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Portale storico della Camera dei deputati

Documenti ed Atti

XII Legislatura della repubblica italiana

INTERPELLANZA 2/00524 presentata da SCHETTINO FERDINANDO (PROG.FEDER.) in data 19950601

Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, per sapere - premesso che: la situazione occupazionale, soprattutto nel Mezzogiorno, diviene ogni giorno piu' drammatica ed insostenibile; la ripresa che ha caratterizzato nel 1994 l'economia italiana non si e' rivelata capace di determinare la ripresa delle attivita' produttive nelle aree del sud ed il divario tra queste e quelle del nord si e' ulteriormente approfondito, sicche', dopo cinquant'anni di storia repubblicana, possiamo senz'altro affermare che siamo ancora lontani dall'aver realizzato l'unificazione economica e sociale del nostro paese; le previsioni sull'andamento dell'economia nel sud del nostro paese confermano la sempre piu' debole partecipazione del Mezzogiorno alla ripresa in atto dell'economia italiana e il divario tra centro-nord e Mezzogiorno e' crescente: per il 1994 la crescita del PIL nel Mezzogiorno e' stata pari a meno della meta' di quello del centro-nord e le previsioni per il 1995 sono pari all'1,7 per cento contro il 3,1 per cento per il centro-nord; la ripresa del PIL, nel centro-nord, trainata in buona parte dal miglioramento delle esportazioni, anche se non ha fatto registrare sensibili aumenti dell'occupazione, a causa del reinserimento degli operai in CIG, nel Sud del Paese, la minore intensita' della ripresa non ha consentito neanche di frenare il gia' preoccupante fenomeno registrato nel 1993 della riduzione dei posti di lavoro, sicche' in quest'area, per il 1994 si e' avuta una perdita di unita' di lavoro pari al 2,5 per cento degli occupati e per il 1995 se ne prevede una ulteriore, anche se contenuta, pari allo 0,1 per cento; dalla analisi suesposta e dalla considerazione della profonda crisi in cui versa la finanza pubblica, pur in presenza del dichiarato impegno dei Governi ad intraprendere la strada del necessario risanamento del bilancio dello Stato, non sembra che si possano nutrire speranze per una soluzione immediata della crisi occupazionale, soprattutto nel Mezzogiorno; tale preoccupazione, peraltro, e' confermata dai principali indicatori congiunturali del 1994, che, ancora una volta, per quanto riguarda il Mezzogiorno, sono tutti negativi; la produzione industriale, sul piano nazionale, ha registrato un + 4 per cento, mentre nel sud essa si e' attestata all'incirca su di un misero + 2 per cento; gli operai collocati in cassa integrazione sul piano nazionale sono stati pari al 4 per cento del totale dei lavoratori, ed il fatto che nel sud si sia superata la soglia del 12 per cento, sta a dimostrare il peso che il Mezzogiorno offre nella determinazione della media nazionale; la disoccupazione nel sud risulta a tutt'oggi essere pari ad oltre il 60 per cento della disoccupazione globale italiana, solo il 40 per cento appartiene alle aree del centro-nord; il tasso dei disoccupati nel Mezzogiorno, rispetto alla media nazionale del 12 per cento, e' risultato del 22 per cento, con punte anche del 30 per cento in alcune aree particolarmente depresse; se si tiene conto poi che tra operai in cassa integrazione e disoccupati il numero dei cittadini senza lavoro nel Mezzogiorno ha superato addirittura la situazione dell'immediato ultimo dopoguerra, si deduce che il livello di tensione sociale nelle aree depresse del nostro paese tende ogni giorno di piu' a divenire incontrollabile; se a tale situazione si aggiunge l'artificiosa lentezza della burocrazia, legata a perduranti logiche di clientelismo politico, si comprende quanto la situazione possa da un momento all'altro divenire addirittura esplosiva; i dati che si desumono dall'analisi dei tassi di crescita dell'economia e dai corrispondenti tassi di variazione dell'occupazione non consentono di guardare con fiducia all'immediato futuro in quanto nelle intenzioni del Governo il miglioramento dei tassi occupazionali e' strettamente e soltanto fondato sull'autonomo dispiegarsi dei fattori dell'economia; la preoccupazione dianzi espressa trova riscontro nei dati che si riferiscono, a ciascuno dei periodi in cui e' possibile suddividere l'analisi dell'"intensita' occupazionale" (determinata, come e' noto, dal rapporto tra il tasso di crescita dell'economia e del suo tasso di creazione di nuova occupazione); nel periodo 1960-1973, ad un elevatissimo tasso di crescita (4,8 per cento annuo) del PIL, ha fatto riscontro un basso (0,3 per cento annuo) tasso di incremento del numero dei posti di lavoro; nel periodo 1974-1985 ad un tasso di crescita (2 per cento annuo) del PIL, ha fatto riscontro un alto tasso (0,7 per cento) di incremento dei posti di lavoro; nel periodo 1986-1990 il primo e' risultato del 3,2 per cento ed il secondo dell'1,3 per cento; nel periodo 1991-1993 il tasso di crescita del PIL e' risultato addirittura in rosso, per invertire la tendenza nel 1994, che pero' non si e' rivelata capace di evitare la ulteriore perdita di posti di lavoro, che, come e' noto, nel solo 1994 e' stata di circa 500 mila unita' lavorative; ove tale situazione dovesse ancora ripetersi, le proiezioni possibili nel tempo medio della dimensione odierna della disoccupazione non possono che lasciare legittimo spazio quanto meno a perplessita' sulla capacita' di autonomo riequilibrio del sistema; le dichiarazioni programmatiche del Governo Dini, pongono le basi di politiche macroeconomiche e strutturali che saggiamente attuate dovrebbero ridurre la disoccupazione; il Presidente Dini ha opportunamente affermato che: "Il rinnovamento nel quale il paese e' impegnato richiede un consolidamento del raccordo tra cittadini ed istituzioni, che impone la riaffermazione di chiari princi'pi etici nella gestione della cosa pubblica ed un recupero di efficienza della macchina amministrativa (...). L'economia italiana e' ormai lontana dalle secche della crisi produttiva (...). Il Governo ritiene che vi sono questioni di particolare rilevanza sociale che non possono tollerare alcun rallentamento dell'azione pubblica (...). La disoccupazione e' un male che affligge l'Italia e l'Europa. Anche dove giunge il soccorso degli ammortizzatori sociali, essa costituisce una mortificazione dell'individuo, un incubo per le famiglie che ne sono colpite, uno spreco di risorse per la collettivita'"; non vi e' dubbio che occorre adeguare le strutture del nostro sistema produttivo, in particolare nel Mezzogiorno ai mutamenti del contesto economico, sociale ed internazionale; sembra finalmente acquisito che bisogna ridurre al minimo possibile gli oneri burocratici che introducono elementi di turbativa tra gli operatori economici; non puo' essere disconosciuto che i Governi che si sono succeduti dal 1992 ad oggi hanno profuso il dichiarato impegno a rendere sostenibili le posizioni debitorie dello Stato, al fine di ridurre il peso che la politica squilibrata di bilancio esercita sulla politica monetaria e sulla flessibilita' fiscale; va sicuramente preso atto con soddisfazione che il Governo attuale intende perseguire con tenacia gli obiettivi di politica monetaria che siano capaci di far rientrare la lire nello SME, cosi' come vanno considerati con rispetto i propositi di raffreddamento delle tensioni sociali e politiche per il ristabilimento di un clima di fiducia, condicio sine qua non per la ripresa dalla recessione; va anche detto che i tempi della macroeconomia e del libero ed autonomo dispiegarsi dei fattori dell'economia sono lunghi e pertanto condannano i disoccupati a restare ancora tali e comunque in balia dei perversi interessi della politica e, nella migliore delle ipotesi, della capacita' dei Governi di perseguire con incisivita' e coerenza le sopracitate politiche macroeconomiche e strutturali; tali considerazioni ci impongono una riflessione sulla situazione attuale dei nostri disoccupati, ai quali deve andare rivolto il nostro sentimento di solidarieta': i giovani sono la parte debole della nostra societa': nelle nostre campagne elettorali, tutti (e sottolineo tutti) verso di essi abbiamo assunto l'impegno di affrontare e risolvere, in tempi brevi, i loro problemi occupazionali; in particolare nel Mezzogiorno abbiamo predicato contro il clientelismo, contro l'asservimento politico, in favore della giustizia e della parita' di diritti, abbiamo promesso una societa' piu' giusta, piu' equa e rispettosa dei diritti sacrosanti che ci derivano dalla nostra Costituzione; oggi tutti ci sgoliamo nel difendere i diritti costituzionali: non vi e' giorno che non si parli di liberta', di dignita' dell'uomo, di princi'pi sacrosanti della democrazia che ci derivano dalla Costituzione; il diritto al lavoro e' un diritto sacrosanto che ci deriva dall'essere cittadini di uno Stato democratico che proprio nel dettato costituzionale si fonda sul lavoro; in Parlamento e fuori si organizzano ormai da cinquant'anni comitati antimafia ed anticamorra (siamo veramente convinti che contro questi mali della nostra societa' si possa efficacemente lottare lasciando i nostri giovani nella condizione di essere facili prede della malavita organizzata, in quanto privi del riconoscimento primario del diritto al lavoro?); non puo' disconoscersi che la nostra societa' sta vivendo un momento di gravissima crisi sociale, che deriva soprattutto dalla scarsa considerazione che lo Stato ha verso i bisogni dei giovani: la crisi economica e' anche crisi di fiducia verso le istituzioni; i giovani disoccupati sono presi da crisi di angoscia e di disperazione, per cui la prima preoccupazione che deve prendere chi gestisce la societa' deve essere rivolta al superamento del problema occupazionale; occorre che tutti si facciano carico della inumana sofferenza e disperazione che attanaglia giovani e famiglie che si trovano senza lavoro e senza speranza per il futuro; l'articolo 38 della Costituzione impegna il legislatore a dar risposta con mezzi adeguati alle esigenze della disoccupazione involontaria, promuovendo ogni incentivo che sia atto a determinare le condizioni favorevoli all'accesso al lavoro; a tal fine i vari provvedimenti legislativi sino ad ora esperiti: legge n. 44 del 1986, n. 64 del 1986 e n. 488 del 1992 non si sono rivelati capaci di determinare, in tempi brevi, reali possibilita' occupazionali in larga scala, per cui i tempi di attesa dei giovani disoccupati sono divenuti lunghissimi, tant'e' che la stessa legge n. 44 del 1986 rivisitata recentemente ha dovuto considerare "giovani" anche le persone di eta' compresa tra i 29 ed i 35 anni; per questi "giovani" le prospettive di vita oggi risultano essere particolarmente nebulose: al ritardo con cui essi accedono al lavoro e' da aggiungere il ritardo con cui entrano nel sistema previdenziale; in previsione della riforma del sistema pensionistico l'eta' della pensione per raggiunti limiti di eta', per i "giovani" disoccupati diventa talvolta una mera od irrisoria chimera -: se ed in qual modo si intenda dar risposte concrete ed immediate ai problemi suesposti dalla disoccupazione involontaria; se non si ritenga di dover istituire un fondo di solidarieta' in favore dei disoccupati che abbiano maturato un certo tempo di attesa nelle liste di collocamento; se non si ritenga di dover, con urgenza, orientare tutti i giovani disoccupati verso la frequenza di corsi di orientamento professionale ed educazione all'imprenditorialita', da gestirsi a cura delle istituzioni scolastiche che dimostrino di essere in grado di condurre studi e ricerche sul territorio per scoprirne e valorizzarne le potenzialita' economiche e produttive; se non si ritenga di dover istituire un fondo di solidarieta' da destinare all'accantonamento dei contributi previdenziali a favore dei giovani disoccupati che si immettono con ritardo nel sistema produttivo, ma che partecipano alle attivita' di formazione e di orientamento professionale; se non si ritenga di poter stabilire di utilizzare i giovani, che ne facciano esplicita richiesta, in attivita' socialmente utili, di difesa ambientale e di valorizzazione del patrimonio artistico ed archeologico. (2-00524)

 
Cronologia
martedì 30 maggio
  • Parlamento e istituzioni
    Nel quadro di una correzione dei conti pubblici di oltre 80.000 miliardi in tre anni, il Governo annuncia per il 1996 una manovra da 32.500 miliardi.

domenica 11 giugno
  • Politica, cultura e società
    Si svolgono 12 referendum e il 58% degli aventi diritto si reca alle urne. Gli elettori respingono i quesiti relativi al divieto delle concentrazioni televisive, all'interruzione pubblicitaria durante la proiezione dei film e alla restrizione della raccolta pubblicitaria a due canali nazionali. Gli elettori respingono anche la richiesta di abolire il doppio turno nell'elezione dei sindaci di comuni con più di 15.000 abitanti. Viene invece approvato il quesito sulla privatizzazione della RAI e la richiesta di abrogazione della legge che disponeva la trattenuta automatica d'iscrizione al sindacato sullo stipendio