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Documenti ed Atti

XVII Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/03432 presentata da DE PETRIS LOREDANA (SIINISTRA ITALIANA - SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA') in data 25/01/2017

Atto Senato Interrogazione a risposta orale 3-03432 presentata da LOREDANA DE PETRIS mercoledì 25 gennaio 2017, seduta n.747 DE PETRIS, PETRAGLIA, CAMPANELLA, MINEO, CERVELLINI, BAROZZINO, DE CRISTOFARO, BOCCHINO - Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale - Premesso che: Giulio Regeni, un giovane dottorando italiano all'università di Cambridge, è scomparso il 25 gennaio 2016 nella capitale egiziana de Il Cairo in circostanze che, a distanza di un anno, non risultano ancora chiarite; dopo più di una settimana di ricerche, il corpo di Giulio è stato ritrovato ai margini di una strada, il 3 febbraio 2016. Sin da subito è stata evidente la violenza abbattutasi su di lui nei suoi ultimi giorni di vita, una violenza che, qualche mese dopo, la madre definirà con le parole "Non vi dico cosa hanno fatto a quel viso. Ho visto il male. Tutto il male del mondo si è riversato su lui"; Giulio stava svolgendo le sue ricerche a Il Cairo per studiare l'attività dei sindacati indipendenti dei venditori di strada, una categoria con un ruolo significativo nelle proteste contro l'ex presidente Hosni Mubarak che, nel 2011, rovesciarono il regime, portando al Governo Mohammed Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, destituito dopo soli due anni da un colpo di Stato organizzato dall'attuale presidente Al Sisi; il giorno 25 gennaio, tra l'altro, non era una data qualsiasi, ma l'anniversario della rivoluzione accesasi nel 2011: durante le ore precedenti il rapimento di Giulio, la repressione in atto in Egitto si era fortemente acuita, con migliaia di perquisizioni volte a stroncare qualsiasi tipo di iniziativa contro il Governo; Giulio si stava recando alla festa di compleanno di un amico nei pressi della nota piazza Tahrir, senza mai raggiungerla. Numerose sono state le ipotesi e le speculazioni su quanto accaduto, senza che si riesca arrivare ancora oggi alla verità; su una questione, tuttavia, sembrano non esserci dubbi: che le prime ricostruzioni dei fatti, su cui il Governo egiziano aveva tentato con molta foga di accentrare l'attenzione, sono risultate un'inaccettabile manipolazione della realtà. Nonostante fossero evidenti i segni di tortura e di una morte lenta, il vice capo delle indagini a Giza aveva affermato immediatamente che Giulio Regeni era con tutta probabilità morto in un incidente stradale; le ricostruzioni e le analisi svolte dalle autorità egiziane hanno in più di un'occasione provocato seri dubbi circa la loro attendibilità: la prima autopsia, svolta da un legale egiziano, aveva stabilito che Giulio fosse morto a causa di un solo colpo alla testa, quando l'autopsia italiana verificò come i colpi fossero stati molti e la causa della morte fosse stata la rottura delle vertebre cervicali. Il corpo di Giulio, inoltre, era ricoperto di ematomi, ferite e abrasioni, aveva diversi denti spezzati e fratture a mani, piedi e costole. Tutti segni davvero poco compatibili con un incidente automobilistico; le reticenze delle autorità egiziane non si sono concluse con questo episodio: in diverse occasioni, gli investigatori italiani giunti a Il Cairo per le indagini si sono trovati di fronte a limiti incomprensibili: ritardi inaccettabili nella consegna dei video delle telecamere a circuito chiuso della metropolitana su cui si trovava Giulio prima della scomparsa, cui è seguita la loro cancellazione, il rifiuto di condividere informazioni o di ispezionare il luogo di ritrovamento del cadavere, incontri con i testimoni brevi e controllati dagli agenti egiziani; abbandonata la tesi dell'incidente stradale, due nuove traballanti versioni sono state promosse dalle autorità: una cospirazione, che avrebbe avuto come obiettivo il sabotaggio dei rapporti commerciali tra Italia ed Egitto e che vedeva il Governo italiano a conoscenza dell'identità dell'assassino di Giulio, di cui si erano fatti portatori un uomo di nome Fawzy (la cui testimonianza venne successivamente smentita dalle indagini) e lo stesso presidente Al Sisi in una lunga intervista a "la Repubblica"; un'evidente messa in scena che vedeva Giulio coinvolto in un rapimento, finito con il suo omicidio, da parte di una banda criminale specializzata nel fingersi agenti di polizia, il cui capo era risultato, tuttavia, essere molto lontano dal luogo del sequestro di Regeni nel giorno del rapimento. La presenza dei documenti di Giulio nel covo della banda, i cui esponenti sono stati tutti uccisi durante un blitz , dimostrava inoltre in modo indiscutibile il coinvolgimento delle autorità egiziane; nonostante la dichiarata "piena collaborazione" da parte delle autorità, ancora oggi la ricostruzione su quanto avvenuto risulta assai difficoltosa. Un elemento, tuttavia, ha coadiuvato gli investigatori italiani nella loro ricerca della verità: la personalità di Giulio Regeni, che nel corso della sua troppo breve vita è riuscito ad intrecciare legami con una grande comunità di persone, che hanno spontaneamente consegnato agli agenti italiani i dati in loro possesso; sin da quando la polizia e gli investigatori si sono recati ai funerali di Giulio a Fiumicello (Udine), sono entrati infatti in contatto con una sorta di "Nazioni Unite in miniatura": quasi 5.000 persone, di ogni nazionalità, venute a rendere omaggio all'amico cosmopolita; le informazioni ricavate nel corso delle indagini non hanno consentito di rintracciare i diretti responsabili della morte del ricercatore, ma, quantomeno, di respingere le false verità promosse dalle autorità egiziane, che si sono trovate costrette a consentire agli investigatori italiani l'accesso ai dati telefonici delle zone frequentate da Regeni poco prima della scomparsa e al luogo di ritrovamento del corpo. Ma, soprattutto, nel settembre 2016, i procuratori egiziani hanno ammesso per la prima volta un'attività di sorveglianza sul giovane da parte della polizia, poco prima del suo rapimento; già ad aprile 2016, alcune e-mail anonime, pubblicate dal quotidiano "la Repubblica", avevano denunciato come mandante dell'omicidio di Regeni Khaled Shalabi, figura molto controversa e già accusata in passato di rapimento e tortura, che risulta far parte del team di coloro che indagano sulla morte di Giulio. In mancanza di una seria collaborazione da parte delle autorità, tuttavia, ogni ipotesi può rilevarsi un semplice tentativo di depistaggio; per comprendere meglio questo intreccio di ipotesi, accuse, reticenze e ostilità è necessario essere consapevoli della situazione venutasi a creare in Egitto in seguito alla presa del potere da parte del presidente Al Sisi, che sembra aver riportato l'Egitto ad un regime autoritario quanto quello dell'ex presidente Mubarak. Le limitazioni dei diritti umani, della libertà di opinione e di stampa, la repressione, le sparizioni e le torture sono tutti elementi di un clima paranoico incentrato sul sospetto e sulla violenza, che si è scontrato con l'apertura critica e la curiosità accademica proprie della personalità di Giulio Regeni; i dati sulla situazione egiziana parlano chiaro: decine di migliaia di prigionieri politici, centinaia di casi di tortura e omicidio da parte della polizia, di rapimenti e sparizioni forzate, nonché una vera e propria ossessione per possibili cospirazioni estere; Giulio Regeni, cittadino italiano e del mondo, è morto dunque nel modo in cui muoiono moltissimi cittadini egiziani: è per questo che la madre, Paola Deffendi, ha chiesto giustizia non soltanto per suo figlio, ma per tutti i Giulio oggetto della brutale repressione del regime; solo recentemente sono emersi altri particolari che conducono ad una pista precisa, collegando la morte di Regeni alle sue ricerche sul sindacato dei venditori ambulanti. Molti sostenitori della democrazia, tra cui lo stesso Giulio e il suo supervisore a Cambridge, valutano queste organizzazioni come sviluppi positivi della società egiziana, in grado di rafforzare la società civile, la partecipazione democratica e i diritti dei lavoratori; lo stesso non si può dire per il Governo egiziano, che, in tale clima di sospetto, sembra aver preso di mira anche questa attività, mettendo in atto una repressione di tipo diretto e indiretto: conseguenza di questo clima è la forzata collaborazione tra polizia e venditori ambulanti, che vengono spesso utilizzati come informatori; Giulio Regeni, il cui metodo di analisi era definito di "ricerca partecipata", aveva trascorso del tempo a contatto con tali organizzazioni, parlando direttamente con le persone e sottoponendo loro domande sugli obiettivi e il futuro dei sindacati. Due eventi, in particolare, sembrano aver attirato l'attenzione del regime egiziano su di lui; il primo fu la partecipazione l'11 dicembre 2015 ad un incontro, pubblico e autorizzato, in seguito al quale Giulio si era detto molto preoccupato per la presenza di una donna con il velo intenta a fotografarlo; il secondo è legato ad un finanziamento ottenuto da Regeni da parte di una fondazione britannica impegnata in progetti di sviluppo. Giulio, oltre a finanziare i propri studi, stava riflettendo sull'utilizzo della somma per aiutare le persone oggetto della sua ricerca. Fu in questo momento che, probabilmente, si è innescato un percorso non più reversibile, che ha condotto alla sua morte; Giulio aveva infatti accennato del finanziamento a Mohammed Abdallah, uno dei leader del sindacato indipendente dei venditori di strada che, tuttavia, aveva concentrato il proprio intesse sulla somma di denaro piuttosto che sul suo possibile utilizzo. In un video diffuso dalla stampa nazionale il 23 gennaio 2017 e girato dallo stesso Abdallah, Giulio tentava di spiegare all'uomo come le risorse fossero vincolate ad un progetto, e come lui, da accademico, non potesse certo utilizzarle per scopi privati. Abdallah ha sostenuto di avere denunciato Giulio Regeni alla polizia con lo scopo di "proteggere il proprio paese" dal suo comportamento sospetto; la diffusione del video, datato 6 gennaio 2016, apre nuovi inquietanti scenari circa il comportamento delle autorità egiziane, che avevano sostenuto di aver sorvegliato Giulio per un breve periodo soltanto a partire dal 7 gennaio, a conclusione del quale nulla era emerso che potesse giustificare un interesse per la sicurezza nazionale; la presenza di una telecamera nascosta nei bottoni di Abdallah, fornitagli dalla polizia, dimostra come la sorveglianza fosse partita prima di quanto affermato. Un elemento che pone, ancora una volta, la polizia e gli apparati di sicurezza egiziani al centro del caso dell'omicidio di Giulio Regeni. Ulteriore elemento a riprova di questa tesi sono i segni lasciati sul corpo, tra cui l'incisione di lettere sulla pelle, un sistema che viene spesso denunciato tra i metodi di tortura utilizzati dalla polizia; come riportato nel mese di aprile in un'inchiesta di "Reuters", sembra che la sera del 25 gennaio 2016 Giulio sia stato prelevato nei pressi della fermata della metro Nasser (in linea con le dichiarazioni di alcuni testimoni), condotto ad una stazione di polizia e poco dopo trasferito in una struttura gestita dalla Sicurezza nazionale, nonostante il Governo neghi di averlo mai avuto in custodia. Quello che è successo in seguito è leggibile sul corpo martoriato del ricercatore, che la madre ha potuto riconoscere "solo dalla punta del naso": oltre ai tagli, varie fratture, segni di scariche elettriche sugli organi genitali, colpi sotto la pianta dei piedi, bruciature, emorrargie. Torture condotte da professionisti che si sono concluse soltanto con la sua morte, avvenuta una settimana dopo; un trattamento che, come denuncia l'associazione "Amnesty international", colpisce moltissimi cittadini egiziani, con una media di 3-4 persone al giorno vittime di sparizioni forzate; a giudizio degli interroganti il Governo italiano si è mosso finora con sin troppa cautela nell'ambito dei suoi rapporti con il Governo egiziano, limitandosi a richiamare per consultazioni l'ambasciatore in Egitto, poco dopo sostituito da Giampaolo Cantini. Nel corso delle ultime settimane, tra l'altro, è sembrato che il Ministro in indirizzo annunciasse un probabile rientro dell'ambasciatore, grazie a quelli che al Presidente del Consiglio dei ministri Gentiloni ha definito come "alcuni risultati"; l'unico risultato accettabile sarà tuttavia quello che genitori, parenti, amici e centinaia di migliaia di cittadini nel mondo chiedono con determinazione da un anno: la verità, per Giulio Regeni, si chiede di sapere: quale sia lo stato attuale delle indagini circa il rapimento, la tortura e l'omidicio del ricercatore Giulio Regeni, soprattutto in merito al coinvolgimento delle autorità egiziane; se il Ministro in indirizzo intenda realmente procedere alla normalizzazione dei rapporti con l'Egitto, attraverso il rientro dell'ambasciatore italiano, nonostante il comportamento a giudizio degli interroganti indegno tenuto dalle autorità egiziane che, ancora oggi, conducono una campagna denigratoria sulla memoria di Giulio Regeni, sottintendendo un possibile legame tra la sua morte e rapporti con i servizi segreti di qualche Stato; quali ulteriori iniziative intenda mettere in atto, al fine di fare pressione sulle autorità egiziane, affinché emerga la completa verità sulla vicenda; se non reputi minata la credibilità dello Stato italiano, a causa della mancanza di una legge sul reato di tortura e quali iniziative intenda mettere in atto, per quanto di sua competenza, per contribuire alla ripresa del dibattito nazionale in merito. (3-03432)

 
Cronologia
venerdì 20 gennaio
  • Politica estera ed eventi internazionali
    Si insedia alla Casa Bianca il 45° Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

mercoledì 25 gennaio
  • Parlamento e istituzioni
    La Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale della legge 6 maggio 2015, n. 52 (elezione della Camera dei deputati), per quanto riguarda il meccanismo del ballottaggio e l'opzione di scelta del collegio di elezione in caso di candidatura plurima.

mercoledì 1° febbraio
  • Parlamento e istituzioni

    La Camera approva il disegno di legge recante delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza (C. 3671-bis), che sarà licenziato definitivamente dal Senato l'11 ottobre (legge 19 ottobre 2017, n. 155).