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Portale storico della Camera dei deputati

Documenti ed Atti

XI Legislatura della repubblica italiana

MOZIONE 1/00017 presentata da TREMAGLIA PIERANTONIO MIRKO (MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE) in data 19920525

La Camera, preso atto che la situazione in Bosnia-Erzegovina e in tutta la ex Repubblica jugoslava ha raggiunto dimensioni di una catastrofe che sconvolge ogni equilibrio politico e provoca massacri quotidiani, mentre il mondo fa finta di non vedere e di non sentire; premesso: che vi e' un esodo di oltre un milione di persone che invoca aiuto e, sul piano dei rapporti internazionali, vi e' la dimostrazione dell'incapacita', oltre che insensibilita', delle Nazioni Unite e in particolare dell'Europa. Ai confini dell'Italia vi e' una guerra di spaventose proporzioni tra i popoli della ex Jugoslavia e nessuno e' stato in grado, sino ad oggi, di intervenire concretamente per fermare le aggressioni e il conflitto; che e' da registrare l'esito della risoluzione dell'ONU giunta alle sue conseguenze con una vergognosa ritirata dai Caschi Blu; che dopo essere corsi al riconoscimento di Slovenia e di Croazia, vi era un compito da parte dell'Europa e in specie da parte dell'Italia: quello di procedere alla sistemazione degli altri Stati che volessero l'indipendenza, ma la Comunita' internazionale doveva imporre il rispetto di regole, di diritti e di doveri che valgono per tutti i Paesi civili del mondo; cosi' non e' avvenuto. Non si e' "osato" porra in discussione i confini delle Slovenia e della Croazia per difendere l'italianita' dell'Istria e della Dalmazia e per rimettere in discussione la restituzione dell'Istria e della Dalmazia all'Italia, considerato che ormai sono cessati tutti gli effetti della seconda guerra mondiale e che non esiste piu' la Repubblica socialista di Jugoslavia. Non si e' voluto valutare che, sul piano del diritto internazionale, vanno dichiarati decaduti e dunque nulli tutti i trattati che sono stati stipulati e sottoscritti tra l'Italia e la Jugoslavia, il trattato di pace del 1947 e il trattato di Osimo del 1975, essendo venuto meno lo interlocutore politico e di diritto internazionale che era la Jugoslavia. Ai confini terrestri e marittimi dell'Italia sono sorti due nuovi Stati con i quali dovevano essere discussi i nuovi rapporti, essendo due entita' statuali completamente diverse dalla Repubblica jugoslava e oggi esiste una realta' completamente difforme da quella del 1945 ed essendo scomparso il ruolo internazionale che aveva allora la Repubblica federale jugoslava. E' un discorso che non e' stato fatto ma che deve essere subito ripreso. Cosi', in questi termini assurdi, ci si e' comportati anche nei confronti degli altri grandi problemi che sono sorti a causa della disintegrazione dello Stato jugoslavo: non si e' voluto trattare dei nuovi confini interni che oggi dividono i nuovi Stati sovrani, abbandonando le minoranze ai propri destini e lasciando che il caos divenisse il principale attore di queste terribili vicende, mentre e' apparso spaventoso il vuoto lasciato dall'Europa. Gli "eserciti regolari e non" hanno seminato morte e terrore ovunque e le responsabilita' coinvolgono in particolare il regime di Belgrado che vuole rappresentare la continuita' con la Repubblica federala jugoslava. Questa e' la premessa che va analizzata in profondita' per passare dalle dichiarazioni e risoluzioni ad un intervento operativo, perche' si tratta di dare un nuovo volto ai territori balcanici, fermando a tutti i costi questo eccidio che e' contrassegnato dalla barbarie, dall'impotenza e dalla rinuncia; impegna il Governo: 1) a rompere ogni rapporto diplomatico con i rappresentanti della ex Repubblica jugoslava che non esiste piu' come entita' statuale, territoriale, politica e legislativa, ritirando la nostra rappresentanza diplomatica da Belgrado; 2) a non riconoscere la nuova Repubblica che ha la denominazione di Repubblica federale jugoslava perche' non ha quei requisiti sufficienti e necessari per poter convivere nel consesso civile dei popoli e degli Stati; 3) a non accettare le situazioni di fatto che si sono create, dopo la caduta dalla Jugoslavia, ma di porre il problema del regolamento definitivo dei confini tra i nuovi Stati, determinando il ritorno dei profughi nelle terre di origine; impegna altresi' il Governo: a rimettere in discussione, nel quadro dei nuovi equilibri europei e dopo la riunificazione tedesca, l'indipendenza dei Paesi baltici, la restituzione della sovranita' ai Paesi dell'Europa dell'Est, la questione della "riunificazione italiana" con la restituzione dell'Istria e della Dalmazia all'Italia; di fronte alla tragedia di intere popolazioni in fuga dalle loro terre, a porre in atto un grande piano di emergenza e di aiuti internazionali, concordato in sede CEE, assegnando quote di profughi per ogni paese europeo; per porre fine alla guerra in atto e per costruire un nuovo ordine tra gli Stati dell'ex Jugoslavia, a chiedere al Consiglio di Sicurezza dell'ONU di adottare dure sanzioni contro i responsabili di questa sciagura e di queste distruzioni che mettono in pericolo la pace, di decretare l'embargo economico e militare nei confronti delle Repubbliche di Serbia e Montenegro e di quanti si dovessero ribellare alle decisioni dell'ONU, con l'interdizione dello spazio aereo e marittimo della ex Jugoslavia a qualsiasi velivolo o nave militare e commerciale finche' ogni esercito non si sia ritirato dalle posizioni conquistate e sia cessato ogni conflitto e spargimento di sangue. (1-00017)

 
Cronologia
sabato 23 maggio
  • Politica, cultura e società
    Il giudice Giovanni Falcone resta ucciso in un gravissimo attentato di mafia a Capaci, nei pressi di Palermo. Falcone già capo del pool antimafia in Sicilia e direttore degli affari penali del Ministero della giustizia perde la vita insieme alla moglie, il magistrato Francesca Morvillo e a tre uomini della scorta.

lunedì 25 maggio
  • Politica, cultura e società
    A Palermo ai funerali di Giovanni Falcone, della moglie e della scorta partecipano migliaia di persone e i più alti rappresentanti del mondo politico, che vengono duramente contestati dalla cittadinanza.

mercoledì 3 giugno
  • Parlamento e istituzioni
    Al quinto scrutinio e con 360 voti, è eletto Presidente della Camera Giorgio Napolitano.