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Documenti ed Atti

XIV Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/05057 presentata da SARDELLI LUCIANO MARIO (FORZA ITALIA) in data 20/01/2003

Interrogazione a risposta scritta Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-05057 presentata da LUCIANO MARIO SARDELLI lunedì 20 gennaio 2003 nella seduta n. 249 SARDELLI e FRIGERIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che: continuano a prodursi atti istituzionali che attivano le politiche di allargamento dell'Unione europea verso i Paesi dell'Europa dell'Est; di pari passo crescono gli scambi economici e commerciali con i suddetti Paesi; si rendono sempre più necessarie le realizzazioni di grandi reti infrastrutturali che facilitino lo sviluppo e la cooperazione all'interno dei paesi dell'Unione europea -: quali iniziative il ministro interrogato intenda promuovere per accelerare la realizzazione dei Corridoi 5, 8 e 10; se il ministero delle infrastrutture e dei trasporti persegua una politica di complessiva promozione dei Corridoi o ne abbia individuato delle priorità.(4-05057)

Risposta scritta Atto Camera Risposta scritta pubblicata giovedì 17 luglio 2003 nell'allegato B della seduta n. 342 all'Interrogazione 4-05057 presentata da SARDELLI Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in discorso, si forniscono i seguenti elementi di risposta. Per quanto riguarda i valichi e il completamento dei corridoi transeuropei, il transito delle merci attraverso l'arco alpino costituisce una singolarità che danneggia sempre di più l'economia dell'Italia e, quindi, quella dell'intera Unione europea. Il ruolo dell'Italia all'interno dello spazio geoeconomico dell'Unione europea si evince chiaramente dalla distribuzione territoriale del PIL all'interno della comunità. Su quindici bacini territoriali europei leader nel PIL ben sette ricadono nel nostro paese e, a differenza dagli altri che sono distribuiti sull'intero sistema territoriale europeo, quelli italiani costituiscono una vera macroregione, formata dal Piemonte, dalla Valle d'Aosta, dalla Liguria, dalla Lombardia, dall'Emilia-Romagna, dal Trentino-Alto Adige e dal Veneto. Tale macroregione è un teatro economico chiave per lo sviluppo dell'intero sistema comunitario, un teatro che - insieme al resto del paese e, quindi, all'Europa - vive ormai una situazione patologica. Per capire la preoccupante patologia verso cui il sistema logistico si sta sempre più in modo irreversibile avviando, sono sufficienti alcuni dati già ricordati e ribaditi recentemente al Parlamento europeo. Nel 1967, lungo l'intero arco alpino sono transitati 19 milioni di tonnellate di merce, nel 2002 135 milioni di tonnellate e dal 2010 al 2015, ipotizzando una crescita limitata del PIL, si prevede un volume di circa 150 milioni di tonnellate. Dal 1967 ad oggi la quantità della merce transitata lungo l'arco alpino è praticamente cresciuta del 700 per cento; nello stesso arco temporale non si è attivata in modo organico e concreta la progettazione di alcun nuovo valico. Nel 2000 il valore della merce passata attraverso le Alpi è stato superiore a 108 miliardi di euro e, in condizioni assolutamente fisiologiche dell'attuale offerta di trasporto su ferro e su gomma, l'incidenza del costo del trasporto sul valore del trasportato avrebbe dovuto attestarsi intorno al 5-7 per cento, cioè pari a 6,2 miliardi di euro. Nei fatti questo valore - sia per i vincoli legati in molti casi alla chiusura di alcuni valichi sia per le penalizzazioni di natura amministrativa, quali gli ecopunti, sia infine per l'assenza di adeguati interventi infrastrutturali, quali i nuovi valichi del Frejus e del Brennero - passa dal 5-7 al 15-18 per cento, raggiungendo una cifra pari a circa 18 miliardi di euro. Ovviamente, tutto ciò danneggia la competitività dei prodotti italiani e dei paesi che hanno interessi commerciali con l'Italia e con il Mediterraneo. Quindi, occorre passare dalla fase dell'approccio analitico a quella più organica e concreta che indichi e definisca subito tre punti: le azioni da esercitare nel breve periodo, le azioni progettuali e procedurali del medio e lungo periodo, i soggetti e gli strumenti capaci di evitare nel tempo ripensamenti sulle scelte adottate. Nel 2002 un apposito studio - elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali, e già trasmesso alle autorità comunitarie tramite la rappresentanza diplomatica italiana presso l'Unione europea - ha dimostrato in modo chiaro le conseguenze degli intralci esistenti per l'attraversamento delle Alpi. Tale studio evidenzia che, dalla chiusura della galleria del monte Bianco al primo trimestre del 2002, il danno per il nostro Paese è stato pari a non meno di 3.000 milioni di euro (i maggiori costi per l'autotrasporto sono calcolabili in 1.000-1.200 milioni di euro, i restanti 2.000 milioni di euro circa rappresentano una stima prudenziale delle minori esportazioni italiane nei confronti delle altre nazioni). Per capire il grado dell'emergenza e la dimensione del danno, generato dalla mancata infrastrutturazione e dall'imposizione di alcuni vincoli di natura amministrativa, sono utili le considerazioni seguenti. Il valore medio della merce transitata nel 2000 lungo l'intero arco alpino si è attestato intorno ai 109.000 milioni di euro. L'incidenza media del costo del trasporto su questo valore ha superato i 6.500 milioni di euro. Un peggioramento delle condizioni di transito porterebbe questo valore - come detto prima - a soglie addirittura superiori ai 18 mila milioni di euro. Questi dati - e in particolare l'ultimo - denunciano chiaramente che una incidenza così rilevante dei costi della logistica genera automaticamente una crisi delle forme di concorrenzialità tra i prodotti e tra i mercati e quindi una crisi delle forme di competitività del territorio. Tutto questo innesca processi di delocalizzazione irreversibili di alcune attività produttive presenti nella Padania. Occorre infatti ricordare che il volume di circa 135 milioni di tonnellate di merci nell'anno 2001 rappresenta oltre il 35 per cento del volume globale di import-export dell'Italia. Appare così evidente che è sufficiente un blocco lungo un asse o una penalizzazione di natura burocratico-amministrativa su un valico per misurare immediatamente quale danno per l'Italia sia la fragilità del nostro sistema di scambi. I valichi, quindi, non sono più un segmento frontaliero ma sono diventati ormai un segmento di itinerari lunghissimi su cui vive e si sviluppa l'economia non di una regione ma di più Stati. Infatti, non ha più senso parlare di valico del Frejus , dei valichi del Bianco, del Sempione, del Brennero o del valico di Pontebba. Oggi, invece, può dirsi - per esempio - che il corridoio 5, nella sua estensione di oltre 3 mila chilometri, incontra un vincolo nel transito attraverso il Frejus ; che il corridoio tirrenico Genova Rotterdam incontra nel transito attraverso il Sempione un punto critico che azzera la potenzialità di interscambio tra i due bacini marittimi del Mare del Nord e del Mediterraneo; che il corridoio nord-sud, da Berlino fino a Palermo attraverso Verona, trova nel valico del Brennero una soluzione di continuità la quale rischia di compromettere - tra l'altro - le enormi potenzialità dei due teatri geoeconomici dell'area centromeridionale della Germania e della Padania. Prende corpo così, alla luce ditale nuovo approccio alla politica dei valichi, anche un nuovo rapporto con i paesi frontalieri e con la nuova Unione europea. È quindi utile chiarire in modo sintetico quali sono le problematiche con i singoli Stati (cioè con la Francia, la Svizzera e l'Austria). Il rapporto con la Francia, oltre al lungo confronto vissuto a valle dell'apertura del Bianco, è caratterizzato dalla altalena decisionale seguita da tale paese nella realizzazione del nuovo valico ferroviario del Frejus cioè dell'Alpetunnel. I dati relativi alla capacità residua indicano nel 2015 l'anno in cui si raggiungerà la saturazione se non si farà niente. Questo è il motivo per cui bisogna impegnarci ad ottenere le opere che abbiamo programmato con la Legge «Obiettivo» nell'ambito del CIPE, lottando con i paesi frontalieri per ottenere quanto ci serve. Ritenere che la saturazione lungo l'arco alpino dei transiti ferroviari si raggiunga nel 2020 e non nel 2012-2015, significa in realtà produrre due forti distorsioni: una di tipo ambientale per il maggiore inquinamento dovuto al traffico su strada e una di tipo prettamente economico per i problemi di diseconomia prodotti dalla mancanza di transitabilità attraverso l'arco alpino. Il rapporto con la Svizzera può essere circoscritto essenzialmente alle problematiche legate al tunnel del San Gottardo. Sono ancora in corso di valutazione gli effetti e l'impatto del nuovo regime di circolazione, soprattutto per verificarne la compatibilità con gli impegni sottoscritti dalla Svizzera nel protocollo trasporti dell'accordo Comunità europea-Svizzera. Il rapporto con l'Austria contiene, invece, ancora delle forme che ricordano le vecchie logiche di contingentamento dei traffici, logiche completamente antitetiche alla delibera circolazione delle merci all'interno della Unione europea. Il sistema degli ecopunti, infatti, si configura ormai non come una difesa dell'ambiente, ma solo come un vincolo strumentale ai transiti. In particolare, quindi, il Governo italiano ha praticamente deciso in modo inequivocabile - ed invocando l'interesse vitale che il sistema degli ecopunti cessi il 31 dicembre 2003, come era stato previsto al momento dell'entrata dell'Austria nella Unione europea. Ogni contingentamento dei transiti attraverso l'Austria andrà azzerandosi nel prossimo biennio, con contestuale liberalizzazione dei mezzi non inquinanti. Contemporaneamente, sul versante ferroviario, il nostro Paese ha espressamente ribadito che bisognerà - tra l'altro - confermare la priorità assoluta della costruzione della galleria ferroviaria di base del Brennero, opera che, dall'ultimo piano generale dei trasporti austriaco, risulta essere stata rinviata a data da definirsi e comunque a dopo il 2021, mentre sono stati anticipati gli interventi a favore di altre direttrici. L'Austria vuole investire sulla direttrice est-ovest invece che sulla nord-sud. È, questa, cosa gravissima, che è stata posta all'attenzione del commissario De Palacio ed è stata ribadita continuamente settimana per settimana e in ogni sede. Bisogna concordare con gli altri paesi confinanti un sistema di finanziamento incrociato delle infrastrutture ferroviarie, in modo che tutto il flusso di traffico, in proporzione ad ogni singola capacità inquinante, contribuisca alla realizzazione delle nuove ferrovie. Questo del finanziamento incrociato sul Brennero, tra autostrada e ferrovia, è un problema che, per primi, gli italiani hanno posto in sede europea. È utile, tra l'altro, ricordare quali siano gli sforzi concreti in termini di risorse che il nostro Paese sta attuando e programmando per dare attuazione concreta alla realizzazione dei nuovi valichi. Solo per la soluzione dell'attraversamento ferroviario delle Alpi è previsto un costo di 11.946 milioni di euro. L'Italia ha già previsto un primo programma di infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale (programma incluso nella Legge «Obiettivo») pari a 6.365 milioni di euro. Ma l'Italia ha anche realizzato, in coerenza con gli impegni internazionali assunti, un programma di potenziamento della linea Verona-Brennero in fase di realizzazione. Per tale motivo, oltre che con azioni mirate alla infrastrutturazione della rete ferroviaria, l'Italia ha promosso anche iniziative di incentivazione della modalità ferroviaria. Infatti, con legge n. 166/02 (collegato infrastrutture), il nostro Paese incentiva in modo concreto il trasporto combinato ed accompagnato. Questo provvedimento, in particolare, prevede un impegno finanziario di oltre 350 milioni di euro a favore di quelle imprese di trasporto che trasferiscono su ferrovia quantità di merci oggi trasportate su strada. Per tutto quanto detto sinora è indispensabile che tutti i Paesi alpini accettino il principio della solidarietà e del finanziamento incrociato delle infrastrutture di trasporto. Secondo i calcoli del Brenner-Basistunnel, sarebbero sufficienti solo pochi centesimi di euro per ogni vettura e per ogni camion che circola nel bacino di adduzione che porta all'area alpina per recuperare integralmente il costo delle infrastrutture. In tale contesto, l'Italia vive con drammatica attualità tutta la fragilità del sistema di scambi alpino. Alla luce di queste considerazioni si ritiene che, quanto prima, l'Italia sottoporrà come Paese una apposita risoluzione che riporti in ambito fisiologico una sommatoria di emergenze ormai aperte su tutti i segmenti frontalieri nazionali con l'Europa. Ritardare una simile azione significa azzerare in modo irreversibile la competitività del sistema produttivo italiano all'interno dell'Unione europea. In proposito, è sufficiente un dato: il costo da congestionamento a scala europea generato dal traffico delle merci nel 2000 ha superato l'1 per cento del PIL dell'intera Unione europea. In Italia questo costo ha superato l'1,4 per cento del PIL nazionale e tali valori, in assenza di adeguati interventi, raggiungeranno rispettivamente nel 2010 l'1,3 per cento del PIL europeo e l'1,8 per cento del PIL nazionale. Al fine di rispondere a questa emergenza che da oltre quarant'anni ha visto sempre più il nostro Paese soccombere in termini di competitività e di efficienza nell'accesso ai mercati, la linea politica e strategica adottata dal Governo ha seguito tre distinti filoni operativi. In primo luogo, l'organica ed urgente infrastrutturazione dei punti critici del tessuto connettivo che consenta al sistema arterioso ferroviario e stradale di funzionare correttamente senza strozzature, come quelle degli attuali valichi. In secondo luogo, la vera liberalizzazione dell'intero comparto trasporti, in modo da liberare intelligenze competitive sia nell'ottimizzazione dell'offerta di trasporto sia in quella che amplifica l'organizzazione logistica. In terzo luogo, la ricerca sistematica di modalità alternative e tecnologiche innovative, cioè la ricerca di itinerari alternativi, quali la via del mare e il contestuale ricorso a sistemi informatici che abbattano il rilevante carico a vuoto oggi presente in molte attività di trasporto. Questa serie di considerazioni e di approfondimenti sulla tematica dei valichi - e, quindi, sulla coerenza degli Stati membri alle scelte del Trattato di Roma - trova oggi una serie di motivazioni e di urgenze aggiuntive. La prima è la rilevanza dei corridoi europei e del nuovo TEN ( Transport european network ), cioè i grandi corridoi TEN paneuropei, all'interno dei quali ci sono tutti i valichi che rappresentano delle strozzature nevralgiche. La seconda urgenza è l'allargamento dell'Unione europea prima a 10 e poi a 12 nuovi paesi (questo è un punto delicato per quanto riguarda la strategia delle reti TEN e della politica sui valichi). In merito al primo cambiamento sostanziale, solo oggi, grazie al lavoro svolto in questi 20 mesi dal Governo, si è accertato che l'attuazione organica di questi corridoi plurimodali rende la vasta area centromeridionale dell'Europa un teatro geoeconomico altamente competitivo. Si evidenziano, in modo particolare i due corridoi paneuropei che rappresentano i cordoni ombelicali essenziali tra l'area occidentale ed orientale dell'Europa, in particolare sui corridoi 5 e 8. Nel 2001 esistevano brandelli di infrastruttura sparsi in tutta Europa, non collegati, non coordinati e non compresi in un sistema di rete organico. In sede europea si vuole proporre ed imporre dei corridoi europei: si tratta di un lavoro delicato che dovremo svolgere nei sei mesi di presidenza italiana e poi, condividere anche con la Commissione Vermeer che, in questo momento, sta operando sul problema delle reti TEN. I corridoi 5, 8, sud e nord si collegano, da una parte, con Rotterdam e, dall'altra, con Berlino in maniera da creare un tessuto indispensabile per il potenziamento della nostra economia. In particolare, il corridoio 5 costituisce un vero ponte - al cui interno sono presenti varie potenzialità di natura logistica, commerciale e di grande rilevanza produttiva - fra il sistema economico dell'area occidentale ed orientale dell'Europa. La sua impostazione iniziale, che prevedeva come terminale comunitario il nodo di Trieste, denunciava una limitata funzionalità, in quanto non chiariva la forte penetrazione che tale corridoio riusciva ad avere all'interno dell'area occidentale dell'Europa. In realtà, il corridoio 5 si estende fino al Portogallo e riesce ad aggregare oltre il 36 per cento del traffico delle merci nel nuovo sistema europeo. I corridoi concorrenti sono quello intermedio, che va da Budapest verso Vienna e Strasburgo, e quello alto, che va da Kiev a Berlino. Per quanto riguarda le percentuali di traffico, il 36 per cento afferisce al corridoio 5, quello più importante perché collega l'est e ovest passando attraverso la pianura Padana, e, presumibilmente, il 18 per cento all'intermedio e il 21 per cento a quello superiore. Oggi occorre sapere che cosa intendano fare i singoli paesi dell'Unione europea per definire chiare forme di gestione del corridoio. Tutti gli ambiti interportuali, portuali ed aeroportuali, da Lisbona a Kiev, sono nodi intermodali che consentono al mercato orientale dell'Europa di interfacciarsi con un sistema produttivo che rappresenta oltre il 40 per cento di quello dell'Unione europea. Infatti, i tre corridoi tirrenico (Palermo-Rotterdam), dorsale centrale (Roma-Gottardo) e adriatico (Brindisi-Berlino) intersecano tutti il corridoio 5, consentendo in tal modo al sistema arterioso del paese di entrare nella rete della nuova Europa. Il corridoio n. 8 rappresenta, invece, il ponte tra il mar Nero e il mar Adriatico, ed è caratterizzato sia da reti infrastrutturali nei punti nodali di grande rilevanza strategica perché, oltre alle reti stradali e ferroviarie, contiene un interessante sistema di condotte di gas e di petrolio i punti nodali (il porto di Varna, di Durazzo, gli interporti e di Tirana) danno al corridoio le caratteristiche di un sistema integrato capace di interagire ad est con Baku - e, quindi, con uno dei paesi con elevata ricchezza di giacimenti petroliferi - e ad ovest con il Mediterraneo e con l'Italia, che offre a tale corridoio una vera continuità funzionale e strategica attraverso il corridoio adriatico. Quindi, la portualità pugliese rappresenta la vera cerniera tra i due corridoi e, anche in questo caso, fa sì che gli stessi generino un sistema. Si perde così la caratteristica prettamente legata all'infrastrutturazione degli assi trasportistici e prende corpo, come per il corridoio 5, un vero sistema integrato, che trova nel nostro territorio una serie di occasioni per amplificare le sue potenzialità logistiche e le sue attitudini ai processi di mercato. L'attuale Governo ha attivato, attraverso atti concreti e misurabili, una serie d'iniziative che, finalmente, consentono al nostro Paese di confrontarsi con gli altri stati dell'Unione europea, recuperando il debito infrastrutturale e dimostrando in modo chiaro quanto sforzo strategico e quante risorse economiche lo Stato italiano stia investendo nei corridoi 5 e 8. Per testimoniare l'incisività delle azioni svolte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti negli ultimi venti mesi sul segmento ferroviario del corridoio 5, lungo il collegamento Torino-Milano-Venezia-Trieste, sono sufficienti alcuni dati. Lungo l'asse del corridoio 5, esteso circa 600 chilometri, si è riuscito ad aprire i cantieri su oltre 125 chilometri di rete ferroviaria; sono in corso i lavori, con avanzamento del 16 per cento, della Torino-Novara; sono partiti un mese fa i lavori della Padova-Mestre e, quanto prima, partiranno quelli della Novara-Torino. Sempre su tale asse ferroviario un anno fa (dopo oltre vent'anni di studi di fattibilità) sono partiti i lavori di una prima galleria di prospezione geologica e di sicurezza sul traforo dell' Alpetunnel . Quanto prima partiranno anche i lavori sull'asse ferroviario Milano-Verona-Padova (un asse su cui il passato Governo aveva deciso di bloccare ogni iniziativa per la progettazione). Per le opere stradali, la realizzazione del nuovo collegamento autostradale Milano-Bergamo-Brescia (la Brebemi), la realizzazione della quarta-corsia autostradale Milano-Bergamo e il passante di Mestre rappresentano interventi su cui apriremo i cantieri entro la fine dell'anno o, al massimo, entro i primi mesi del 2004. Si pone oggi, quindi, un chiaro confronto su cosa i singoli paesi dell'Unione europea intendano fare non solo per infrastrutturare il corridoio ma per definire chiare forme di gestione dello stesso. La costituzione del segretariato del corridoio 5 presso la città di Trieste ed il monitoraggio sistematico su tutto ciò che a livello programmatico, progettuale e realizzativo si sta facendo ha dunque dato non solo certezza e concretezza di attuazione al sistema progettuale ma ha anche finalmente consentito un primo interesse di natura finanziaria all'intera iniziativa. In merito, poi, a quello che il Governo italiano ha fatto per dare attuazione alle scelte strategiche del corridoio 8, ritengo opportuno ricordare che nel mese di settembre dello scorso anno è stato firmato con i ministri dei trasporti di Albania, Bulgaria, Macedonia, Grecia e Turchia un protocollo di intesa per la costituzione e l'attuazione del corridoio stesso. La lunghezza del corridoio ferroviario è stimata in circa mille e 270 chilometri, mentre l'estensione delle strade è di circa 960 chilometri. In tale protocollo finalmente si è identificato un rilevante numero di colli di bottiglia da eliminare ed alcuni nuovi collegamenti da realizzare; tra questi, il potenziamento della rete stradale attuale e l'eliminazione dei colli di bottiglia presenti sul corridoi (in modo particolare in Albania), lo sviluppo del porto di Durazzo, il completamento dei collegamenti ferroviari tra Macedonia e Bulgaria, la realizzazione di un collegamento ferroviario tra Macedonia e Albania. Il nostro Paese si è impegnato, sempre attraverso tale protocollo, a finanziare le attività del segretariato del corridoio - istituito sempre nel mese di settembre dello scorso anno nella città di Bari - e ad attivare gli studi previsti dall'apposito memorandum . In merito al secondo cambiamento sostanziale (cioè quello relativo all'allargamento dell'Unione europea), è opportuno ricordare che il prossimo semestre di presidenza italiana vede il sistema mediterraneo al centro delle strategie della nuova Europa, perché la nostra presidenza è l'ultima prima dei prossimi nove anni di un paese che si affaccia sul Mediterraneo. Pertanto, è fondamentale porre la dovuta attenzione proprio alle tematiche legate al sistema meridionale della nuova Europa, dove compaiono realtà come Malta e Cipro. Quindi, andrà riconosciuta finalmente l'adeguata rilevanza che il bacino del Mediterraneo svolge e svolgerà sempre più nei processi logistici ed economici con i paesi dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente. Per questo motivo, si è ritenuto opportuno tenere a Napoli la prossima riunione informale dei ministri dei trasporti dell'Unione europea, proprio per fissare con un apposito documento degli impegni e delle linee guida per definire un master plan delle infrastrutture e dei trasporti della nuova Europa, che comprenda tutte le nostre esigenze in termini di reti transeuropee. Si tratta di un master plan che vuole il Mediterraneo e il Mezzogiorno teatri strategici chiave per il superamento dei vincoli del transito lungo le Alpi che, pur se ubicate al nord del paese, penalizzano di più proprio le aree meridionali e periferiche. La presenza di 12 nuovi Paesi (la maggior parte ubicati nell'area orientale dell'Europa) e il contestuale convincimento italiano nel credere nei due corridoi paneuropei 5 e 8 costituisce un arricchimento sostanziale del ruolo che l'Italia potrà svolgere in questo nuovo contesto. Alla luce anche di un interessante lavoro che, proprio in questi mesi, la Commissione europea sta attuando per rivisitare tutti gli asset e tutti i nodi portanti dell'Unione formata da 27 paesi, si ritiene che la riunione informale di Napoli del prossimo mese di luglio rappresenti un riferimento determinante per la certificazione di ciò che, in precedenza, è stato definito master plan delle infrastrutture e dei trasporti dell'intera Unione europea. Si tratta di un master plan voluto dal nostro Paese e a cui abbiamo fornito un contributo essenziale. Le grandi scelte strategiche, soprattutto su scala internazionale, hanno bisogno di intuizioni lungimiranti. Di solito si è di fronte a scelte in cui il domani è già ieri. Proprio per questo, sarebbe assurdo perdere questo particolare momento storico ed imperdonabile non essere attori determinanti nella identificazione di quelle scelte che segnano il percorso di crescita economica di una nazione. Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.



 
Cronologia
martedì 14 gennaio
  • Parlamento e istituzioni
    Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nomina Emilio Colombo, politico, senatore a vita per altissimi meriti in campo sociale

domenica 26 gennaio
  • Politica, cultura e società
    Muore a Torino Gianni Agnelli, imprenditore e industriale italiano.