1/00709 presentata da PESCO DANIELE (MOVIMENTO 5 STELLE) in data 15/01/2015

Atto Camera Mozione 1-00709 presentato da PESCO Daniele testo presentato Giovedì 15 gennaio 2015 modificato Martedì 3 marzo 2015, seduta n. 384 La Camera, premesso che: l'articolo 62 sexies , comma 3, del decreto legge 30 agosto 1993, n.331 convertito dalla legge n.427 del 1993, consente l'accertamento ex articolo 39, comma 1, lettera d), nei casi in cui risulti l'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall'applicazione degli studi di settore; attraverso gli studi di settore, dunque, l'Agenzia delle Entrate è legittimata a ricostruire la redditività di una determina attività d'impresa o professione e ricostruire la posizione reddituale del contribuente; in particolare, partendo dalle relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all'organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell'attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, e altro), lo studio di settore consente di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente; in tal modo, lo studio di settore diventa uno strumento di controllo basato sulla comparazione tra i ricavi o compensi dichiarati e quelli direttamente desumibili dalla sua applicazione; lo stesso contribuente può utilizzare lo studio di settore per verificare, in fase dichiarativa, il posizionamento rispetto alla congruità (il contribuente è congruo se i ricavi o i compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica) e alla coerenza (la coerenza misura il comportamento del contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore); lo studio di settore, dunque, da un lato assurge a strumento di controllo dell'Agenzia delle entrate circa l'attendibilità dei ricavi o compensi dichiarati dal contribuente; dall'altro, a strumento di indirizzo del contribuente in fase dichiarativa, potendo egli decidere, in caso di incongruità o incoerenza, di uniformarsi comunque al risultato dello studio di settore oppure di discostarsene, ritenendo sussistere comprovate ragioni che ne legittimano la disapplicazione; quest'ultimo profilo evidenzia come lo studio di settore assuma di fatto anche una funzione deterrente o, meglio ancora, «condizionante» nelle scelte del contribuente il quale, spesso, pur di non esporsi ad un potenziale controllo dell'amministrazione finanziaria, decide di «adeguarsi» alle risultanze dello studio di settore, sebbene siano superiori ai ricavi o compensi effettivamente conseguiti. In altre parole, la prassi applicativa degli studi di settore evidenzia non pochi casi in cui il contribuente decide di uniformarsi allo studio di settore, sopportando il pagamento di un'imposta maggiore rispetto a quella dovuta al fine di scongiurare il rischio di un accertamento; in un tal contesto, dunque, gli studi di settore dovrebbero garantire un elevato grado di attendibilità ovvero rappresentare il più possibile la realtà imprenditoriale del singolo contribuente. Ma al riguardo, è nota la posizione assunta dagli interpreti e, soprattutto, dalla giurisprudenza di legittimità, che ha clamorosamente «bocciato» la valenza degli studi di settore. In più occasioni, infatti, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che i dati comparativi forniti dagli studi altro non sono che parametri astratti e meramente statistici ovverosia il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei (Suprema Corte di Cassazione, Sezione Unite, sentenza 10 dicembre 2009 n.26635, preceduta dalla relazione tematica n.94 del 4 luglio 2009 redatta dall'Ufficio del massimario della Suprema Corte). Conseguentemente, gli studi di settore sono stati ritenuti idonei a ricostruire la situazione reddituale del contribuente solo se confortati da altri elementi desunti, in contraddittorio con il contribuente, dalla realtà economica dell'impresa; l'astratta applicazione degli studi di settore, dunque, non garantisce l'attendibilità delle risultanze in termini di ricavi e compensi da dichiarare, potendo in alcuni casi generare significativi effetti distorsivi. Tale aspetto, a dir poco preoccupante in termini di certezza del diritto ed equità del prelievo, è stato notevolmente accentuato dalla crisi economica degli ultimi anni. La particolare congiuntura economica ha determinato il crollo della redditività delle imprese e professionisti con ovvie ricadute i termini di attendibilità di ricavi. Uno scenario questo, che ha accentuato ulteriormente l'incapacità degli studi di settore a rappresentare adeguatamente la reale situazione reddituale dei contribuenti. Tanto è vero che lo stesso Ministero dell'economia e delle finanze ha ritenuto opportuno intervenire con i decreti ministeriali del 23 dicembre 2013 e del 2 maggio 2014, apportando correttivi «anticrisi» agli studi di settore. In particolare, il decreto ministeriale del 2 maggio 2014 ha previsto quattro tipologie di correttivi: 1. modifica del funzionamento dell'indicatore di normalità economica «durata delle scorte»; 2. correttivi specifici per la crisi; 3. correttivi congiunturali di settore; 4. correttivi congiunturali individuali; i detti correttivi, analoghi a quelli introdotti per gli studi applicati al periodo di imposta 2011 e 2012, sono stati applicati ai soggetti che hanno dichiarato, nel periodo d'imposta 2013, ricavi o compensi inferiori al ricavo puntuale di riferimento determinato dallo studio di settore; non va sottaciuto, poi, come gli studi di settore rappresentino in molti casi uno «scudo» a danno dell'amministrazione finanziaria ovvero a favore di quei contribuenti che, pur conseguendo ricavi o compensi superiori a quelli desumibili dallo studio di settore, si adeguano alle sue risultanze scontando un'imposta minore a quella effettivamente dovuta. Se per un verso lo studio di settore rappresenta un disincentivo all'evasione per i contribuenti che si attestano al di sotto dei ricavi standardizzati (invogliandoli ad adeguarsi), è altrettanto vero che gli stessi studi di settore rappresentano un agevole incentivo alla sottofatturazione proprio per le attività d'impresa e professionali più redditizie (e che dovrebbero maggiormente contribuire al sostentamento delle spese pubbliche); l'adozione dei suddetti correttivi anticrisi andrebbe estesa anche al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014, considerato il perdurante stato di crisi economica; allo stesso modo sarebbe opportuno potenziare la compliance tra amministrazione finanziaria e contribuente in armonia con i principi fondamentali dell'ordinamento tributario sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente e degli orientamenti in ambito comunitario (tra cui il principio dell'obbligatorietà del contraddittorio anticipato per ogni forma di accertamento, espresso dalla sentenza 18 dicembre 2006 C. 349/077 – «Sopropè»), semmai incentivando le forme e gli strumenti di contraddittorio che rappresentano oggi un elemento indefettibile del procedimento di accertamento. A tal fine, sarebbe senz'altro proficua l'attivazione di forme di contraddittorio, anticipate rispetto alla fase dichiarativa, e dirette ad assicurare il costante monitoraggio dell'attività imprenditoriale o professionale ed il suo andamento economico: in tal modo, ancor prima del termine di presentazione della dichiarazione dei redditi annuale, l'amministrazione finanziaria e il contribuente avrebbero la possibilità di vagliare ed esprimersi sulla reale situazione economica dell'impresa o professione esercitata rispetto alle risultanze degli studi di settore, uniformando la successiva dichiarazione dei redditi all'effettiva situazione reddituale dell'impresa (con conseguenti positive ricadute anche in termini di contenzioso tra amministrazione e contribuenti); in ogni caso, nell'ottica del potenziamento della collaborazione tra amministrazione e contribuenti, sarebbe auspicabile per il futuro l'abolizione degli studi di settore quale strumento di rilevazione statistica del reddito favorendo, viceversa, procedure di controllo più attinenti alle oggettive caratteristiche di esercizio dell'impresa o professione e, quindi, maggiormente idonee a rilevare la ricchezza effettivamente prodotta. Tutto ciò potrà ovviamente essere favorito anche attraverso interventi diretti ad una progressiva riduzione della pressione fiscale effettiva, da un maggiore investimento di risorse finanziarie per il potenziamento delle risorse umane in forza all'amministrazione finanziaria impiegate nell'esecuzione dei controlli e verifiche fiscali nonché, infine, dal complessivo miglioramento qualitativo dell'attività di accertamento, impegna il Governo: ad aggiornare i parametri, le metodologie di calcolo e le funzioni di stima dei ricavi presunti relativi alle differenti attività soggette agli studi di settore affinché siano allineati, in maniera realistica e puntuale, alla perdurante situazione di crisi economica e finanziaria che attanaglia, da oltre cinque anni, gli esercenti attività di impresa, arte e professione, prevedendone l'applicazione già alle dichiarazioni dei redditi relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014; a prevedere, con decorrenza dal prossimo periodo d'imposta, la riforma degli studi di settore sostituendoli, o in ogni caso affiancandoli, con sistemi di controllo che incentivino una compliance preventiva tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, anche attraverso la predisposizione di strumenti informatici gratuiti che consentano agli esercenti di confrontare in tempo reale l'andamento economico e finanziario delle proprie attività rispetto ai modelli statistici standard , comprendere le cause di eventuali scostamenti e porvi rimedio, ove necessario senza attendere i termini previsti per i dichiarativi fiscali; a prevedere specifiche procedure di verifica dell'attendibilità dello studio di settore per i contribuenti che presentino un risultato di congruità e coerenza, basate sulla valutazione delle concrete caratteristiche di esercizio dell'attività d'impresa o professionale, garantendo la partecipazione attiva del contribuente alla procedura di controllo; ad assumere iniziative, anche normative, volte a promuovere in ogni caso la piena collaborazione tra i contribuenti e l'amministrazione finanziaria nel procedimento di autoliquidazione delle imposte istituendo, a tal fine, appositi canali di assistenza che aiutino i contribuenti a verificare spontaneamente la correttezza formale e l'adeguatezza sostanziale delle proprie risultanze contabili, in un'ottica che stimoli l'adempimento volontario, la fiducia reciproca tra contribuenti ed amministrazione finanziaria, la certezza del diritto e l'emersione della ricchezza effettivamente prodotta e riduca, al contempo, il ricorso a strumenti statici di rilevazione del reddito ed il conseguente proliferare del contenzioso tributario, in armonia e attuazione dei principi di leale collaborazione e obbligatorietà del contraddittorio in via preventiva espressi dallo statuto del contribuente e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea; per il perseguimento dei precedenti impegni, a potenziare le risorse umane in forza all'amministrazione finanziaria e a ottimizzare l'attività di accertamento, stabilendo obiettivi che privilegino principalmente la qualità dei controlli, la tutela del contribuente, l'equità distributiva e gli aspetti di educazione fiscale e di leale collaborazione. (1-00709) (Testo modificato nel corso della seduta) « Pesco , Alberti , Barbanti , Cancelleri , Ruocco , Pisano , Villarosa ».

 
Cronologia
giovedì 1° gennaio
  • Politica estera ed eventi internazionali
    La Lituania adotta l'euro.

giovedì 15 gennaio
  • Politica estera ed eventi internazionali
    In Siria vengono liberate Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due cooperanti rapite ad Aleppo il 31 luglio 2014.

giovedì 22 gennaio
  • Politica estera ed eventi internazionali

    La BCE annuncia l'avvio di un programma di acquisto di obbligazioni emesse da amministrazioni centrali dei paesi dell'area dell'euro, agenzie situate nell'area dell'euro e istituzioni europee (c.d. quantitative easing), per un totale di 60 miliardi di euro.