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Documenti ed Atti

XV Legislatura della repubblica italiana

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00812 presentata da LION MARCO (VERDI) in data 08/03/2007

Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-00812 presentata da MARCO LION giovedì 8 marzo 2007 nella seduta n.122 LION. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che: le norme aventi carattere di principio fondamentale in materia di prelievo nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, sono dettate dal Regolamento (CE), n. 1788/2003 e dal corrispondente regolamento di applicazione, Reg. (CE), n. 595/2004. Tale normativa ha sostituito, abrogandolo, il precedente Regolamento (CEE) n. 3950/92 e successive modificazioni, di cui ha mantenuto le disposizioni di base a carattere generale e quelle applicative di ordine particolare; l'obiettivo perseguito dal citato regime comunitario del prelievo supplementare è quello di ridurre il divario tra l'offerta e la domanda nel mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari, al fine di limitare le eccedenze strutturali e conseguire un migliore equilibrio del mercato; per conseguire tale obiettivo, la regolamentazione comunitaria ha assegnato ad ogni Stato membro un quantitativo massimo garantito di latte commercializzabile (QGC). In caso di superamento di tale QGC, gli Stati interessati hanno l'obbligo di versare l'importo del relativo prelievo, calcolato sulla produzione eccedente il QGG, al Fondo Europeo di Garanzia e di Orientamento Agricolo; il quantitativo garantito dello Stato membro (QGC), è assegnato, previa pertinente ripartizione, ai singoli produttori, così che ciascun produttore disponga di un quantitativo individuale, detto «quota-latte»; come sopra evidenziato, nell'ipotesi in cui il latte commercializzato in uno Stato superi il QGG assegnato a tale Stato, l'onere di concorrere al versamento del prelievo supplementare grava su tutti quei produttori che hanno consegnato quantitativi di latte in esubero rispetto a quelli disponibili ai sensi della propria quota-latte; il fatto generatore del prelievo è la commercializzazione annuale del latte che supera una determinata quota disponibile. Trattasi pertanto di una misura dissuasiva che colpisce la commercializzazione del latte, non la produzione dello stesso; per «commercializzazione» il regolamento intende anche le vendite dirette, ossia le cessioni di latte o di prodotti lattiero caseari, effettuate direttamente dal produttore all'utilizzatore; nelle vendite dirette, ai fini dell'applicazione della normativa comunitaria, occorre calcolare «l'equivalente latte» contenuto nei prodotti caseari commercializzati; infatti, a tale scopo sono previsti dei coefficienti di conversione, finalizzati ad individuare la corrispondenza-latte presente nei singoli prodotti che sono stati commercializzati dal produttore nel corso di una campagna lattiera (1 o aprile-31 marzo); si sottolinea che si tratta di «equivalente-latte» commercializzato e non di latte prodotto, perché, lo si ribadisce, l'eventuale prelievo si determina esclusivamente in presenza di un'eccedenza dell'«equivalente-latte», rispetto alla «quota-latte» (calcolato sui prodotti caseari commercializzati); la normativa comunitaria prevede che al termine di ciascun periodo di riferimento, nell'ipotesi in cui il latte commercializzato in uno Stato membro superi il quantitativo nazionale garantito assegnato a tale Stato, i produttori che hanno contribuito a tale superamento, versino il prelievo relativo alle consegne. In questa ipotesi, l'articolo 10, comma 3, del Regolamento (CE) n. 1788/2003, prevede che in base alla decisione dello Stato membro, il contributo dei produttori al pagamento del prelievo dovuto è stabilito (previa riassegnazione o meno della parte inutilizzata del quantitativo di riferimento nazionale destinato alle consegne), proporzionalmente ai quantitativi di riferimento individuali a disposizione di ciascun produttore o secondo criteri obiettivi che devono essere fissati dagli Stati membri, a) a livello nazionale in base al superamento del quantitativo di riferimento a disposizione di ciascun produttore; b) oppure in un primo tempo a livello dell'acquirente e successivamente, se del caso, a livello nazionale; la normativa comunitaria riconosce, allo Stato interessato dall'obbligo di dover pagare l'importo del prelievo, la facoltà di procedere, prima di calcolare l'importo dovuto dai singoli produttori, ad una preventiva perequazione interna, consistente nel riassegnare ai produttori in esubero, una parte di quelle quote che eventualmente altri produttori non hanno utilizzato nel corso del medesimo periodo di riferimento; il procedimento di perequazione finale è applicabile anche ai produttori operanti in regime di «vendite dirette». In quest'ultimo caso, l'importo dovuto dai produttori che superano la propria quota è calcolato con riferimento all'eccedenza di «equivalente-latte» (ricavato dall'applicazione dei coefficienti di conversione relativi ai singoli prodotti caseari commercializzati), rispetto alla «quota-latte» assegnata al singolo produttore; il Regolamento contiene altresì anche una norma relativa alle trattenute periodiche, prevedendo che uno Stato membro possa decidere che l'acquirente trattenga a titolo di anticipo sul contributo del produttore al prelievo, secondo modalità determinate dallo Stato membro, una parte del prezzo del latte su ogni consegna di tale produttore che supera il quantitativo di riferimento di cui dispone per le consegne; tale previsione, di natura facoltativa, consente all'acquirente di trattenere una parte dell'importo del prelievo dovuto, allo scopo definito anticipo, che dovrebbe essere computato sul corrispettivo realizzato dal produttore al momento in cui vende il suo latte. Trattasi di una porzione dell'importo del prelievo e non di tutto il prelievo, e ad ogni modo si deve trattenere sul ricavo effettivamente conseguito e non sulla base di una cifra meramente calcolata; al termine di ciascun periodo di riferimento, in virtù di possibili produttori che non abbiano utilizzato e quindi commercializzato per intero i propri quantitativi disponibili, ma anche in applicazione degli anticipi periodici eventualmente incassati, può accadere che l'importo del prelievo totalmente riscosso sia superiore a quello effettivamente dovuto. In questo caso la normativa comunitaria, ai sensi dell'articolo 13, del Reg. (CE), n. 1788/2003, dispone che qualora, per le consegne o le vendite dirette, il prelievo sia dovuto e il contributo riscosso dai produttori sia superiore al prelievo, gli Stati membri possano: a) destinare in tutto o in parte l'eccedenza riscossa al finanziamento delle misure specifiche di trasferimento, e/o; b) ridistribuirlo in tutto o in parte ai produttori che rientrano in categorie prioritarie stabilite dallo Stato membro in base a criteri obiettivi e a un termine da determinarsi o che sono confrontati ad una situazione eccezionale risultante da una disposizione nazionale non avente alcun nesso con il regime; l'interrogante ritiene che malgrado la presenza di una normativa comunitaria come quella sopra richiamata (chiara ed univoca), lo Stato italiano abbia adottato un ordinamento discendente, (soprattutto per quanto riguarda il settore dell'applicazione amministrativa del regime delle quote), non altrettanto soddisfacente e funzionale; con il fondato dubbio che il predetto ordinamento nazionale sia pienamente corrispondente alle preordinante disposizioni comunitarie; si ritiene che almeno su tre aspetti determinanti le norme nazionali in materia di quote-latte contrastino palesemente con la prevalente regolamentazione comunitaria; nel merito, la legislazione nazionale in materia di prelievo supplementare sul latte e sui prodotti lattiero-caseari, è disciplinata al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, della legge 30 maggio 2003, n. 119; con riferimento alle ipotizzate difformità delle norme italiane rispetto alla disciplina comunitaria, un primo aspetto concerne l'applicazione delle trattenute periodiche; infatti, l'articolo 11 del Regolamento (CE), n. 1788/2003, prevede per l'acquirente la facoltà di trattenere una quantità limitata dell'importo del prelievo dovuto, allo scopo definito «anticipo», da detrarre sul ricavato che consegue il produttore che supera il proprio quantitativo di riferimento, al momento in cui vende il suo latte; contrariamente alla disposizione comunitaria, la norma italiana prevede che gli acquirenti, entro il mese successivo a quello di riferimento, debbano trattenere il prelievo supplementare (calcolato in base al disposto dell'articolo 1 del regolamento n. 3950/92/CEE, e successive modificazioni), relativo al latte consegnato in esubero rispetto al quantitativo individuale di riferimento assegnato ai singoli conferenti, tenendo conto delle variazioni intervenute in corso di periodo; appare evidente che la disposizione nazionale assume un carattere di obbligo, e non di facoltà, e soprattutto non determina un anticipo proporzionale al ricavo conseguito, ma una trattenuta avulsa dal prezzo pagato al produttore e corrispondente al valore formale previsto dalla regola generale di cui al regolamento comunitario; stanti i prezzi a cui oggi è pagato il latte ai produttori, spesso anche inferiore al valore cui è fissato il prelievo unitario, ed in presenza di costi alla stalla cresciuti oltre ogni limite, nella maggior parte dei casi la trattenuta mensile prevista dal nostro sistema di gestione del regime delle quote latte si trasforma quasi in un esproprio del reddito agricolo correlato alla produzione lattiera, e non certamente in una misura dissuasiva di carattere afflittivo come teorizzato dal «regime delle quote-latte»; un secondo elemento di criticità è rappresentato dalla perequazione di fine periodo; infatti, anche in questo caso la normativa nazionale non trova alcuna corrispondenza con la preordinante regolamentazione comunitaria. L'articolo 9 del decreto-legge n. 49 del 2003 nel testo convertito dalla legge n. 119 del 2003, intitolato «Restituzione del prelievo pagato in eccesso», sembra richiamare l'articolo 13, del Reg. (CE), n. 1788/2003 (che come sopra evidenziato disciplina gli «importi pagati in eccesso o non pagati»). Ma così non è, infatti, la disposizione italiana prevede che l'autorità competente, AGEA: 1) calcoli l'ammontare del prelievo imputato in eccesso; 2) lo decurti di un importo pertinentemente accantonato; 3) ripartisca il valore della differenza tra i produttori titolari di quota che hanno versato il prelievo, secondo priorità opportunamente enumerate; è evidente che tale disposizione risulta essere un insieme di due distinte e separate previsioni comunitarie, ossia quella di cui all'articolo 10, comma 3 del regolamento (CE) n. 1788/2003, relativa alla riassegnazione preliminare di fine periodo delle quote non utilizzate nell'anno di riferimento, e quella di cui all'articolo 13, dello stesso regolamento, relativa alla ridistribuzione delle riscossioni risultate superiori all'importo effettivamente dovuto; ciò che secondo l'interrogante rende evidentemente contraria al diritto comunitario la disposizione contenuta nel decreto-legge n. 49 del 2003, come convertito in legge dalla legge n. 119 del 2003, è che non ridistribuisce l'importo del prelievo realmente riscosso, bensì il valore di quello calcolato (imputato); si evidenzia che a «fine periodo» raramente è disponibile in cassa l'importo del prelievo accertato, pertanto non si hanno le somme corrispondenti al prelievo imputato; conseguentemente in Italia la disposizione comunitaria della ridistribuzione del prelievo riscosso in eccesso, non troverebbe mai applicazione; invece, procedendo con una ripartizione prioritaria basata sugli importi calcolati, oltre ad effettuare un procedimento non previsto dalla normativa ascendente, si provoca una chiara discriminazione tra produttori che si trovano nelle medesime condizioni di esubero commerciale, con una disparità di trattamento consistente in una emissione di provvedimenti diversi in relazione a situazioni praticamente identiche; secondo l'interrogante la procedura nazionale della ripartizione dissimula una deduzione fiscale degli oneri comunitari, altrimenti necessitante di una norma di specifica applicazione del principio costituzionale della progressività e della capacità contributiva degli interessati. Le priorità secondo cui la normativa nazionale provvede a ripartire le cifre calcolate in eccesso, sono di carattere generale e diffuso e non specifico e puntuale. Esse non corrispondono a criteri oggettivi misurati caso per caso e secondo le singole situazioni dei produttori ed in tal senso possono privilegiare senza alcuna distinzione intere categorie di produttori, che rientrano in situazioni di priorità meramente amministrativa. A tal proposito, pertanto, non è da escludere che all'interno di queste categorie di priorità vi possano essere aziende assai sviluppate, per le quali la ripartizione potrebbe essere evitata, o imprese che sapendo a priori di poter essere compensate vi si inseriscono solo per questo fine, mentre altri produttori che si trovano in analogo esubero, non rientrando nelle previste priorità di compensazione, devono comunque pagare l'intero prelievo ed anzi i loro esuberi sono necessari per poter effettuare la perequazione in favore dei primi; è del tutto evidente che se in Italia si applicasse correttamente l'una o l'altra tipologia di perequazione prevista dalla normativa comunitaria (quella della riassegnazione lineare delle quote non utilizzate al termine del periodo di riferimento o quella della riattribuzione del prelievo riscosso in eccesso), vi sarebbe la corretta applicazione del regime ed una reale democraticità nella gestione delle quote, che concorrerebbe a superare molte delle tensioni che travagliano la categoria dei produttori; anche nel versante delle vendite dirette è possibile riscontrare una grande discordanza tra la regolamentazione comunitaria e le norme nazionali; risulta all'interrogante che per quanto riguarda le vendite dirette, l'AGEA, avallata da determinate amministrazioni regionali, invece di procedere alla conversione in «equivalente latte» dei prodotti effettivamente commercializzati dai prodotti nel periodo di riferimento, chieda ai produttori di indicare nel modello L1 anche il quantitativo del latte munto nel corso dell'anno (oltre al quantitativo di prodotti caseari venduto) ed utilizzi ai fini del prelievo il dato relativo al latte munto e non l'«equivalente latte»; in tale circostanza, l'AGEA, soprattutto in materia di formaggi a lunga maturazione, invece che applicare la conversione sulla base dei coefficienti disposti dalla Commissione europea, nella dichiarazione di fine periodo indica il latte prodotto, con ciò applicando il regime del prelievo non al latte commercializzato, ma a quello munto; giova ricordare che il regime comunitario del prelievo supplementare per le vendite dirette, ha ad oggetto l'«equivalente latte» presente nei prodotti commercializzati e non certo il latte munto; infatti, il latte non commercializzato è estraneo al regime; per la campagna 2005-2006, l'AGEA ha formalizzato esplicitamente questa incongruenza, infatti, nella Sezione III del modulo di dichiarazione di vendita del latte, alla voce 1, in riferimento ai formaggi a lunga stagionatura ha chiesto di indicare il quantitativo di latte prodotto nella medesima campagna. Alla successiva voce 3, in riferimento al «totale latte utilizzato» per realizzare e vendere più prodotti, ha invece chiesto ai produttori di indicare il quantitativo netto totale di latte trasformato, escludendo le eventuali sovrapposizioni di prodotto; l'interrogante ritiene che in questo caso, trattandosi di panna, burro e ricotta, sia incongruente far riportare il latte utilizzato per singolo prodotto, in quanto ciascun prodotto deriva in pratica dallo stesso latte iniziale che, durante le diverse fasi di lavorazione, dà origine alla panna, al burro ed al formaggio; per evitare le discrasie di cui sopra, è doveroso applicare pedissequamente il regolamento comunitario, che impone di trasformare in equivalente latte quei singoli prodotti effettivamente venduti; si deve infatti rilevare che il coefficiente di conversione, basato sul tenore di materia grassa contenuta nei prodotti, rappresenta al meglio quanto latte è occorso per poter ottenere i singoli prodotti caseari; le scelte procedurali di AGEA, assunte secondo l'interrogante in difformità alla normativa comunitaria, si rilevano estremamente penalizzanti per i produttori in regime di vendite dirette, dediti alla produzione di formaggi grana (Grana Padano e Parmigiano Reggiano), e conseguentemente di burro e panna che sono i derivati della lavorazione del latte destinato alla realizzazione di formaggi «a pasta dura»; infatti, attraverso il procedimento consistente nella dichiarazione del latte munto nel periodo di riferimento (invece di quello risultante dalla conversione dei prodotti caseari venduti), i produttori interessati che vendono formaggi stagionati oltre l'anno, si sono visti imputare i prelievi riferiti all'equivalente latte dei prodotti ottenuti con il latte del periodo precedente, a cui si sono sommati i quantitativi indicati ai fini della dichiarazione dei prodotti realizzati nell'anno di cui trattasi. È facile rendersi conto che ci troviamo di fronte ad un caso eclatante e paradossale che, oltretutto, amplifica artificiosamente le capacità produttive delle aziende operanti in vendite dirette; alcuni produttori (in particolare l'azienda relativa alla partita Iva 00538350349) hanno provveduto a far segnalare tale anomalia all'AGEA, oltre che alla Commissione europea che ha loro dato ragione, anche contestando che i coefficienti utilizzati in Italia per trasformare i prodotti lattiero caseari in «equivalente latte», non erano congruenti con i fatti oggettivi (è stato dimostrato che applicando i coefficienti AGEA la produzione di formaggio realizzata con 100 kg di latte, appare realizzata con circa 150 kg.), ma pur di fronte a queste incongruenze, soprattutto nella campagna 2005-2006, i produttori in «vendite dirette» sono stati sottoposti al «prelievo supplementare», con conseguente iscrizione nei ruoli esattoriali e sequestro dei beni aziendali; ultima questione che merita di essere indicata è quella relativa ad una particolarità specifica della normativa italiana che non trova riscontro in quella comunitaria; trattasi della previsione contenuta nel comma 2, articolo 9 della legge n. 119 del 2003, secondo cui il 5 per cento di un importo pari a quello del prelievo nazionale debba essere detratto dall'ammontare del prelievo imputato in eccesso, per essere accantonato per eventuali restituzioni successive derivanti dalla soluzione di casi di contenzioso amministrativo e giurisdizionale ed altre circostanze specifiche. Su tale materia, risulta all'interrogante, che l'AGEA, al termine di ogni periodo, calcoli sull'importo del prelievo nazionale dovuto, una cifra pari al 5 per cento di tale importo e la sommi, invece che detrarla, al prelievo nazionale per poi distribuirla sugli importi finali netti, in tal senso introducendo una sorta di tassa a carico di quei soli produttori cui saranno comunicate le somme da pagare e che in più saranno rimasti scoperti dal beneficio dell'eventuale compensazione nazionale -: se, in ragione delle attente, puntuali e circostanziate considerazioni che sono esposte in premessa in merito alla evidente, se pure presunta, non conformità della normativa italiana in materia di quote latte alla corrispondente regolamentazione europea sul prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, in particolare per quanto riguarda: 1) le non proporzionate trattenute mensili; 2) la sviata compensazione nazionale; 3) le dubbie conversioni e gli aleatori prelievi applicati alle vendite dirette; 4) la surrettizia tassa, sperequativa e aggiuntiva al prelievo, del 5 per cento introdotta dall'amministrazione nazionale, non ritenga necessario un esame di merito della materia, necessariamente comunicando alla Commissione europea le stesse incongruenze e chiedendo agli uffici comunitari competenti la regolarità e la legittimità delle specifiche disposizioni incriminate; quali siano le valutazioni e le spiegazioni del Ministero e dell'AGEA in merito a ciascuna questione indicata nel presente atto di sindacato ispettivo; se con riferimento alla compensazione nazionale effettuata in maniera illogica ed agli importi dei prelievi sulle consegne gravati della maggiorazione, in proporzione al totale, del 5 per cento, non ritenga di disporre una ripetizione di tali operazioni che siano conformi alla regolamentazione principale comunitaria; se in materia di vendite dirette non intenda accertare da quanto tempo si proceda a sottoporre a prelievo il latte prodotto invece dell'«equivalente-latte» derivante dai prodotti caseari commercializzati, pur in presenza di coefficienti di conversione imprecisi o incompatibili, ed almeno per quanto riguarda il periodo 2005-2006, nei casi in cui ciò sia stato effettuato, se non intenda provvedere affinché l'AGEA revochi le comunicazioni di versamento allo scopo inoltrate.(5-00812)

 
Cronologia
lunedì 5 marzo
  • Politica estera ed eventi internazionali
    Il giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo, del quotidiano La Repubblica, viene rapito a Kabul da un gruppo di talebani. Sarà liberato dopo quattordici giorni di prigionia.

giovedì 22 marzo
  • Parlamento e istituzioni
    La Camera approva, con 316 voti favorevoli e 231 contrari, l'emendamento 13.500 del Governo, sostitutivo dei commi da 1- quater a 8 dell'articolo 13 e soppressivo degli articoli da 13-bis a 15, nonchè 6 e 12 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese (A.C. 2201), sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.