Documenti ed Atti
XIII Legislatura della repubblica italiana
INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE 3/06914 presentata da TASSONE MARIO (MISTO) in data 20010216
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro delle politiche agricole e forestali, al Ministro della sanita', al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che: nell'attuale ministero delle politiche agricole e forestali (da ora in poi definito "MIPAF" nella presente interrogazione) esiste un servizio di vigilanza per la repressione delle frodi, originariamente definito dal regio decreto-legge 15 ottobre 1925, n. 2033, e dal conseguente regolamento d'esecuzione emanato con regio decreto 1o luglio 1926, n. 1361 (ancor oggi queste due fonti normative - parzialmente in vigore - costituiscono importanti punti di riferimento per il funzionamento di tale servizio in Italia); la direzione del predetto servizio veniva allora demandata ad altre amministrazioni (camere di commercio, dell'industria e dell'artigianato; universita'; altri istituti di ricerca); nell'anno 1985 il Governo dell'epoca presento' alla Camera dei deputati il disegno di legge Atto Camera n. 2745, volto a riordinare le competenze dell'allora ministero dell'agricoltura e delle foreste alla luce del decentramento regionale in atto per quel periodo storico; prima ancora che il Parlamento esaminasse quel progetto legislativo, all'inizio del 1986 si verifico' il grave episodio di sofisticazione del vino comportante l'aggiunta di metanolo di sintesi; il Governo d'allora, per rispondere alla forte protesta dei consumatori e dei produttori onesti, con decretazione d'urgenza detto' "Norme in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari" (decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282), introducendo misure sempre piu' rigorose per la repressione delle frodi ed istituendo in quel ministero dell'agricoltura e delle foreste l'"ispettorato centrale per la repressione delle frodi" (da ora in poi denominato "ICFR" nella presente interrogazione), quale organo centrale dello Stato articolato sull'intero territorio nazionale ed istituzionalmente preposto alla vigilanza per la prevenzione e la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio di prodotti agroalimentari nonche' delle sostanze d'uso agrario e forestale (articolo 10 della legge di conversione 7 agosto 1986, n. 462); la rapida evoluzione delle condizioni socio-economiche del Paese, con la conseguente esigenza di tutelare puntualmente i consumatori ed il mercato, non avrebbe potuto prescindere da una ridefinizione ordinamentale dei molti soggetti operanti in ambiti limitati e senza un coordinamento effettivo che garantisse l'esercizio di una vigilanza incisiva, uniforme e tempestiva, onde non a caso, per rendere efficace l'azione di controllo, il legislatore espressamente statui' che l'ICRF ed i NAS (nuclei antisofisticazioni) operassero in concorso con il Corpo forestale dello Stato (anch'esso facente capo al predetto ministero) e con gli altri organi di polizia ad ordinamento civile e militare (articolo 4 - settimo comma - del decreto-legge n. 282 del 1986, convertito nella legge n. 462 del medesimo anno; quella riorganizzazione puntuale del settore in discorso non avrebbe potuto prescindere dall'esigenza che lo Stato-apparato garantisse (ora come allora) allo Stato-comunita' strutture e professionalita' effettivamente idonee ad una vera, nonche' tempestiva, controprestazione in termini di servizi -: se intanto l'articolo 2 del decreto-legge 21 novembre 2000, n. 335, convertito con modificazioni nella legge 19 gennaio 2001, n. 3, e recante "Misure per il potenziamento della sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme bovina", si dimostri realmente idoneo a riorganizzare una struttura come quella dell'ICRF, dato che tale norma, nel sancire la dotazione organica di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 novembre 1996 (e tenuto conto dell'ormai cronica carenza del personale ivi impiegato), vieta ulteriori spesa nella medesima riorganizzazione e quindi non consente l'assunzione delle oltre 200 unita' (attualmente mancanti, su un organico complessivo di 880 unita') urgentemente necessarie per far funzionare a pieno ritmo la struttura; se la pianta organica dell'attuale MIPAF, redatta nel 1996, abbia inteso realmente soddisfare le esigenze della collettivita' in ordine ai nuovi compiti istituzionali cui esso veniva chiamato, e se in tal senso sia stata effettuata un'indagine accurata sull'effettivo fabbisogno di personale in termini di quantita' e di qualificazione professionale, o se piuttosto si sia fondamentalmente inteso mantenere sostanzialmente invariato l'organico ministeriale, non prendendo in considerazione neppure l'esigenza d'incrementare la dotazione organica con professionalita' importantissime come quelle di natura amministrativa e giuridica (dato che i titolari degli uffici territorialmente competenti per la repressione delle frodi sul territorio nazionale debbono - fra l'altro - irrogare esattamente le sanzioni che si rendano necessarie, pur avendo essi una formazione professionale diversa da quella giuridico-amministrativa), e se invece la maggior parte di queste professionalita' specifiche sia impiegata nella sede centrale del ministero; se, in tale contesto, ai cittadini informati il problema dell'infezione "BSE" (popolarmente nota con il nome di "mucca pazza") appaia fondatamente ancor piu' grave ed inquietante, e se soltanto ora le competenti autorita' stiano cominciando a recuperare un oggettivo ritardo pluriennale nell'adozione di concrete iniziative operative e stiano cominciando solo adesso a fornire informazioni adeguate; se, in materia, gia' anni orsono si sia disposto d'informazioni scientifiche sufficienti a giustificare azioni massicce da parte delle autorita' sanitarie italiane ed europee, e se comunque le carenze e negligenze gravissime, storicamente registrate, siano imputabili soprattutto al ministero dell'agricoltura indipendentemente dai diversi ministri succedutivisi e delle varie denominazioni assunte da quel dicastero negli ultimi anni; se fin dai primi anni Novanta la comunita' medico-scientifica abbia accertato che la ragione principale, se non unica, dell'infezione BSE nei bovini sia la presenza di farine d'origine animale nei mangimi utilizzati negli allevamenti, e se gia' allora fosse ben chiaro che tale consuetudine, originata indubbiamente dalla logica del profitto economico-mercantile spinta ad oltranza, rappresenti una violenza alla natura erbivora dei bovini e determini un'alterazione metabolica che e' responsabile di un'infezione rilevata sempre piu' spesso in allevamenti anche italiani; se percio' dal 1994 l'uso delle farine animali nei mangimi destinati ai bovini sia stata espressamente vietata proprio in relazione alle ben note conseguenze, se in particolare cio' sia stato imposto dall'articolo 1 - primo comma (non risultando praticamente applicabile in Italia il secondo comma) - della decisione della Commissione delle Comunita' europee 27 giugno 1994 (94/381/CEE, riferita a sua volta alla direttiva del Consiglio d'Europa 26 giugno 1990, n. 90/425/CEE, come modificata ultimamente dall'articolo 10 - paragrafo 4 - della direttiva n. 92/118/CEE), nel termine di trenta giorni dalla notifica della decisione medesima, e se tale divieto sia stato sostanzialmente confermato dal decreto legislativo 23 novembre 1998, n. 460 (attuativo della direttiva n. 95/53/CE), il quale fissa altresi' "i princi'pi relativi all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimentazione animale, fatte salve le disposizioni specifiche ed in particolare quelle in materia doganale e veterinaria" (articolo 1); se tale espresso divieto (piu' volte, dunque, ufficialmente ribadito a decorrere dal 1994) sia risultato gradito dai produttori di mangimi per animali - dato che essi d'un tratto si sarebbero visti sottrarre la possibilita' d'utilizzare, nelle loro produzioni, materiali dal costo pressoche' nullo -, e se per conseguenza il predetto divieto, originato da motivi d'estrema gravita' scientificamente fondati, sia stato costantemente disatteso ed infranto ovvero, in taluni casi, abbia determinato solamente la riduzione della quota di farine animali aggiunte ai mangimi; se la colpevole leggerezza o - peggio - il dolo eventuale, con cui taluni imprenditori avrebbero continuato tuttora ad utilizzare tali materiali, siano mai stati sufficientemente contrastati dal sistema di controlli posto in essere dai NAS, dal ministero della sanita' (o, meglio, dalle Aziende sanitarie locali) e soprattutto dal MIPAF che, per mezzo dell'Ispettorato centrale per la repressione delle frodi, avrebbe dovuto per primo controllare capillarmente l'intera catena di produzione, distribuzione ed utilizzazione dei mangimi animali; se inoltre corrisponda a verita' che la somministrazione di mangimi realizzati con farine animali riguardi non soltanto bovini, ma anche suini (prescindendo in questa sede dalla vecchia questione dei "polli alla diossina" o dell'avicoltura "agli estrogeni" nonche', in generale, della famigerata "carne agli ormoni" che e' stata all'attenzione anche della conferenza di Seattle avvenuta il 30 novembre 1999), e se in particolare sia fondata la notizia secondo cui recentissimamente in uno stabilimento di Lodi sarebbe stato scoperto un impianto per la trasformazione di residui della lavorazione di carne d'un pastificio in mangime, somministrato ad un vicino allevamento con quattromila suini; se dunque la responsabilita' dell'insufficienza dei controlli possa essere imputata al personale obiettivamente carente ovvero ai dirigenti di quel servizio "paralizzati" nella quotidiana attivita' lavorativa dalla scarsezza del numero di dipendenti loro affidato, o debba piuttosto essere ascritta al mancato coordinamento strategico-gestionale-operativo del servizio da parte dei vertici politici ed amministrativi succedutisi gli ultimi sette anni nel MIPAF, e se particolarmente in questi anni la struttura periferica (ossia quella operante sul territorio) dell'ICRF sia stata sempre piu' indebolita in termini d'infrastrutture, strumentazioni, risorse economiche e personale; se quindi un servizio di cosi' rilevante importanza per l'intera comunita' nazionale sia stato trascurato e sottovalutato, al punto che tutti gli uffici periferici responsabili dell'applicazione delle norme sul territorio (registrazioni amministrative, controlli chimici e biologici, interventi di polizia giudiziaria per sequestri e sanzioni diverse) soffrirebbero da molto tempo di disastrose carenze d'organico; se - particolarmente - nei predetti anni il MIPAF non soltanto non si sia preoccupato di tale problema, ma anzi abbia contribuito ad accentuarne l'entita' operando trasferimenti "selvaggi" di personale e depredando tali strutture-ICRF dei funzionari e degli impiegati piu' validi, e se in specie: a) moltissimi dipendenti, pur risultando in forza nelle proprie strutture periferiche (ad esempio: ispettorati per la repressione delle frodi in Milano, Asti, Torino, Roma eccetera), siano "comandati" (a volte, perfino contro la loro volonta') a prestare servizio in vari uffici centrali del ministero o addirittura in altre amministrazioni; b) taluni laboratori d'analisi non siano operanti per l'assenza totale di personale tecnico di laboratorio (ad esempio: l'ufficio di Asti), mentre parecchi altri siano costretti a lavorare al di sotto d'ogni minimo standard d'efficacia; c) in conseguenza di questa situazione molte tra le residue unita' lavorative tentino d'abbandonare la loro struttura lavorativa, ritenuta in sfascio irreversibile, con la speranza di trovare migliori stimoli lavorativi in altri enti pubblici o privati; se i dirigenti ed i funzionari direttivi degli ispettorati in parola - i quali rivestono, fra l'altro, la qualifica di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, a fronte della quale non esisterebbe per gli interessati alcun riconoscimento di carriera ne' economico - siano costretti a lavorare in situazioni incredibilmente disagiate nell'ambito di queste strutture tecnico-amministrative-giudiziarie, svolgendo compiti di grande rilevanza esterna (ad esempio: redigere personalmente atti amministrativi e giudiziari subito dopo avere svolto analisi di laboratorio) ed anche compiti loro estranei (ad esempio: guidare l'autoveicolo di servizio), sottoponendosi ad orari e trasferte pesantissimi senza riconoscimenti professionali ne' tantomeno economici, e se tali dirigenti e funzionari direttivi (soprattutto questi ultimi) siano sottoposti ad un contratto collettivo di lavoro costruito da forze sindacali loro estranee; se per tali dirigenti e funzionari le difficolta' lavorative aumentino specificamente ogniqualvolta si trovino in presenza d'evidenti confusioni ordinamentali, prima tra tutte quella sulla mancata definizione legislativa di conflitti di competenza per agire da parte di vari dicasteri, e se in materia: a) la legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modifiche ed integrazioni (depenalizzazione di reati minori) ed il relativo decreto del Presidente della Repubblica risalente all'anno successivo dispongano che competente ad agire sia il ministero cui la materia afferisce, e che - qualora il predetto ministero non abbia strutture periferiche istituzionalmente predisposte per quel servizio - competente divenga il prefetto della provincia in cui l'azione amministrativa deve compiersi; b) sia legittimo che, in materia d'agricoltura o zootecnia o foreste, di tali situazioni territoriali continui da ben quindici anni ad essere investito il prefetto della provincia (i cui poteri complessivi d'amministrazione risulteranno comunque accresciuti sul territorio di competenza, qualora s'approvi definitivamente il regolamento in itinere sugli Uffici territoriali di Governo), quando il MIPAF sarebbe gia' dotato delle articolazioni periferiche dell'ICRF, presenti sull'intera Nazione anche se organizzativamente ridotte a brandelli nel predetto quindicennio; c) sia giusto e moralmente onesto addebitare - come pare stia gia' avvenendo nel dicastero del MIPAF - agli uffici periferici dell'Ispettorato in parola una presunta sottovalutazione del "fenomeno-BSE", adducendo a sostegno di tale posizione l'avere svolto (da parte dei predetti uffici) i controlli mangimistici inadeguatamente rispetto a quanto richiesto dalle circostanze, e se invece una tale posizione tradisca la mancata conoscenza o comunque la non considerazione, da parte dell'Amministrazione centrale, delle realta' effettivamente esistenti in quegli uffici periferici, lasciati per vari decenni in una situazione di completo abbandono; d) l'articolo 2 del decreto-legge 21 novembre 2000, n. 335, convertito nella legge 19 gennaio 2001, n. 3, nel delegare il ministro delle politiche agricole e forestali alla riorganizzazione dell'ICRF (perche' ne sia garantita una maggiore efficienza funzionale ed organizzativa), abbia stabilito che l'attuale dotazione organica di personale debba riprodurre quella individuata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 novembre 1996, ma senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato; e) la prescritta assenza d'oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato consenta di colmare gli attuali vuoti d'organico (oltre un quarto del personale complessivo) e, percio', d'attuare la nuova legge rispondendo efficacemente al primario scopo di tutelare la collettivita'; f) i pochi dirigenti e funzionari (altri istituti sono guidati, infatti, da reggenti) nonche' le altre unita' di personale, rimasti negli IRF periferici per tentare - tra mille difficolta' pratiche - di svolgere i propri compiti con dignita', senso di responsabilita' ed impegno umano e civile, di fronte alle predette insinuazioni su presunte inefficienze proprie, si sentano ingiustamente colpiti da un'altra "tegola" rispetto al loro "senso dello Stato" che malgrado tutto continuano a nutrire e coltivare; g) tali insinuazioni malevole siano specificamente instillate con palese malafede da un dirigente generale del MIPAF, che cosi' tenterebbe di scaricare ingiustamente proprie responsabilita' gestionali addosso ai dirigenti dell'Ispettorato, i quali invece avrebbero cercato invano di far funzionare bene la struttura in parola malgrado la sua ormai cronica carenza di personale e mezzi nonche' l'abbandono cui tale struttura sarebbe risultata sottoposta dai vertici ministeriali, e per via gerarchica avrebbero denunziato puntualmente e tempestivamente e reiteratamente e vanamente quelle inadempienze che con tutta evidenza non sarebbero ascrivibili a loro colpa; se - malgrado lo sfascio dell'Ispettorato - l'abnegazione di tutte quelle unita' lavorative abbia ugualmente consentito d'effettuare un certo numero di controlli sui mangimi prodotti e posti in commercio e percio', in molti casi, di contestare reati di frode od infrazioni della vigente normativa italiana ed europea; se invece molte di queste contestazioni siano poi state e siano tuttora neutralizzate dalle analisi chimiche o biologiche di seconda istanza, che la legge prevede vengano svolte da personale specializzato presso i laboratori d'alcuni Istituti di ricerca e sperimentazione agraria dipendenti - guarda caso - sempre dal ministero per le politiche agricole e forestali, e se l'organizzazione riscontrabile sia stata e sia comunque tale, che il numero delle analisi contestate (e, quindi, da ripetere nei predetti Istituti) fosse e sia costantemente maggiore di quello eseguibile in tali laboratori, onde i campioni d'analisi, invecchiandosi troppo, non sarebbero stati ne' sarebbero piu' analizzabili, ed eventuali ricorsi sarebbero stati e sarebbero giocoforza accoglibili per l'impossibilita' di confermare la contestazione sollevata nelle analisi di prima istanza; se dunque anche nel caso predetto, malgrado ripetute segnalazioni da parte degli Istituiti cui prima s'accennava, gli organici nonche' i materiali e le risorse a disposizione di queste fondamentali attivita' siano sempre stati cosi' carenti, da indurre perfino il sospetto che determinate situazioni fossero e siano volute; se in occasione delle riforme istituzionali conseguenti alle "leggi Bassanini" del 1997, poi, si sia trovato il modo di dare il "colpo di grazia" su alimenti, bevande, mangimi ed altro, dato che la riforma del MIPAF prevede la riduzione degli uffici periferici dell'Ispettorato centrale per la repressione delle frodi e del relativo personale (ecco, forse, la ratio di una riorganizzazione "a costo zero" prevista per l'ICRF dalla citata legge n. 3/2001!), mentre la riforma degli istituti di ricerca prevede particolari meccanismi per il reperimento di fondi (ricerca in conto-terzi), meccanismi basati su collaborazioni con privati che tuttavia potrebbero essere i medesimi operatori economici soggetti a controlli e, quindi, ad analisi di revisione negli Istituti stessi; se nel testo del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, che (per delega della legge 15 marzo 1997, n. 59) regola la riforma degli Istituti di ricerca e sperimentazione agraria, non vengano neanche menzionati i Servizi per la revisione delle analisi (non essendo chiaro se tali competenze debbano essere demandate ad altri enti, o se debbano essere inserite nello statuto e nei vari regolamenti previsti per l'istituito "Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura"), se ancor piu' preoccupante risulti la completa assenza di qualunque informazione sulle vie che saranno intraprese al riguardo (onde tra il personale interessato risulterebbe impellente il timore che tutto continui a procedere nella medesima maniera qui denunziata), e se particolarmente risulti che si temano quindi: a) l'assenza di un'organizzazione dei servizi; b) l'inesistenza di un'autonomia dei servizi stessi rispetto all'autorita' ministeriale (da un lato) e - come sarebbe ovvio - rispetto alle esigenze della ricerca (dall'altro lato); c) lo scarso avanzamento della ricerca stessa nell'ambito alimentare, spesso persasi in controlli fini a se stessi; d) una conseguente disorganizzazione ed una perdurante carenza di personale dei vari livelli, addetto ai servizi; se allora, in definitiva, con una simile riforma si sia persa una buona occasione per rendere piu' forte il sistema dei controlli agroalimentari e per rendere piu' razionale il collegamento tra i vari organi a cio' preposti (ASL, NAS, Istituti zooprofilattici, Ispettorato per la repressione delle frodi al livello centrale e nella sua articolazione territoriale, Servizi per la revisione delle analisi nell'ambito degli Istituti sperimentali), rendendo anche piu' agile la ricerca nei vari settori; se un esempio tipico di questo drammatico stato attuale di cose sia costituito dalla sovrapposizione ormai decennale delle competenze sulle analisi di revisione (anche per quelle sui mangimi) tra gli Istituti sperimentali e l'Istituto superiore di sanita' - onde le varie analisi di revisione sarebbero svolte in alcuni casi da quegli istituti sperimentali ed in altri dall'ISS, a seconda del tipo di analisi da effettuare ed inoltre con differenti costi per chi vi ricorre -, e se tutto cio' avvenga "grazie" a confusi accordi interministeriali che renderebbero una sorta di colabrodo tutto il sistema, ostacolando o vanificando spesso l'azione d'organi preposti univocamente al controllo come le ASL, i NAS e gli IRF; se la menzionata disorganizzazione, equamente suddivisa tra i dicasteri della Sanita' e del MIPAF, abbia insomma consentito di lasciare non risolti (dal 1996 ad oggi) sia i problemi connessi ai controlli in campo mangimistico, sia quelli correlati alla ricerca, e se appunto la ricerca costituisca a tutt'oggi l'unica via d'uscita per affrontare temi tanto gravi come la BSE; se frattanto, in pratica, gruppi di mangimisti "disinvolti" siano riusciti ad operare come se il divieto d'utilizzare nei mangimi farine animali non esistesse, e cio' non perche' i controlli non vi fossero (soprattutto da parte dei NAS), ma perche' il controllo mangimistico (e non solo quello oggi, in Italia) risulterebbe organizzato come un lungo tunnel dove, muovendosi opportunamente, si riuscirebbe spesso ad uscire quasi indenni; se dunque, in conclusione, finalmente sia giunta l'ora d'affrontare una cosi' complicata situazione gravemente pregiudicante la salute umana e degli animali, allo scopo di evitare che le attuali carenze ulteriormente s'aggravino accentuando la confusione che esisterebbe tra la necessaria collaborazione "pubblico-privato" (in quanto finalizzata al benessere comune) e la commistione tra i due settori (che sarebbe cosa ben diversa!) e se infine i cittadini nonche' la collettivita' intera possano fondatamente scongiurare un'impotente e disperata rassegnazione a considerare ormai l'"encefalopatia spongiforme bovina" un nemico imbattibile. (3-06914)