Documenti ed Atti
XII Legislatura della repubblica italiana
RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00004 presentata da GUERRA MAURO (RIFONDAZIONE COMUNISTA - PROGRESSISTI) in data 19940803
La Camera, esaminato il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 1995-1997; presentato dal Governo in data 22 luglio 1993 considerato che: l'economia italiana ha registrato ultimamente elementi positivi quali il recente forte incremento della produzione industriale, il miglioramento dei nostri conti con l'estero con l'esclusione della bilancia valutaria del mese di giugno che indica un uscita di capitali dal nostro Paese in seguito alle difficolta' del governo e della maggioranza, il tasso d'inflazione intorno al 4 per cento, ed in ulteriore discesa malgrado una forte svalutazione della lira, ma resta aperto, ed anzi strutturalmente si aggrava, il primo dei problemi: il permanere di una forte disoccupazione di massa. Non solo, permane anche il differenziale dei tassi d'interesse con le altre nazioni occidentali con una economia piu' solida (tre punti e mezzo in piu' rispetto alla Germania), differenziale che - come e' noto - misura il "rischio paese", ossia la mancanza di fiducia nella nostra moneta. Un differenziale dovuto all'ammontare dello stock accumulato del debito pubblico e alla sua influenza sui movimenti di capitali nazionali ed esteri. Hanno pesato sull'economia del nostro Paese le politiche redistributive attuate tramite l'indebitamento pubblico e il conseguente alto livello degli interessi da pagare, l'assenza di una politica industriale, le scarse risorse messe a disposizione della ricerca e dell'innovazione, la bassa qualita' dei servizi e delle infrastrutture piu' moderne, nonche' la diffusione generalizzata della corruzione. E' concreto per il nostro Paese il rischio di un processo di deindustrializzazione nell'ambito di un nuovo riassetto dell'economia mondiale e, nel contempo, il rallentamento della costruzione politico-economica dell'Unione europea. Le politiche di rientro dal debito dei governi Amato e Ciampi - pur agevolate da un rapido, ed in parte imprevisto, calo dei tassi di interesse determinato dalla congiuntura internazionale - hanno determinato un incremento notevole della pressione fiscale sul lavoro dipendente e ampi tagli alla previdenza pubblica e alla sanita' penalizzando fortemente i ceti popolari senza affrontare la questione del servizio del debito e dunque senza intaccare le posizioni di rendita largamente responsabili del cospicuo ammontare del deficit del bilancio dello Stato. La politica economica delineate dal Governo attuale nel DPEF non solo non rappresenta una svolta rispetto alle politiche del passato, ma tende a perpetuarle, sia pure con alcune differenze di rilievo. Si ripropone una politica classica per il nostro Paese, di sostegno al ciclo economico basata sul restringimento del mercato interno e del potere d''acquisto delle famiglie tramite il taglio del valore reale delle retribuzioni e delle pensioni, il rilancio delle grandi opere pubbliche e delle esportazioni di prodotti a basso-medio contenuto tecnologico, senza la capacita' di misurarsi con gli altri paesi sviluppati e con una strumentazione adeguata sui terreni oggi decisivi: telecomunicazioni, risanamento ambientale, innovazione di prodotto. Ne' il Governo propone una qualunque misura per limitare il peso degli interessi sul debito che non sia la solita politica del "circolo virtuoso" la quale consiste nel determinare un avanzo primario con la riduzione delle spese sociali e l'incremento delle entrate tramite misure una tantum dal gettito incerto quali i condoni. Le stesse misure per favorire l'occupazione cosi' come sono state concretamente configurate daranno luogo a manovre speculative da parte degli imprenditori determinando piu' che occupazione aggiuntiva, sostituzione di lavoratori con altri e di lavoro stabile con lavoro precario. Anche nello specifico della manovra di Bilancio la politica proposta dal governo solleva gravi interrogativi. Si deve registrare innanzitutto un arretramento delle previsioni per la stabilizzazione del fondamentale rapporto tra stock del debito e Prodotto interno lordo. Mentre il DPEF per il triennio 94-96 prevedeva un rapporto debito/PIL pari al 123,3 per cento per il 1995, il nuovo DPEF stabilisce l'ammontare di tale rapporto pari al 124,23 per cento; oltretutto nel DPEF dell'anno scorso si escludeva deliberatamente l'apporto dei proventi da dismissione all'abbattimento del debito, mentre il nuovo documento prevede 10 mila miliardi per ogni anno del triennio quale contributo delle dismissioni alla diminuzione del debito accumulato. Si puo' ragionevolmente dubitare che saranno rispettate le previsioni fatte dal governo anche perche tale politica di stabilizzazione del debito si basa su alcuni assunti che sono in realta' altrettante scommesse alquanto incerte: le previsioni d'incasso per i condoni edilizio e fiscale sono alquanto dubbie anche tenendo conto dell'esperienza del passato. La stessa Corte dei conti ha espresso "dubbi e perplessita'" sul fronte delle entrate fiscali definite nel Documento e pari a 18 mila miliardi, sia per il ritorno a strumenti una tantum che per l'effettivo gettito derivante da tale strumentazione. La Corte si chiede come verrano trovati i tremila miliardi che mancano all'appello dando per buoni gli introiti degli accertamenti con adesione (10 mila miliardi) e del condono edilizio (5 mila miliardi), e soprattutto come "saranno rese permanenti nel 1996 e nel 1997" tali entrate straordinarie; le previsioni di crescita del PIL stimata al 2,7 per cento nel 1995 e ancora piu' elevata nel biennio successivo, alla luce di una poco chiara congiuntura internazionale, sono a dir poco azzardate; assumere in discesa fino all'8 per cento e poi stabile, il tasso medio degli interessi da pagare sui titoli di stato scommettendo sullo sganciamento tra i tassi d'interesse a lungo europei e quelli USA, fa capo piu' ai pii desideri che ad un attendibile previsione economica soprattutto dopo la conferma da parte della Bundesbank della politica degli alti tassi. I mercati concentrano la loro attenzione sull'aggravamento dei conti pubblici italiani derivante dall'aumento internazionale dei tassi di interesse. La sfiducia generata dalla condotta del governo e i timori per la stabilita' della maggioranza hanno portato i mercati finanziari a chiedere un premio supplementare di rendimenti per detenere i titoli del debito italiano, ed a far lievitare il tasso di cambio della nostra moneta nei confronti del marco. Le oscillazioni recenti del costo della vita e l'incremento dei prezzi all'ingrosso stanno diffondendo tra gli operatori aspettative inflattive per cui l'obiettivo di riduzione del tasso d'inflazione e' a rischio. Anche sulla valutazione dell'ammontare del deficit per il 1995 e sull'entita' della manovra permangono seri dubbi e cifre dissonanti tra quelle del Documento prodotte dalla Ragioneria dello Stato, quelle dell'ISCO (che fa capo al Ministero del Bilancio), oppure quelle rese note da istituti di ricerca sulla congiuntura economica (come l'IRS). Incertezze e pressapochismi che si aggravano anche perche' - senza una reale giustificazione - il governo ha deciso di non includere nella manovra di Bilancio l'attuazione della recente sentenza della Corte costituzionale in materia di integrazione al minimo dei trattamenti di pensione: "ai relativi oneri - scrive il governo - si fara' eventualmente (sic!) fronte con provvedimenti di natura straordinaria non considerati nel presente Documento". Essendo cospicui i riflessi finanziari di tale sentenza e' evidente che il DPEF e' in realta' un documento dimezzato. Appare altresi' illusoria e manipolatoria l'affermazione di volere operare con una pressione fiscale invariata. Intanto si contraddicono cosi' le promesse elettorali del cosiddetto "Polo delle liberta'" di una sensibile diminuzione del carico fiscale. Inoltre si dovra' obbligatoriamente fare fronte alle maggiori spese derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale, e sara' difficile evitare altre misure fiscali o contributive. La non restituzione del drenaggio fiscale se non per l'adeguamento della sola detrazione d'imposta alla crescita dei prezzi indurra' comunque un aumento della pressione fiscale tramite l'IRPEF in particolare sui redditi da lavoro dipendente. Cosi' come il taglio dei trasferimenti erariali agli enti territoriali indurra' inasprimenti tributari sia pure localmente differenziati. Non si puo' poi non ricordare che malgrado le previsioni super ottimistiche del Ministro delle finanze e' tutto da verificare e quantificare l'onere effettivo del decreto-legge n. 357/94. Studiosi indipendenti ed enti di ricerca hanno calcolato il costo di quelle misure in alcune migliaia di miliardi. La sospensione delle disposizioni in materia di contratti pubblici recate dall'articolo 6 della legge 537/93 e della maggior parte delle disposizioni della legge 109/94 in materia di appalti pubblici, annullando i risparmi previsti creano un ulteriore aggravio di cassa nel 1994 per raggiungere la dimensione della correzione prevista all'andamento tendenziale del fabbisogno indicato, mentre per il 1995 il riflesso negativo riguarda lo stesso bilancio di competenza dato che nel primo anno di applicazione le disposizioni hanno un effetto parziale: di queste problematiche che concernono un'ulteriore "buco" di migliaia di miliardi per le casse dello Stato non vi e' traccia nel DPEF presentato dal governo. Il Governo intende procedere ulteriormente alla riduzione delle erogazioni previdenziali gia' fortemente ridimensionate dal decreto legislativo 503/92 senza avere predisposto misure adeguate di separazione delle spese assistenziali da quelle previdenziali, ne' una lotta piu' serrata ed efficace alla consistente evasione contributiva, ne' tantomeno una trasformazione della base imponibile per il computo dei contributi previdenziali con lo scopo di favorire con ulteriori benefici fiscali e contributivi lo sviluppo dei fondi di previdenza integrativa ed il drastico ridimensionamento del ruolo della previdenza pubblica. Per il settore della sanita' il governo propone di limitarsi gradulamente a garantire solo servizi minimi come se la salute non necessitasse di servizi comunque indispensabili, caricando sui bilanci regionali le spese per la copertura di eventuali oneri supplementari. Nel documento manca ogni riferimento ai problemi attinenti la scuola ed in generale i processi formativi, se non per due accenni del tutto indeterminati e negativi. Nel primo, laddove si parla del pubblico impiego, si afferma la possibilita' di realizzare una forte riduzione degli addetti, sia pur non come immediatamente praticabile; nel secondo si allude all'eventualita' che gli enti locali si occupino direttamente della gestione della scuola primaria, in una prospettiva parzialmente privatistica. Per la finanza locale non si puo' non rilevare come l'autonomia finanziaria degli enti locali sia vista piu' come un decentramento per l'introduzione di tributi aggiuntivi e non sostitutivi di quelli comunque incamerati dallo Stato, o in alternativa, per ottenere una drastica riduzione dei servizi resi dagli enti territoriali. Grave appare l'indicazione del governo di volere attribuire la gestione dell'istruzione primaria alle regioni ed ai comuni. Inoltre non si prevede la garanzia di uno standard di servizi locali minimo e reale per tutti i cittadini del nostro Paese. Si intende procedere in una politica di dismissione delle partecipazioni statali anche per servizi e settori strategici della nostra economia quali l'energia e le telecomunicazioni. appare ottimista - e comunque tutta da verificare - l'ipotesi di proventi per 10 mila miliardi annui di lire per il prossimo triennio. Le politiche occupazionali si riducono ad incentivi alle aziende, sulla cui reale utilita' alla luce delle esperienze del passato e' del tutto lecito dubitare ed alla precarizzazione dei rapporti di lavoro fino alle proposte di lavoro interinale. Lo stesso Governatore della Banca d'Italia qualifica come "ottimistica" la stima di 350 mila posti aggiiuntivi di lavoro nel prossimo triennio (altro che un milione di nuovi posti di lavoro in un anno!) e stigmatizza gli incentivi fondati sulla "mera distribuzione di denaro pubblico" che produrrebbero effetti inflazionistici e non inciderebbero sull'aumento della produttivita'. Parte integrante della manovra e' il decreto-legge sul condono edilizio che mortifica i cittadini onesti, vanifica il lavoro e l'autonomia degli amministratori locali, legalizza la cementificazione abusiva di coste e paesaggi di pregio, contiene una autodelega incostituzionale per materie che includono l'intera politica del territorio e dell'ambiente. La manovra sul terreno fiscale gia' in larga misura anticipata dal decreto-legge 452/94 configura un condono continuo che tramite il patteggiamento e la conciliazione mettono in discussione la certezza del diritto, ed in particolare dei doveri fiscali del cittadino. Il governo intende inoltre squilibrare ulteriormente la pressione fiscale a detrimento del lavoro dipendente con l'aumento della imposizione indiretta anche sui generi di largo consumo e con il blocco della restituzione del fiscal drag, mentre contro l'evasione fiscale pur riconosciuta come rilevantissima, non e' prevista alcuna misura concreta. impegna il Governo: a ritirare il documento di programmazione economico-finanziaria in quanto inattendibile nelle previsioni e privo di credibilita' nelle indicazioni d'intervento ed a considerare essenziali al fine di un rilancio della nostra economia, dell'occupazione, della solidarieta' sociale e di un reale risanamento del bilancio statale: 1) una politica volta ad una tendenziale piena occupazione agendo su piu' piani, dotando il nostro Paese di una reale politica industriale, che, individui i settori strategici, il ruolo del settore pubblico, stimoli i raggruppamenti aziendali, la ricerca, l'innovazione di prodotto con particolare riguardo al settore delle telecomunicazioni per il quale si deve dare vita alla costruzione di un polo nazionale STET-RAI al quale affiancare aziende del settore informatico e strutture dell'industria culturale. In questo quadro di programmazione economica occorre riordinare le PP.SS. evitando di attuare una svendita del nostro patrimonio di partecipazioni pubbliche nelle aziende sane e, viceversa, di sopperire con denaro pubblico ai debiti dei grandi gruppi privati. Vanno comunque resi obbligatori e pregnanti i poteri speciali dell'esecutivo nella gestione delle societa' derivanti dai processi di privatizzazione con particolare riguardo ai servizi ed ai settori strategici della nostra economia, cosi' come vanno garantiti la presenza ed il ruolo dell'azionariato diffuso. Occorre espandere, riorientando i consumi verso consumi collettivi ed ecologicamente sostenibili, il mercato interno tramite il sostegno ai redditi popolari: rinnovi contrattuali, minimi previdenziali garantiti, restituzione del drenaggio fiscale. Una politica di sostegno ad una forte riduzione dell'orario di lavoro a parita' di salario ed a forme di redistribuzione del lavoro, misure che possono creare un notevole sviluppo occupazionale destinando alle aziende che riducono l'orario e fanno nuove assunzioni le somme oggi destinate a CIG, indennita' di disoccupazione e di mobilita', fiscalizzazioni e sgravi contributivi, agevolazioni fiscali varie. La sostituzione dell'intervento straordinario per il Mezzogiorno con misure di reindustrializzazione delle aree meridionali ed in particolare a favore delle piccole e medie industrie locali, con l'individuazione di progetti mirati alla costituzione di reti infrastrutturali (con l'esclusione di quella stradale), per la realizzazione di un "piano Legno", il rilancio dell'agricoltura mediterranea, il risanamento ambientale, la ricerca scientifica cio' diviene tanto piu' essenziale nel momento in cui, nel silenzio del Governo, la questione meridionale si ripropone come grande questione nazionale, a partire dai dati di una drammatica frattura economico-sociale che, oltre ad avere costi altissimi per le popolazioni meridionali si pone come crinale rispetto a qualsiasi prospettiva di sviluppo economico-sociale e di tenuta democratica del Paese; l'istituzione di un adeguato fondo per l'occupazione e la promozione di un piano per lavori socialmente e ambientalmente utili individuando nella riqualificazione delle citta' e nel risanamento ambientale le due priorita'. I finanziamenti necessari vanno reperiti con un diverso utilizzo dei fondi oggi destinati alle grandi opere pubbliche (con l'esclusione delle opere necessarie alla velocizzazione ordinaria ed al completamento della rete ferroviaria, e delle reti idriche e delle telecomunicazioni), con la riduzione delle spese per la difesa rivedendo il cosiddetto "nuovo modello di difesa". La creazione di un Servizio civile che Impegni ragazzi e ragazze in alternativa alla leva militare, e disoccupati, cassaintegrati, volontari. L'estensione e la riqualificazione del nostro sistema scolastico tramite adeguati investimenti, l'innalzamento dell'obbligo, la riforma della secondaria, una politica contrattuale e di aggiornamento del personale, l'attivazione di politiche di formazione permanente per la popolazione adulta. Riprendere le linee essenziali della legge sugli appalti pubblici per realizzare un quadro normativo nel settore delle opere pubbliche che dia certezza del diritto, trasparenza e concorrenzialita' al mercato; 2) la stabilizzazione del rapporto debito/PIL, accompagnando la creazione di un "avanzo primario" con misure specifiche atte a ridurre il servizio del debito allungando la durata media dei titoli di Stato, favorendo gli investitori istituzionali ai quali chiedere tassi inferiori, realizzando misure che prevedano la nominativita' dei titoli, collocando i titoli tramite gli uffici postali sopprimendo cosi' il costo dell'aggio pagato agli istituti di credito; la riduzione delle spese per beni e servizi delle amministrazioni centrali con l'esclusione di quelle per la giustizia, la pubblica istruzione, la sicurezza pubblica. L'obbligo per il Governo a ritenere impegnati gli accantonamenti dei fondi speciali del disegno di legge finanziaria dopo il parere positivo delle Commissioni bilancio su proposte, disegni di legge od emendamenti e a considerare almeno una quota non inferiore al 30 per cento di tali accantonamenti comunque riservata a proposte, disegni di legge od emendamenti di iniziativa parlamentare; 3) un radicale riequilibrio del prelievo fra le diverse classi e categorie sociali, e cio' attraverso: la tassazione ad aliquote progressive dei patrimoni immobiliari e delle rendite finanziarie, con l'esonero della prima casa e del piccolo risparmio; il ricondurre tutti i redditi all'IRPEF anche con misure che prevedano l'introduzione graduale della nominativita' dei titoli di Stato; l'adozione di misure urgenti e radicali nella lotta all'evasione fiscale creando meccanismi di contrapposizione di interessi, promuovendo un ruolo attivo e paritario degli enti locali nell'accertamento del reddito, impegnando la maggior parte dei dipendenti dell'amminstrazione finanziaria e della Guardia di finanza nelle verifiche di merito abolendo ogni forma di condono e irrogando severe pene detentive per i grandi evasori; il recupero integrale del fiscal drag con meccanismo automatico; l'eliminazione dell'IRPEF sulla prima fascia di reddito per i redditi da lavoro dipendente e da pensione; l'eliminazione della minimum tax e l'introduzione di meccanismi a riscontro IVA-IRPEF, con possibilita' per i consumatori di detrarre parte dell'IVA dall'IRPEF su alcuni beni e servizi; il mutamento della base imponibile per il computo dei contributi facendo riferimento anziche' al monte salari al valore aggiunto delle aziende; l'impegno a non istituire nuove imposte locali che non siano sostitutive di altri tributi erariali e la predeterminazione del trasferimento diretto agli enti locali di una quota consistente del gettito tributario definendo una vera e propria "riserva di gettito" dove non sia possibile per il governo centrale intervenire tra una sessione di bilancio e l'altra con tagli ai trasferimenti erariali o ai mutui della Cassa depositi e prestiti, per dare certezza senza la quale diventa impossibile per gli enti locali predisporre i propri bilanci; la disciplina rigorosa per l'emissione dei cosiddetti "Buoni ordinari comunali" (BOC) per evitare che si avviino processi di ulteriore indebitamento incontrollato degli enti locali; l'impegno a non presentare all'approvazione del Parlamento decreti-legge in materia fiscale e a definire la politica fiscale per il 1995 in un apposito disegno di legge collegato alla legge finanziaria; l'avvio di un processo di semplificazione degli adempimenti fiscali, la riduzione graduale delle tasse dalle attuali 200 alle 15-20 veramente utili, lo scaglionamento nel tempo dei pagamenti, il trasferimento agli uffici delle imposte dell'onere dei calcoli sulle imposte da pagare e la conseguente compilazione della dichiarazione dei redditi; utilizzare lo strumento fiscale per incentivare l'introduzione di nuove tecnologie meno inquinanti e modificare l'allocazione delle risorse in chiave ecologica mediante l'introduzione di opportune tasse ecologiche e di scopo a parita' di gettito salvaguardando le fasce di consumo dei ceti con reddito basso; 4) la necessita' di assecondare il forte decentramento dei poteri verso le regioni ed i comuni preconizzato dalla relazione della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali della scorsa legislatura con un adeguato decentramento fiscale. Nel segno del rilancio delle autonomie locali occorre puntare ad una ampia zona di autonomia impositiva. Occorre garantire ai livelli di potere regionale e locale, in relazione alle funzioni che dovranno esercitare a seguito della riforma costituzionale, la titolarita' di imposte distinte e riconoscibili da gestire in piena autonomia ed in grado di assicurare la maggior parte delle entrate necessarie. L'integrazione delle finanze occorrenti avverra' con trasferimenti dallo Stato. Per quanto concerne i comuni si ritiene che ad essi vada attribuita fondamentalmente una imposta generale sui patrimoni, che comprendera' anche l'attuale ICI. Una quota di finanziamento residuo, con finalita' perequative, andra' attribuita non dallo Stato ma dalla regione. Per quanto riguarda le regioni, ad esse si dovrebbe attribuire oltre ai tributi ed alle addizionali di cui sono gia' titolari, le imposte di consumo oggi in essere su tutti i carburanti per autotrazione, oltre alla tassa di registro relativa al PRA. Andranno inoltre riconosciute ulteriori quote di partecipazione al gettito da tributi erariali con particolare, ulteriore riferimento, alle imposte indirette. Allo Stato dovrebbe invece rimanere la titolarita' delle grandi imposte gia' oggi strutturate (IRPEF, IRPEG, contributi sociali, quote rilevanti di imposte indirette) tale da garantire a livello centrale entrate non inferiori al 65 per cento delle entrate fiscali complessive, cosi' come avviene anche nei paesi a struttura federale. Cio' per poter corrispondere ai compiti inalienabili di una struttura statale unitaria ed alla fondamentale funzione di perequazione tra le regioni. Il riequilibrio va commisurato all'esigenza di garantire uno standard di servizi pubblici e sociali ritenuti indispensabili ad ogni cittadino; 5) la previsione di un forte decentramento di compiti e di risorse per i servizi sociali verso gli enti territoriali, nonche' un'ampia partecipazione alla gestione e al controllo degli utenti e delle comunita' locali. Va valorizzato il ruolo del volontariato senza sostituire servizi dovuti con erogazioni volontarie, ma utilizzando questa grande risorsa per compiti aggiuntivi e/o sperimentali, al fine di umanizzare e personalizzare i servizi. Per la sanita' potrebbe anche essere utile la riduzione dei posti letto se ad essa seguissero interventi di riorganizzazione e riconversione di attivita' sanitarie sovrabbondanti verso la prevenzione, la deospedalizzazione, l'assistenza domiciliare. Si devono inoltre attuare le seguenti misure: a) l'abolizione dei tickets; b) la revisione del prontuario farmaceutico distinguendo tra farmaci clinicamente rilevanti, farmaci inseriti in protocolli terapeutici verificati da indici clinici rilevanti ed altri farmaci. I farmaci non autorizzati da altri paesi europei devono essere ulteriormente e specificamente motivati; c) a questa prima bonifica deve poi corrispondere la corresponsabilizzazione di coloro che ordinano la spesa. La USL dovra' esercitare una specifica vigilanza sia sotto il profilo della congruita' terapeutica che del contenimento delle prestazioni specialistiche o di diagnostica o della assistenza farmaceutica. Per la previdenza occorre separare le spese assistenziali dalle erogazioni previdenziali. Riequilibrare sui livelli degli altri paesi europei le percentuali rapportate al PIL delle spese sia per il sostegno al reddito dei disoccupati e delle loro famiglie che per la previdenza. Il sistema previdenziale deve rimanere essenzialmennte pubblico ed incentrato sul meccanismo della ripartizione. I trattamenti previdenziali vanno omogeneizzati e gli enti gradualmente unificati. Va garantito comunque un minimo vitale alla popolazione anziana correlato all'aumento del costo della vita. Si deve flessibilizzare l'eta' pensionabile consentendo ai singoli di anticipare o ritardare l'eta' di pensionamento. Occorre anche correggere le norme del decreto legislativo sui nuovi assunti troppo penalizzanti per i giovani lavoratori. Va modificata la base imponibile per il computo dei contributi previdenziali passando dal monte salari al valore aggiunto gradualmente e con forme miste di calcolo. Vanno contenute al massimo le agevolazioni fiscali e contributive per i fondi integrativi per non creare altri "buchi" di gettito, ma anche per non mettere in opera un altro meccanismo di redistribuzione del reddito dal basso verso l'alto. impegna percio' il Governo: a presentare al piu' presto un nuovo Documento di programmazione economico-finanziaria sulla base delle indicazioni e delle priorita' sopra enunciate. (6-00004)