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Documenti ed Atti

XIII Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/03755 presentata da LECCESE VITO (MISTO) in data 19980213

Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che: il 14 febbraio 1998 i delegati degli Stati membri dei paesi OCSE si riuniranno a Parigi per definire gli ultimi dettagli del cosiddetto Multilateral Agreement on Investments (Mai); il negoziato e' iniziato nel 1995 con il fine ultimo di fornire un quadro di riferimento multilaterale per gli investimenti internazionali, rimuovendo gran parte degli ostacoli ancora esistenti alla mobilita' dei capitali e permettere cosi' l'espansione degli investimenti diretti esteri (Ide) a livello globale; secondo il testo in discussione, il Mai proibirebbe ogni legge che possa avere un effetto discriminatorio sul capitale estero, a prescindere dal fatto che tale effetto esista o meno; il principio della non-discriminazione comporterebbe la possibile abolizione di ogni programma locale, regionale o statale che preveda incentivi per imprese locali. Nel caso del nostro Paese potrebbero essere pregiudicati i programmi di sviluppo e di incentivi all'occupazione nel Mezzogiorno, regione che gia' soffre gli effetti di una disoccupazione endemica e della criminalita' organizzata. Lo stesso dicasi per quei programmi e regolamenti Ue che prevedano la promozione di attivita' economiche in particolari regioni arretrate, come il fondo europeo di sviluppo; una volta firmato l'accordo, anche le autorita' locali e regionali saranno costrette a garantire alle multinazionali straniere lo stesso trattamento di quelle nazionali. La proposta del Mai, una volta ratificata dai governi nazionali, vincolera' quindi automaticamente i governi locali e le pubbliche amministrazioni; l'accordo proibirebbe ogni legge che preveda limiti alla proprieta' di quote azionarie in settori strategici o di utilita' pubblica come la golden share nel caso del nostro paese; il Mai avrebbe effetti negativi sulla stabilita' dei mercati finanziari e monetari internazionali, gia' provati dalla grave crisi asiatica. I governi non potrebbero adottare misure per regolare l'esportazione di capitali da parte degli investitori esteri verso il paese di appartenenza, al fine di prevenire speculazioni sui mercati di capitale. La conseguenza sarebbe una maggior instabilita' e speculazione sul sistema finanziario globale che movimenta ogni giorno beni non produttivi per un valore di oltre 1.300 miliardi di dollari; l'accordo estenderebbe la clausola della nazione piu' favorita agli investimenti privati. Di conseguenza i governi non potranno piu' operare distinzioni o bloccare investimenti in paesi a causa della situazione dei diritti umani od altro. Ogni divieto di esportare armi o tecnologie in paesi a rischio quali Iran, Iraq o Libia, cadrebbe, a meno che non si possa far riferimento alle vaghe norme contenute nel Mai sulla sicurezza nazionale. A differenza del Gatt, che prevede sanzioni commerciali se approvate dalle Nazioni Unite, il Mai non contiene alcuna eccezione che possa permettere delle restrizioni per scopi umanitari anche se nell'ambito di azioni approvate dalle Nazioni Unite; il meccanismo vincolante proposto per la risoluzione delle controversie potra' essere accessibile solo a multinazionali e governi dei paesi nei quali le stesse sono residenti. Questa procedura non fornisce eguale accesso alla societa' civile o ai governi degli Stati che ritengano di essere stati danneggiati dai comportamenti di compagnie multinazionali. Il sistema di risoluzione delle controversie dovrebbe emettere sentenze vincolanti per i governi e pene pecuniarie. Cio' potrebbe esporre gli Stati ed i governi a rischi finanziari ed economici dai quali sono ora tutelati grazie al principio dell'immunita' sovrana nei sistemi giudiziari nazionali, riconosciuto dal diritto internazionale; secondo le clausole previste cosiddette di standstill e rollback, ogni nuova legge o regolamento che non fosse in conformita' con il Mai verrebbe proibito ed ogni legge o regolamento esistente al momento della firma dell'accordo, che non sia in conformita' con lo stesso, dovrebbe essere ritirato; inoltre, una volta firmato l'accordo i paesi non potranno ritirarsi prima di cinque anni. Le compagnie che decidono di investire in paesi che hanno firmato e ratificato il Mai potranno essere tutelati per quindici anni. Cio' significa che i governi dei paesi, anche se decidessero di uscire dal Mai dopo cinque anni, potrebbero subirne le conseguenze per un periodo di venti anni; il Mai non incorpora molti accordi internazionali rilevanti per l'ambiente e lo sviluppo sostenibile, quali la Dichiarazione di Rio, l'Agenda 21, le "UN Guidelines for Consumer Protection" (1985); il "Set of Multilaterally Agreed Principles for the Control of Restrictive Business Practices" dell'Unctad (1981); e l'"Habitat Global Plan of Action". Gli impegni presi dagli Stati per il trasferimento di tecnologie pulite al Pvs nell'ambito della convenzione sulla diversita' biologica, la convenzione sui mutamenti climatici, la convenzione Onu sul diritto del mare ed il protocollo di Montreal per l'eliminazione di sostanze dannose per lo stato di ozono potrebbero essere resi vani dalla conclusione dell'accordo Mai. La bozza piu' recente del testo negoziale farebbe riferimento agli accordi internazionali sull'ambiente ed il lavoro esclusivamente nel preambolo. Inoltre l'analisi svolta dall'Ocse degli effetti ambientali dell'accordo (Environmental Review) e' del tutto insufficiente; il Mai non sarebbe in linea con gli impegni presi dall'Ocse per l'integrazione delle politiche economiche, ambientali e sociali (Oecd Ministerial Communique, May 1997); il Mai elimina le responsabilita' a carico delle compagnie multinazionali, gia' concordate dall'Ocse con le sue "Guidelines for Multilateral Enterprises" del 1976 (Oecd Code of Conduct for Multinational Enterprises, Paris 1992); l'esclusione dal negoziato dei paesi in via di sviluppo e con economie in transizione violerebbe le politiche Ocse sulla "partnership allo sviluppo" ("Shaping the 21st Century: The Contribution of Development Cooperation", Oecd 1997); nonostante gli effetti che l'accordo Mai potrebbe avere sulle politiche nazionali ed estere del nostro paese in tema di ambiente, occupazione, privatizzazione, mercati finanziari, ne' il Parlamento ne' la societa' civile sono stati adeguatamente informati e consultati; a poche settimane dalla prevista conclusione dell'accordo, i paesi negoziatori hanno presentato migliaia di eccezioni che dovranno essere negoziate in tempi strettissimi. Il nostro Paese ha presentato una serie di eccezioni, finora non rese pubbliche. Il Ministero dell'ambiente avrebbe compilato un dossier nel quale vengono analizzati i possibili effetti del Mai sulla legislazione ambientale e sugli impegni presi in quel campo -: se il Governo ritenga, allo stato attuale, necessario chiedere un rinvio della conclusione dell'accordo, fissato per aprile, al fine di garantire l'effettiva consultazione con la societa' civile ed il Parlamento, una valutazione obiettiva dell'impatto sociale, economico, ed ambientale, estendendo la partecipazione delle autorita' governative al negoziato, finora limitato ai ministeri di affari esteri, tesoro, bilancio e programmazione economica e commercio, includendo altresi' altre agenzie governative, ministeri e commissioni parlamentari; se il Governo ritenga necessario convocare d'urgenza una consultazione formale tra Ministri competenti e parti sociali (sindacati, associazioni di categoria, ambientaliste, e di cooperazione) per rendere pubblica la linea politica del nostro Paese nel negoziato e discuterne i contenuti prima della sua conclusione; se il Governo reputi necessario sostenere l'obbligo per gli investitori di rispettare accordi vincolanti relativi ad ambiente, lavoratori, sicurezza, salute pubblica e diritti umani; se il Governo ritenga essenziale porre in discussione il meccanismo di risoluzione delle controversie "investor-to-state" ora previsto e sostituirlo con meccanismi democratici e trasparenti che diano alla societa' civile eguale facolta' di richiamare gli investitori alle loro responsabilita'; se il Governo reputi fondamentale aumentare la trasparenza nel negoziato, pubblicando le bozze di testo ed altri documenti, quali la lista delle eccezioni presentate dal nostro paese e l'analisi degli effetti ambientali dell'accordo; se il Governo ritenga comunque che ci sia stato abbastanza tempo per acquisire informazioni e formulare tutte le riserve e gli emendamenti necessari nell'interesse nazionale prima della firma dell'accordo. (5-03755)

 
Cronologia
domenica 8 febbraio
  • Politica, cultura e società
    Nasce il partito dei Socialisti democratici italiani (Sdi), dall'unione tra i Socialisti italiani di Enrico Boselli, il Partito socialista di Ugo Intini e il Partito socialista democratico italiano di Gianfranco Schietroma.

sabato 14 febbraio
  • Politica, cultura e società
    Dopo tre giorni di lavori, si chiudono a Firenze gli Stati generali della sinistra. D'Alema propone che il partito assuma un nuovo simbolo e un nuovo nome: Democratici di sinistra.