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Portale storico della Camera dei deputati

Documenti ed Atti

XI Legislatura della repubblica italiana

MOZIONE 1/00076 presentata da TREMAGLIA PIERANTONIO MIRKO (MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO - DESTRA NAZIONALE) in data 19920917

La Camera, premesso che: la volonta' del Movimento Sociale Italiano per la costruzione della Europa ha trovato coerente dimostrazione nella votazione di tutti gli strumenti europeistici, dal Trattato di Roma allo SME e agli atti successivi, superando posizioni del tutto insufficienti ma ricercando di ottenere una funzione e un ruolo europeo in un nuovo ordine che sino ad oggi e' mancato; il Movimento Sociale Italiano ha sempre auspicato una unita' europea che fosse pilota della integrazione non solo economica e delle necessarie aggregazioni, rafforzando i legami interni attraverso il completamento del Mercato unico e di una articolata Unione economica e monetaria; per questo ha richiesto le revisioni istituzionali per poteri piu' incisivi alla Commissione Esecutiva e al Parlamento Europeo e una proiezione politica diversa, in correlazione alle mutate condizioni dell'Europa Orientale e alle nuove strategie; il traguardo dell'unione politica deve raggiungersi attraverso una Confederazione degli Stati europei, perche' mai come oggi le vicende del nostro continente passano attraverso il rispetto e la esaltazione della Storia, delle tradizioni delle nazionalita', cosi' come attraverso il coordinamento degli interessi economici sociali e finanziari dei singoli Paesi europei; l'attuazione di tale finalita' si persegue tenendo conto dei nuovi confini, delle nuove realta' e aspirazioni di tutti i popoli nel rivedere trattati ingiusti, a loro imposti e recuperare cosi' la propria sovranita' e indipendenza, in modo da giungere agli appuntamenti definitivi europei nelle condizioni di parita'; riconfermando l'indispensabile quadro per la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, insistendo nella validita' delle gia' sperimentate forme di associazioni regionali, con convenzioni speciali tra i paesi dell'Europa Occidentale e i paesi dell'Europa Centro-Orientale, per impostare sin da ora e per l'avvenire il piu' vasto e completo accordo internazionale europeo con i paesi dell'Europa dell'Est; su un piano istituzionale il Movimento Sociale Italiano ha posto il problema di rivedere i poteri legislativi e di controllo della Commissione Esecutiva e del Parlamento Europeo in una riforma delle istituzioni comunitarie che deve essere capace di interpretare le trasformazioni in atto per uno sviluppo giusto ed equilibrato del mercato interno e della unita' economica e monetaria, con particolare attenzione al quadro sociale, respingendo ogni tentativo, oggi drammaticamente presente di sopraffazioni da parte di un paese comunitario contro gli altri, con immense speculazioni finanziarie; il Movimento Sociale Italiano ha altresi' prospettato a suo tempo un memorandum contenente strategie e programmi per attuare la volonta' espressa dai cittadini appoggiando il referendum di indirizzo per il Parlamento Europeo; anche per una comune politica estera europea, per introdurre il voto di maggioranza nella elezione del Presidente del Consiglio, per prevedere una intesa associativa con i paesi dell'EFTA, per fissare i principii onde realizzare uno spazio giuridico europeo basato sulla democrazia rappresentativa e partecipativa, cosi' come sul riconoscimento delle identita' nazionali, con forme piu' intense di collaborazione culturale economica e scientifica e per valorizzare in questo quadro il Consiglio d'Europa e l'UEO, anche qui contro ogni forma di direttorio, ma per ripristinare una vera comunita' europea della difesa; il MSI ha dunque sostenuto dall'inizio della sua storia l'idea europea. L'idea di una Europa che pero' non fosse soltanto una zona di mero scambio, una area legata solo da interessi economici, ma una unione di Stati diversi e sovrani che trovassero insieme la forza e la volonta' di darsi una politica comune, una unita' di intenti e leggi che garantissero che "la politica" non fosse dominata dalla economia, quale sistema fine a se stesso. Il Trattato di Maastricht, nella sua formulazione astratta, ricerca una strada di piu' salda coesione politica, in quanto vuole ampliare le competenze della comunita' nei vari settori della politica economica, monetaria, dello spazio sociale, della politica industriale, della formazione professionale, della cultura, della sanita', della tutela dei consumatori, delle reti transeuropee di trasporti telecomunicazioni ed energia, della cooperazione allo sviluppo, della politica estera e della sicurezza comune. Ma ci si avvicina a Maastricht in una situazione di crisi totale, di impreparazione e di emergenza tale da dover rivedere tutti i problemi della nostra adesione al Trattato, in quanto siamo in condizioni fallimentari e disastrose che colpiscono direttamente gli interessi del popolo italiano; questo e' avvenuto per colpa grave del sistema e dei governi che ci hanno condotto ormai verso il precipizio. Il debito pubblico che supera del doppio il limite posto dalle clausole di Maastricht nel rapporto con il PIL ci pone fuori automaticamente dall'Unione Monetaria; la nostra vicenda economico-finanziaria che ci riduce in condizione di netta inferiorita' nei confronti degli altri paesi della Comunita' e relegati agli ultimi gradi della competitivita' internazionale; e la esplosione della criminalita' organizzata ha fatto si' che le inchieste del Parlamento Europeo ci abbiano giudicato come "culla del crimine" mentre il sistema politico italiano ormai asfittico e caduto definitivamente persino nel degrado morale ci riconduce al discorso di fondo che l'Italia non e' piu' sullo stesso piano degli altri paesi europei; questa e' una constatazione, certamente essenziale, per comprendere, anche sotto questo aspetto, che per le importantissime deliberazioni sul Trattato di Maastricht non e' sufficiente rivolgersi alla classe politica, ormai giudicata dimissionaria e comunque delegittimata, ma occorre direttamente appellarsi al popolo sovrano; sono gravi le responsabilita' per questo stato di inferiorita', causato dalla classe dirigente politica e dal sistema partitocratico, confrontando l'esistente con gli altri popoli europei, ricordando che da parte della Comunita' l'Italia ha dovuto subire diffide ultimative e che il nostro Governo oggi continua a richiedere immensi sacrifici in ogni settore della vita nazionale ai cittadini, senza peraltro trovare una soluzione alla crisi; non si puo' dunque parlare di ratifica del Trattato di Maastricht senza avere posto completamente il problema delle riforme e del rinnovamento istituzionale che possa rendere pronta la Nazione italiana, con una partecipazione diretta delle categorie, ad affrontare, nella pari dignita' e uguaglianza di diritti tutte le questioni che vengono proposte per la creazione dell'Europa unita'; se e' dunque vero che il Trattato di Maastricht determina innanzitutto un primo problema di carattere costituzionale che riguarda la limitazione della nostra sovranita', perche' deve essere affermata in assoluto la parita' dello Stato italiano con gli altri Stati europei, il Governo deve assumere l'impegno che, definitivamente cancellati gli accordi di Yalta, debbano ritenersi annullate le conseguenze della 2^ Guerra Mondiale, cosi' come e' avvenuto per tutti quanti gli altri Stati europei, dai paesi baltici alla Germania, ai paesi dell'Europa Orientale; l'Italia deve quindi ridiscutere il problema dei suoi confini orientali, con la richiesta di restituzione dell'Istria e della Dalmazia, atteso che peraltro non esistono piu' ne' gli equilibri politici del nostro continente, ne' giuridicamente su un piano internazionale la Jugoslavia, che non e' piu' interlocutore, ne' titolare di qualsiasi diritto e rapporto internazionale; sono da ritenersi cosi' decaduti sia il Trattato di Pace del 1947, sia quello di Osimo del 1975; A) Ancora in termini costituzionali: A.1) la ratifica del Trattato di Maastricht comporta scelte correttamente definite "epocali" per l'intera Nazione e determinanti per il nostro futuro; A.2) il Trattato comporta la "devoluzione di competenze dal piano nazionale a quello europeo in settori fondamentali, quale e' la moneta, la sicurezza interna, la politica estera e in prospettiva la difesa"; A.3) il Trattato definisce tale processo di trasferimento della sovranita', nell'ambito della costruzione del nuovo organismo politico, come "irrevocabile ed omnicomprensivo", tanto da imporre scadenze prefissate sino al 1999; A.4) con tale Trattato pertanto avverra' una sostanziale devoluzione di sovranita' economica e politica dall'Italia ad un nuovo organismo internazionale, quale dovra' essere l'Unione Europea prevista quale esito finale del processo. In particolare - con la ratifica - lo Stato si obbliga a trasferire al sistema delle Banche centrali prima e alla Banca Centrale Europea (BCE) poi fondamentali prerogative sovrane in ordine al controllo dei flussi monetari, ed infine alla stessa emissione della moneta con la rinuncia da parte della Repubblica italiana ad emettere ed avvalersi di una propria moneta nazionale; A.5) la perdita della sovranita' in ordine ad una delle prerogative essenziali di qualsiasi Stato, quella monetaria, comporta certamente di per se' una grave perdita di sovranita' politica; A.6) tramite la BCE la competenza a stabilire gli indirizzi strategici della politica economica dei singoli Stati nazionali non spetterebbe piu' ai singoli governi e parlamenti, ma alla Commissione, organo nei confronti del quale non esistono strumenti di controllo diretto, ma unicamente procedure indirette e mediate di consultazione e ricorso ad altre istanze comunitarie; A.7) anche in altri settori di fondamentale importanza e rilevanza per la vita dei cittadini, il Trattato impone delle scelte di immediata rilevanza giuridico-costituzionale; in particolare, laddove si recepisce nell'ordinamento una nuova figura e forma di cittadinanza, che parifica i cittadini degli Stati nazionali componenti l'Unione, e riconosce loro diritti di libera circolazione, di residenza, di insediamento, ed altresi' di partecipazione alle scelte politiche a livello amministrativo e locale, con il riconoscimento del diritto di voto per le elezioni politiche europee ed amministrative; A.8) il Trattato riconosce e tutela il "principio di sussidiarieta'", nei rapporti tra istituzioni dell'Unione e Stati nazionali, la cui interpretazione dovra' pero' essere meglio e piu' esattamente determinata, nel senso di garantire alla azione dell'Unione solamente uno spazio residuale, riservando agli Stati nazionali la competenza primaria a decidere delle proprie politiche; A.9) il Governo non ha ad oggi ancora indicato quali possono essere i termini della revisione costituzionale, che appare indispensabile per poter correttamente recepire nel nostro ordinamento interno, le norme del Trattato che incidono sulla sovranita', sia in termini di legittimita' formale che sostanziale. Non e' certamente superabile l'articolo R, titolo 6^, delle disposizioni finali laddove letteralmente cosi' si pronunzia: "il presente Trattato sara' ratificato dalle Alte Parti Contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali", il che sta a significare che non si puo' giungere alla Ratifica se prima non si e' provveduto alle revisioni indispensabili, proprio di natura costituzionale, dell'ordinamento italiano nei confronti di disposizioni, contenute nel Trattato e che possono violare la nostra Costituzione. E' il caso della parita', della cittadinanza, della unita' monetaria, sottolineando come, ad esempio in virtu' del "protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord", e' concesso al paragrafo 4 di mantenere la propria sovranita' monetaria e di non passare alla terza fase della unificazione economica; A.10) in particolare, non sono precisate nel Disegno di legge di ratifica, le modalita' perche' siano garantite le "condizioni di parita' con gli altri Stati", sancite dall'articolo 11 della Costituzione italiana quale limite invalicabile per acconsentire a limitazioni alla nostra sovranita' nazionale; B) in termini economici e sociali: B.1) e' comune la consapevolezza con l'informazione tra i cittadini italiani, fra le Associazioni e le categorie produttive sui reali termini del Trattato, sulle sue prospettive e sulle implicazioni della costituenda Unione, sia assolutamente insufficiente, come d'altra parte e' confermato da sondaggi di opinione secondo i quali gli italiani sarebbero, fra gli europei, i meno informati in ordine ai reali termini del Trattato per l'Unione Europea; B. 2) da piu' parti e' stata sottolineata l'estrema durezza delle condizioni in termini economici e di bilancio, che dovranno essere rispettate per accedere, da parte del nostro Paese, alle diverse fasi dell'Unione. In particolare, e' noto che la riduzione del deficit di bilancio annuo dello Stato ad una percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL) pari al 3 per cento imporra' una drastica riduzione delle spese pubbliche, con il rischio di conseguenze sociali drammatiche e pesantissime conseguenze sulla occupazione, per una situazione gia' di estrema difficolta' come quella che sta vivendo il nostro Paese, soprattutto in relazione ai fabbisogni finanziari dello Stato. Anche la riduzione del rapporto fra debito pubblico interno lordo al 60 per cento e' riconosciuto unanimemente come un obiettivo irrangiungibile nel medio periodo, in considerazione dei dati attuali della nostra situazione economica; la sola riduzione entro il 1996 di tale rapporto al di sotto del 100 per cento imporrebbe una contrazione delle spese probabilmente non sopportabile, impedendo la crescita economica del Paese e causando cosi' la riduzione in termini reali del PIL; B.3.) da parte di numerosi e qualificati osservatori internazionali, si e' ipotizzata una riduzione della crescita del PIL nei Paesi della Comunita' sino al 1995, quale immediata conseguenza delle misure del Trattato di Maastricht che per l'Italia potrebbe avere caratteristiche drammatiche, con cali del PIL mediamente intorno al 2 per cento dal 1993 sino al 1996; B.4) diverse associazioni di produttori, imprenditori e di professionisti hanno manifestato gravi perplessita' in ordine alla sottovalutazione sino a qui compiuta, sulle conseguenze che tali ricadute economiche e sociali negative potrebbero avere su di un sistema gia' cosi' debole e provato quale quello italiano; B.5) uno dei passaggi piu' difficili ci riporta alla situazione dell'agricoltura italiana e alla necessita' di una riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) poiche' in Italia e' purtroppo rilevabile una arretratezza strutturale delle aziende dalla quale derivano condizioni di marginalita' che conduce alla conseguenza della contrazione degli addetti al settore agricolo impedendo cosi anche un processo di rinnovamento tecnologico; cosi' anche in questo settore non potremo essere competitivi. In questo contesto il Mercato Unico del 1993, la liberalizzazione di scambi a livello mondiale nonche' la fine della protezione a livello comunitario puo' segnare un momento di crisi irreversibile per l'intero comparto con gravissime ricadute sull'Economia Nazionale (secondo recenti indagini - Prometeia - sono a rischio i posti di 200 mila lavoratori nei prossimi anni in settori diversi con l'aumento del divario Nord-Sud, per non parlare, della prima occupazione, per la quale le difficolta' sono ovviamente maggiori); e debbono chiudere 800 mila aziende agricole, su 1.300.000; l'intesa raggiunta fra i Ministri Agricoli CEE per la riforma della Politica Agricola Comune, che si concretizza nella conservazione della situazione esistente ed e' carente di indicazioni sulla soluzione ai numerosi problemi agricoli attuali e prevedibili nel prossimo futuro, appare estremamente penalizzante per la nostra economia e compromette la coesione economica e sociale tra le diverse regioni CEE; Il problema dell'agricoltura italiana, di per se' gravissimo, deve subire da anni la politica comunitaria delle quote nella produzione e nella commercializzazione del latte, cosicche' di fronte ad una produttivita' di circa 12 milioni di quintali di latte, al nostro paese e' concessa una quota di circa 9 milioni con la conseguenza di un grave abbattimento del bestiame. Di contro, ed e' questo paradossale, le necessita' di consumo della popolazione comportano una importazione di latte, quasi tutto dalla Germania, di circa il 40 per cento del nostro fabbisogno. Anche questo e' un esempio di notevole pesantezza di come vanno riequilibrate le situazioni e vanno negoziate le questioni della nostra "debolezza europea"; B.5) i problemi dell'immigrazione extracomunitaria: l'immigrazione extracomunitaria e quella clandestina costituiscono uno dei gravi problemi non piu' controllabili. Aperte le frontiere interne dell'Europa noi subiamo le conseguenze lassiste delle altre legislazioni perche' l'accordo di Schengen, che internazionalizza il problema con una azione sui confini dell'Europa, non ha alcuna efficacia nei rapporti interni tra gli Stati. Non e' quindi possibile restare con le situazioni esistenti in Italia, ma potremo subi're ulteriori invasioni, con forti squilibri nell'ordire e nella occupazione, con situazioni senza limite per i risvolti nella criminalita' e nella droga, senza poter opporre nemmeno i criteri della nostra legge. E poiche' tale tipo d'immigrazione gode di una disparita' di trattamento secondo i diversi Stati, attraverso la libera circolazione, sposta tutti i parametri economico e sociali, e per quelli che hanno ottenuto la resi'denza, determina persino degli spostamenti elettorali. Questa cosi' complessa, difficile e pericolosa situazione va rinegoziata prima che sia troppo tardi; B.7) l'Europa e le Regioni: una situazione equivoca, una contraddizione dei gradi di legittimita' che e' caratteristica del progetto di Maastricht che auspica una partecipazione politica del cittadino a tre differenti livelli: il livello europeo, il livello nazionale e quello regionale che appare per la prima volta su un piano internazionale, con la creazione di un Comitato delle Regioni. Non e' sufficiente il dire che i poteri conferiti sono in un contesto consultivo, perche' e' innegabile che si vanno creando ai confini degli Stati membri delle nuove realta', quella dei poteri regionali che "saltano" le frontiere stesse degli Stati per dare corso a loro relazioni internazionali che talvolta si confondono con una vera e propria politica estera. E con una situazione di cronica e spaventosa debolezza del nostro Governo, in un sistema dove esiste il predominio della partitocrazia, diviene difficile evitare che tali trasversalita' regionali degradino in un disfacimento territoriale nazionale e impingano una loro funzione ed iniziativa determinante; C. In termini di politica internazionale: C.1) a livello internazionale, le riserve apposte al Trattato da parte di altri Paesi della Comunita', sottolineano come ogni Stato nazionale abbia legittimamente cercato di preservare propri interessi e specifiche peculiarita', mentre l'Italia sembra avere dimenticato l'esigenza di preservare propri diritti, ad esempio in ordine alla possibile revisione dei confini orientali, cosi' come abbiamo sopra sostenuto, ed alla propria liberta' ed iniziativa politico-diplomatica; C.2) la Danimarca ha votato no alla Ratifica per mezzo di un referendum che ha espresso direttamente la volonta' del popolo danese; C.3) anche la Francia ha responsabilmente deliberato di sottoporre una scelta di tale importanza per il proprio futuro a una decisione popolare, tramite referendum; C.4) il Parlamento inglese ha rinviato ad autunno, dopo il referendum francese, il dibattito sulla ratifica del Trattato di Maastricht; C.5) non appare corretto ipotizzare che il processo di ratifica ed entrata in vigore del Trattato di Maastricht possa continuare nonostante il no di uno dei Paesi sottoscrittori, senza che prima vi sia stata una necessaria revisione; C.6) l'intero processo per giungere all'Unione Europea appare ispirato da una logica secondo la quale le scelte economiche possano determinare e condizionare le scelte politiche fondamentali, quali la Costituzione e la vita di un nuovo organismo comunitario, e non - a contrario - siano le determinazioni politiche a imporre i mezzi economici per la loro realizzazione; C.7) in tal senso, la preminenza che viene assegnata in sede di Trattato alla costituzione del sistema centrale delle Banche europee, dell'Istituto Monetario Europeo ed infine della Banca Centrale Europea, dimostra la volonta' di realizzare i mezzi di esecuzione di una politica, senza che tale politica sia precisamente definita nei suoi principii ispiratori; C.8) in particolare, alla BCE viene riconosciuta una indipendenza dai singoli Governi nazionali tale da sottrarre a qualsiasi controllo della politica monetaria, con il rischio di affidare la sua gestione ad un ristretto corpo di natura tecnica, con un potere il limitato; C.9) anche da parte di rappresentanti del Governo si e' evidenziato, all'interno delle scelte espresse dal Trattato, cio' che e' stato definito "un deficit democratico", per esprimere la mancanza di riscontri e verifiche politiche precise, riguardo alle azioni perseguite dal Trattato stesso; D) sulla necessita' di un referendum consultivo: D.1) nel nostro passato, allorche' si tratto' di affidare nuove funzioni al Parlamento Europeo, non si esito' a promulgare con legge costituzionale (la legge costituzione 3 aprile 1989 n. 2) un referendum consultivo. Con la legge costituzionale del 3 aprile 1989, citata, possiamo dire che e' stato introdotto nel nostro ordinamento, che lo ha recepito formalmente, "il referendum d'indirizzo" cioe' la richiesta di consultazione che ha la caratteristica demandata al popolo sovrano di dare un orientamento su una materia specifica d'interesse generale. Si intende sottolineare quanto allora avvenuto perche' di grande valore giuridico, non essendo stato previsto sino ad allora quel tipo di referendum consultivo, in quanto il Referendum popolare, cosi' come si legge nell'articolo 75 della nostra Costituzione, serve esclusivamente per deliberare l'abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge. Ne' e' possibile il referendum di autorizzazione a ratificare Trattati internazionali ed e' proprio per questo motivo che gia per quella vicenda si qualifico' il referendum come indirizzo e non per decidere o meno di un Trattato. Legittimata cosi' la richiesta dal gruppo del MSI di referendum consultivo, dato il precedente citato della legge 3 aprile 1989 n. 2, non occorre piu' una nuova legge costituzionale, ma una ordinaria per sottoporre al popolo il seguente quesito: "Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunita' Europee in una effettiva Unione, cosi' come descritta nel Trattato firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ?". Si rileva che si tratta dell'identico quesito formulato per il referendum di cui alla legge costituzionale 3 aprile 1989, nella parte sostanziale dove vi e' una identita', cosi' da togliere, anche sotto questo aspetto di carattere formale, qualsiasi dubbio interpretativo sulla regolarita' e liceita' del referendum che noi richiediamo, mutando soltanto il riferimento al metodo di come passare dalla Comunita' ad una effettiva Unione; D.2) non appare ne' logico, ne' sostanzialmente comprensibile, che si sia deciso di sottoporre al popolo sovrano una scelta di tipo istituzionale, certamente rilevante, ma che non incideva in alcun modo nelle prerogative, nell'ordinamento, e nelle attribuzioni dello Stato italiano, ed a contrario non sottoporre analogamente alla pronuncia della volonta' popolare, una decisione ben piu' gravida di conseguenza come quella rappresentata dalla Ratifica del Trattato ci Maastricht, con la quale la Repubblica italiana si impegnerebbe, per i prossimi anni, a trasferire ad altri soggetti proprie attribuzioni, ed accetterebbe pesantissimi vincoli alla propria liberta' di programmazione economica e sociale; D.3) la decisione di aderire alla costituenda Unione Europea non puo' essere affrontata in termini di parte, ne' come risultato di una semplice espressione maggioritaria, ma dovrebbe coinvolgere la volonta' autentica del popolo, al di la' ed oltre degli schieramenti delle forze politiche in una vasta, corale, convinta e meditata discussione fra tutti i corpi sociali, le categorie, le associazioni professionali, i soggetti sociali, perche' tutti siano consapevoli della rilevanza delle decisioni assunte; D.4) da piu' parti in Italia e dall'estero, si e' denunciata "la astrattezza" del progetto di costruzione dell'Unione cosi' come rappresentato ed espresso dal Trattato di Maastricht, e si e' constatata la assenza di una autentica mobilitazione delle coscienze e delle volonta', ed una preoccupante carenza di tensione ideale, nel raggiungimento dell'obiettivo dell'unita' europea; D.5) in alternativa alla pura e semplice ratifica del Trattato, sono ipotizzabili altri programmi per ampliare la Comunita', e contemporaneamente promuovere nuove intese fra Stati, nell'ambito comunitario, per la promozione di politiche estere comuni, e di iniziative comuni per la difesa; D.6) e' comunque possibile, in presenza del no della Danimarca, valutare le forme e i modi di rinegoziazione del Trattato; D.7) preliminarmente alla Ratifica del Trattato, appare indispensabile ed ormai acquisito alla coscienza comune dei cittadini procedere a riforme istituzionali che consentano all'Italia di superare la gravissima crisi politica, economica e sociale, che stiamo vivendo; non appare pensabile che momenti di tale delicatezza e difficolta', come quelli che una riforma costituzionale interna comporterebbe, possano sovrapporsi e complicarsi con le ulteriori e gia' previste difficolta' che il rispetto dei vincoli comunitari imporrebbe; D.8) pertanto appare logicamente e storicamente preferibile procedere prima alla riforma costituzionale per la quale e' stata recentemente costituita una apposita Commissione bicamerale, ed in seguito - alla luce delle decisioni e del nuovo assetto istituzionale che l'Italia assumera' - valutare forme e modi di adesione all'Unione Europea, impegna il Governo 1) a proseguire nel cammino della costruzione delle Confederazioni degli Stati europei; 2) prima di giungere alla Ratifica del Trattato di Maastricht, a prendere le iniziative opportune attraverso tutti i mezzi informativi e di comunicazione di massa per dare corretta ed approfondita conoscenza del Trattato stesso al popolo italiano; 3) a rinegoziare le clausole che sono indicate nelle premesse e che sono fortemente penalizzanti per la Nazione italiana, per la nostra sovranita' e per i nostri interessi economici; 4) a promuovere tutte le revisioni costituzionali che appaiono indispensabili per poter aderire alla normativa che non puo' essere recepita dal nostro ordinamento senza le modifiche della nostra Costituzione; 5) a ritenere indispensabile un referendum consultivo sul Trattato, mediante il quale sottoporre al popolo - unico detentore della sovranita' - il quesito sulla Ratifica del Trattato, anche quale occasione per un vasto dibattito sulle effettive conseguenze ed il significato che la adesione al progetto di costruzione dell'Unita' europea comportera'. (1-00076)

 
Cronologia
mercoledì 16 settembre
  • Politica, cultura e società
    In una situazione di caos crescente dei mercati finanziari, Italia e Regno Unito escono dallo SME e decidono di far fluttuare liberamente le proprie valute.

mercoledì 23 settembre
  • Parlamento e istituzioni
    Vengono nominati i senatori e i deputati componenti la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, che sarà presieduta dal deputato Luciano Violante.