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Documenti ed Atti

XIV Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13762 presentata da GIORDANO FRANCESCO (RIFONDAZIONE COMUNISTA) in data 18/04/2005

Interrogazione a risposta scritta Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-13762 presentata da FRANCESCO GIORDANO lunedì 18 aprile 2005 nella seduta n. 613 GIORDANO, ALFONSO GIANNI e PROVERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che: la Teleco cavi S.p.A. di Roseto degli Abruzzi (Teramo) nasce nel 1975 tramite progetto GEPI dopo la chiusura della Monti (fabbrica tessile) sempre a Roseto. Parte dei lavoratori della ex Monti vengono riconvertiti, tramite corsi di formazione tenutisi a Caronno (Milano), nel settore della produzione di cavi telefonici in rame; proprietaria dell'azienda è la famiglia Bruni che porta la Teleco al suo massimo fulgore negli anni '80 soprattutto con gli sviluppi della tecnologia della costruzione di cavi telefonici in fibra ottica. Della Teleco è il progetto ed il prototipo dei primi cavi scanalati in fibra che, a fronte di ingenti commesse Telecom (ex SIP), coprono i primi grandi progetti delle dorsali autostradali; nel 1989 la Teleco cavi entra in Borsa e, in breve tempo, vede moltiplicarsi il valore dei dividendi (il titolo passa dalle 2.500 lire dell'emissione sino a circa 13.000 lire); a questo periodo sono da ascriversi gli investimenti che vedono nascere lo stabilimento di «Teleco Fibre», contiguo allo stabilimento originario di cavi rame, e la GCR nata sul territorio di Notaresco (Teramo). Già presente è lo stabilimento Cables di Voltarrosto (nel Comune di Roseto) che a lavoro a circa 15 dipendenti; è il periodo del boom delle assunzioni tramite contratti di formazione lavoro e la Teleco da lavoro ad oltre 300 dipendenti. A fronte di questo c'è un leggero ridimensionamento e la famiglia Bruni passa la mano nel 1993. In questo anno si ha la prima riduzione del personale con una mobilità incentivata che vede fuoriuscire dall'azienda oltre 30 dipendenti; la mobilità è morbida ed accompagna, senza particolari traumi, alla pensione i dipendenti più anziani che hanno i requisiti; successivamente alla ristrutturazione si ha il passaggio alla multinazionale Siemens; nel periodo che va dal 1993 al 1999 la Teleco si riconverte nella tipologia di cavi prodotti. Sempre in rame ed in fibra ottica, non più «monopolizzata» dalla produzione per Telecom ma aperta verso il mercato tedesco; ciò è dovuto alla forte crisi che l'azienda telefonica di Stato attraversa ed al fatto che la Siemens, società tedesca, privilegia i mercati interni alla Germania; vuol dire, anche, una perdita di valore aggiunto del prodotto orientato verso grossi volumi di lavoro. Per sviluppare questi nuovi prodotti la Siemens effettua degli investimenti (nuovi macchinari) negli stabilimenti. Saranno gli ultimi sino ai giorni nostri; senza particolari traumi si arriva, come detto, al 1999 quando la Siemens decide di dismettere il settore cavi e vende l'intero pacchetto alla Corning (multinazionale statunitense del settore). Prima della vendita c'è una nuova riduzione del personale che vede andare via dall'azienda altri 30 dipendenti; la Siemens era proprietaria, oltre che degli stabilimenti di Roseto, Voltarrosto e Notaresco, anche di altri opifici ubicati in Germania (Neusatd). Soprattutto a questi ultimi è interessata la Corning che non presenta, tra i suoi prodotti di grido, il cavo in rame; infatti la multinazionale è, oltre che di cavi, anche produttrice di fibra ottica ed è verso questo prodotto che si orienta. La Teleco cavi rame entra nell'affare obtorto collo e la Corning non spenderà mai una lira in investimenti verso questo settore; si arriva al 2001 ed agli attentati dell'11 settembre 2001 che, come conseguenza, portano al tracollo delle alte tecnologie ovvero al blocco dei mercati per i cavi a fibra ottica. Paradossalmente la Teleco regge perché c'è un ritorno della richiesta di cavi a bassa tecnologia (rame); per questo motivo mentre la «Teleco fibre» è in perenne stato di CIG, gli altri stabilimenti vanno a gonfie vele e producono ricchezza. Nonostante ciò, visto che il settore non riguarda il «Core business» della Corning, la stessa decide di vendere gli stabilimenti Teleco ed è qui che cominciano i drammi; nel 1999, l'azienda passa al gruppo Thomas Bolton di Martin Meade, una finanziaria inglese, assumendo il nome di Ceat Bolton Cavi. Nel 2001 Meade compra anche la Teleco Cavi di Roseto. La gestione della finanziaria ha avuto un solo obiettivo: succhiare capitali a due aziende sane. Prima alla Ceat Bolton Cavi, con questo meccanismo: i prodotti export vengono fatti fatturare da una società creata ex novo, con sede a Londra, che doveva versare nelle casse della Ceat il denaro entro cinque giorni, anziché i soliti trenta. Il tutto trattenendo per il «servizio» una percentuale del 5 per cento. Il punto è che questi soldi, per un totale di 1,6 milioni di euro, non sono stati mai versati. Ma non è finita, perché nel 2002 con un'operazione spregiudicata il gruppo Bolton fa acquistare per un importo di 8,5 milioni di euro la Ceat Bolton Cavi dalla Teleco Cavi di Roseto che, dunque, si fondono. Ma è una fusione a caro prezzo. Il risultato di questi intrecci e sottrazioni è uno solo: un indebitamento di 9,1 milioni di euro; la storia va avanti sino al dicembre del 2003 quando l'azienda passa nuovamente di mano e finisce all'interno della famiglia Di Michele di Silvi (Teramo), specializzata nel ramo immobiliare. Tante sono le voci legate a quel periodo, tra le quali un progetto a doppio binario che prevede da un lato la delocalizzazione della Teleco sui terreni dell'autoporto di Roseto e, dall'altro, lo sfruttamento immobiliare dell'area sulla quale sorge attualmente lo stabilimento; parte fondamentale degli accordi di vendita è quella che specifica come gli acquirenti s'impegnino a rifinanziare le esangui casse societarie con una cifra pari a 9,1 milioni di Euro e, se è vero che nel contratto di vendita non è specificato il termine temporale, nei verbali dei Consigli d'amministrazione tale tempistica è meglio determinata. Parte integrante del contratto è il Piano industriale che prevede, tra le altre cose, sia la pianificazione del rientro economico per i debiti accumulati dal Gruppo, sia un progetto di ristrutturazione che consentirebbe la creazione di una fabbrica più snella e competitiva; il proprietario, convocato di fronte agli organismi istituzionali (Comune di Roseto e Provincia di Teramo), promette di approvvigionare di materie prime (rame) gli stabilimenti addirittura «andando alla fonte» ovvero in Sudafrica. Cosa impedirebbe alla Teleco di essere, oltre che produttrice di cavi, anche fornitrice di rame alle altre aziende?; nel frattempo impianti e operai fermi nella fabbrica aspettano. I proprietari riescono a pagare gli stipendi mentre i decibel della fabbrica virano verso lo zero; avviene un depauperamento delle risorse (la Teleco vanta notevoli crediti con i clienti) senza che i debiti vengano ripianati; si gioca sul ricatto morale che gli stipendi vengono regolarmente pagati mentre la produzione è ferma, la Teleco non produce (in tal senso si allega un documento uscito su «Rassegna sindacale» che parla della situazione dello stabilimento di Frosinone (http://www.rassegna.it/2004/lavoro/articoli/teleco.htm); nel settembre del 2004 vengono create due s.r.l. denominate «Teleco energy» per ciò che riguarda Frosinone e «Teleco investment» per Roseto; trattasi di due società di gestione immobiliare ed esiste, a giudizio degli interroganti, il fondato sospetto che si voglia scindere la parte immobiliare (per salvaguardarla) da quella industriale (che si vuole portare al fallimento). Infatti cominciano ad esserci problemi per il pagamento degli stipendi e non si comprende come può un'azienda che non produce ricchezza andare avanti. Giova precisare che il settore della produzione di cavi è largamente in ripresa e il mercato offre ampi spazi a patto che si abbia la capacità, ma soprattutto la volontà, di approvvigionarsi di materie prime. Il precipitare della situazione ha consentito di rompere il muro di omertà creatosi attorno alla Teleco e far scattare una serie di azioni che hanno rimesso in moto i meccanismi istituzionali; l'interessamento dell'Amministrazione locale di Roseto, l'istituzione di un «Osservatorio provinciale» a Teramo sulla situazione dei conti, l'esposto alla Procura della Repubblica presentato congiuntamente dai lavoratori e dagli organismi istituzionali della Provincia di Frosinone per verificare come la proprietà possa continuare a pagare gli stipendi a fronte di una produzione ferma, sino alla manifestazione tenutasi a Roseto in data 15 marzo 2005 e che ha visto protagonisti abruzzesi e laziali unitamente a tutte le forze politiche e sindacali -: se alla luce di quanto esposto in premessa non si ritenga che ricorrano i presupposti per l'applicazione delle procedure previste dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (Prodi- bis ) procedure che sarebbero volte a salvaguardare una realtà produttiva che, nonostante i fini speculativi della proprietà aziendale, gode di ottima salute dal punto di vista del mercato e delle commesse.(4-13762)

 
Cronologia
venerdì 15 aprile
  • Politica, cultura e società
    La direzione dell'UDC approva la decisione di ritirare i propri Ministri e i Sottosegretari dal Governo; anche i membri di Governo del Nuovo PSI, i sottosegretari Caldoro e Ricevuto, rassegnano le dimissioni.

lunedì 18 aprile
  • Parlamento e istituzioni
    Il Presidente del Consiglio Berlusconi si reca dal Presidente della Repubblica per illustrare la situazione politica determinatasi a seguito delle dimissioni dei membri del Governo dell'UDC e del Nuovo PSI. Il Capo dello Stato, preso atto delle comunicazioni, invita il Presidente del Consiglio a presentarsi in Parlamento.

martedì 19 aprile
  • Politica, cultura e società
    La direzione di Alleanza nazionale precisa la linea del partito sulla situazione politica e annuncia che i ministri, i viceministri e i sottosegretari di AN hanno rassegnato al Presidente le dimissioni dai loro incarichi.