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Portale storico della Camera dei deputati

Documenti ed Atti

XVI Legislatura della repubblica italiana

MOZIONE 1/00048 presentata da DI PIETRO ANTONIO (ITALIA DEI VALORI) in data 20081002

Atto Camera Mozione 1-00048 presentata da ANTONIO DI PIETRO testo di giovedi' 2 ottobre 2008, seduta n.059 La Camera, premesso che: le convulsioni finanziarie scatenate dal crollo dei mutui sub-prime dell'estate 2007, un vero e proprio tsunami, culminate con i fallimenti a catena di alcune banche di affari, come Lehman Brothers, la quarta banca americana (in data 15 settembre 2008), e la cui intensita' e portata possono essere paragonabili alla caduta del muro di Berlino, sono solo un anello di una lunga catena di una crisi finanziaria ed economica sistemica; dopo aver fortemente ridotto il controllo regolatorio e tollerato, rapporti poco chiari tra banche di affari, che emettevano montagne di denaro dal nulla con una leva finanziaria di 1 a 30, con le agenzie del rating, in alcuni casi controllate dalle stesse banche (le tre sorelle Usa della certificazione Moody's, Standard & Poor's, Fitch) che ne certificavano il massimo dell'affidabilita' con rating di tripla «A», l'America si e' risvegliata improvvisamente con l'incubo di una crisi superiore, per intensita', durata e diffusione nei mercati globali, a quella del 1929; come e' stato scritto, l'America ha dovuto oggi firmare una cambiale in bianco che costa come la guerra in Iraq in un'unica rata del valore di 700 miliardi di dollari. Tanto costera' secondo il Tesoro il maxi-fondo federale destinato ad «alleggerire» le banche americane di tutti i titoli-spazzatura legati ai mutui insolventi. Per fermare la spirale dei crac il contribuente deve dunque accollarsi un onere che equivale al costo diretto sostenuto finora nei cinque anni e mezzo di occupazione dell'Iraq. Per salvare Wall Street dal naufragio il debito pubblico americano aumenta del 5 per cento del Pil, e sale a 11.300 miliardi di dollari. Ma la previsione potrebbe rivelarsi troppo ottimista. Molti stimano che il costo del salvataggio pubblico di tutte le banche salira' a 1.000 miliardi. Tanto piu' che il piano della Casa Bianca e' di un'estrema vaghezza. Praticamente, il segretario al Tesoro Henry Paulson chiede una discrezionalita' assoluta per poter decidere a quali condizioni comprera' dalle banche la montagna di titoli oggi invendibili sul mercato; sempre in base a quanto riportato dalla stampa, «Tutto l'andamento del mercato e' stato falsato tecnicamente, partendo da un presupposto discutibile: che i crolli delle azioni di Lehman Brothers o Aig fossero stati ingigantiti dalle manovre speculative dei ribassisti. La speculazione naturalmente esiste, ma non e' "cattiva" solo quando punta al ribasso. È stata almeno altrettanto nociva quella speculazione rialzista che per anni ha gonfiato i titoli di istituzioni finanziarie che erano in realta' candidate alla bancarotta per le voragini di perdite nascoste nei loro bilanci. La stessa Sec che ora ha individuato i ribassisti come capro espiatorio, e' uno dei massimi responsabili del lassismo: quattro anni fa appoggio' un allentamento delle regole per consentire alle merchant bank di alzare alle stelle il loro livello di indebitamento. Ne ha approfittato tra le altre Lehman Brothers, che alla vigilia della bancarotta aveva un quoziente di indebitamento di 30 a 1. Altri timori si concentrano sulle modalita' di acquisto dei titoli-spazzatura da parte del maxifondo statale. Quando furono liquidate le Savings and Loans all'inizio degli anni Ottanta, il loro patrimonio era fatto di immobili che lo Stato riusci' a vendere sia pure a prezzi ridotti. Oggi i portafogli delle banche sono pieni di cartaccia, titoli legati ai mutui che non hanno piu' un mercato, quindi non hanno un prezzo attendibile.»; per comprendere e spiegare il fenomeno che ha mandato in frantumi il mondo della finanza bisogna guardare dietro la rapida successione degli eventi: prima i crac di colossi finanziari americani, poi i crolli delle Borse mondiali e la paralisi del credito, infine l'euforia «drogata» dal piu' gigantesco piano di nazionalizzazioni e salvataggi pubblici varato in America dai tempi della Grande Depressione. Non e' solo un modello dell'economia di mercato senza regole a tramontare. La svolta di questo settembre 2008 ha un significato storico piu' profondo, ben oltre il bilancio dei punti guadagnati o persi da questa o quella ideologia; da questa grande crisi esce distrutta l'autorevolezza del modello economico americano, quel capitalismo finanziario reso ipertrofico e irresponsabile da un ventennio di ritirata dei poteri dello Stato sui mercati. Il crac di Wall Street del 1929 preannuncio' un'epoca nuova, nuove idee e dottrine rivoluzionarie che segnarono la storia del secolo: per superare la Grande Depressione l'America di Franklin Delano Roosevelt esporto' un modello universale di regolazione dei mercati, di intervento keynesiano nell'economia, di Welfare State e investimenti pubblici nei beni collettivi; sarebbe troppo comodo, e sostanzialmente inesatto, attribuire questo disastro alla sola Amministrazione Bush o alla destra americana. Dai tempi di Ronald Reagan anche larga parte dell'America progressista e democratica e' stata soggiogata dall'egemonia culturale del neoliberismo economico. Dalle privatizzazioni, dalla benefica deregulation anti-monopolistica, dalla giusta valorizzazione dello spirito d'impresa e del dinamismo dell'economia di mercato, si e' scivolati progressivamente verso qualcosa di molto diverso. Si sono stravolti i valori e i principi essenziali del liberalismo fondato sui contropoteri e l'etica della responsabilita'. Si e' teorizzata sempre piu' apertamente la capacita' dei mercati di auto-regolarsi. Il potere dell'alta finanza e della grande industria si e' annesso le istituzioni che dovevano essere le guardiane indipendenti dell'economia, della moneta e del credito. Alla guida dei massimi organi di controllo e di vigilanza sono stati chiamati coloro che dovevano essere controllati e vigilati. Le authority sono diventate succursali subalterne delle lobby. È in questo groviglio di conflitti d'interessi, che affondano le radici antiche del disastro attuale; all'Europa non conviene certo aspettare che siano le future potenze - Cina, India, Russia - a negoziare con l'America le nuove regole del gioco dell'economia di mercato. In questa fase di transizione e di incertezza, mentre le potenze emergenti non hanno veri modelli alternativi da proporre, l'Unione europea deve pretendere dagli Stati Uniti l'apertura di un tavolo di negoziato sui nuovi principi di regolazione della finanza globale. I danni che Wall Street e i debiti americani stanno infliggendo al mondo sono piu' che sufficienti: ci autorizzano a esigere che l'America elabori insieme al nostro Paese un sistema di controlli e di vigilanza globale, per impedire il ripetersi di una crisi simile; la tanto decantata autoregolamentazione del mercato si e' dimostrata totalmente incapace di mantenere il sistema su binari funzionanti. Il fatto che anche i fautori e gli organizzatori della deregulation economica siano giunti a questa conclusione non dovrebbe creare l'illusione che esista un consenso di analisi e di contromisure necessarie; la crisi, che ha avuto una accelerazione esponenziale negli ultimi 10-15 anni, e' in realta' partita con la decisione del 15 agosto del 1971 di sganciare il dollaro, moneta dei pagamenti internazionali e del commercio mondiale, dal valore delle riserve auree. L'oro, che non ha qualita' magiche, serviva solamente ad ancorare il valore del dollaro e delle altre monete a un riferimento reale. Da quel momento si e' permessa la crescita cancerosa di capitale fittizio, un sistema di cambi monetari fluttuanti e il progressivo sganciamento della finanza, soprattutto quella speculativa, dagli andamenti sottostanti dell'economia reale produttiva; il sistema finanziario e monetario sempre piu' deregolamentato e sottratto ai controlli preposti, ha minato ogni forma di governance dando cosi' origine ad una serie di bolle finanziarie, fagocitando i settori industriali commerciali e agricoli produttivi; la bolla speculativa finanziaria piu' pericolosa e fuori da ogni controllo e' quella dei cosiddetti prodotti finanziari derivati. Secondo le stime della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, il valore nozionale dei derivati Over The Counter (OTC), cioe' quelli trattati fuori dai mercati ufficiali e non registrati sui bilanci delle banche e degli altri operatori finanziari, ammonta a oltre 600.000 miliardi di dollari, con un aumento medio esponenziale annuo del 25 per cento! Basta paragonare questa bolla speculativa, inesistente 20 anni fa, al PIL mondiale, calcolato intorno a 55.000 miliardi di dollari a prezzi correnti, per avere la fotografia della crisi; piu' recentemente, e con una pressione sempre crescente, questa speculazione in derivati (futures, eccetera) si sta impadronendo di settori produttivi strategici come l'energia, il petrolio, le materie prime e i prodotti alimentari, provocando artificialmente impennate inflazionistiche sui prezzi che avranno conseguenze drammatiche anche sul piano sociale, migratorio, ambientale, politico e militare; gli Stati e i Governi, le banche centrali e altre simili istituzioni, che sono stati sempre piu' esautorati dal processo di deregolamentazione, adesso sono chiamati dalle stesse banche e finanziarie in crisi a intervenire con i soldi pubblici a coprire le perdite, a iniettare nuova liquidita' in un sistema fallimentare; sempre piu' governi e istituzioni chiedono a gran voce una nuova architettura monetaria e finanziaria globale, una Nuova Bretton Woods, come il governo russo e quello cinese, tutti i paesi emergenti e recentemente, a nome di grandi organizzazioni politiche e sociali, anche un gruppo di leader della socialdemocrazia europea guidato dall'ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt. L'Italia e' stata pioniera in queste iniziative: recentemente e' stato il ministro dell'economia Giulio Tremonti a farsi promotore della Nuova Bretton Woods, ma gia' nel 2005 una mozione per una Nuova Bretton Woods presentata dall'ex Sottosegretario alle Finanze Mario Lettieri, venne dibattuta e approvata dalla maggioranza della Camera dei deputati; come nella conferenza del 1944 tenutasi nella citta' di Bretton Woods nello stato del New Hampshire (USA), dove si incontrarono i rappresentanti dei governi del mondo occidentale per definire un sistema di relazioni economiche e monetarie per regolamentare la ricostruzione del dopoguerra e i futuri rapporti internazionali, oggi i capi di Stato e di governo di tutto il mondo, affiancati da istituzioni internazionali e anche da gruppi privati interessati, devono ritrovarsi per esercitare la loro autorita' congiunta e collettiva, per definire le nuove regole di un sistema monetario e finanziario capace di sostenere lo sviluppo di tutti i partecipanti e affrontare le sfide globali del futuro; considerato inoltre che, potrebbero essere presi come spunti significativi della Nuova Bretton Woods, le seguenti proposte elaborate in collaborazione con l'economista Paolo Raimondi, presidente dell'Associazione «Diritti Civili - Nuova Frontiera»: a) riforma del sistema monetario, reintroducendo tra l'altro: 1) la stabilita' di un sistema moderno di cambi fissi, modificabili solamente nel contesto di accordi sottoscritti dalle parti e agganciati agli andamenti delle economie reali; 2) l'ancoraggio ad un sistema di riserve auree oppure a un paniere di materie prime e/o di monete da stabilire; 3) la definizione di una nuova moneta o di un paniere di monete (quindi non piu' solamente il dollaro) accettato nel sistema dei pagamenti internazionali; 4) controlli contro la speculazione sui cambi; 5) controlli sui movimenti di capitali; 6) definizione dei nuovi compiti delle organizzazioni internazionali come il FMI e la Banca Mondiale, il cui ruolo e' stato stravolto nelle crisi recenti; b) riforma del sistema finanziario, attraverso tra l'altro: 1) il congelamento dei prodotti derivati esistenti; 2) l'introduzione per il futuro di regole piu' stringenti per gli accordi privati OTC, per prosciugare la bolla dei derivati; e per definire il loro funzionamento futuro; 3) l'obbligo di negoziazione in borsa dei derivati, di standardizzazione, di autorizzazione da parte di un'autorita' di controllo; 4) la non detraibilita' fiscale delle attivita' svolte nei centri off-shore; 5) l'interdizione delle attivita' speculative degli hedge-fund, delle operazioni di cartolarizzazione (emissione di titoli sulla base di altri titoli di debito); 6) adeguata tassazione sia sulle operazioni finanziarie speculative che sui redditi provenienti dalle suddette operazioni; 7) il sostegno del settore bancario e creditizio pubblico e privato necessario e indispensabile alla politica di investimenti reali e produttivi; c) riforma del sistema commerciale, attraverso tra l'altro: 1) la revisione dell'accordo del World Trade Organizations; 2) la promozione e il sostegno di grandi investimenti infrastrutturali a livello continentale nei settori dei trasporti, energia, comunicazioni, R&D eccetera; 3) creazione di organismi di finanziamento (bond produttivi) di simili progetti come ad esempio previsto dal «Piano Delors»; 4) riforme fiscali favorevoli agli investimenti e al riutilizzo virtuoso dei profitti nel sistema produttivo; 5) definizione di principi doganali, di protezioni sociali e di garanzie ambientali in un nuovo trattato di unione commerciale globale, impegna il Governo ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile, anche in sede parlamentare e nell'ambito di ogni altra istituzione competente a livello nazionale, europeo e internazionale, affinche' la riforma della Nuova Bretton Woods, cioe' la riorganizzazione del sistema monetario e finanziario internazionale in crisi di collasso, sia messa come primo punto dell'agenda al prossimo summit del G8 programmato all'Isola della Maddalena in Sardegna nel luglio 2009. (1-00048) «Di Pietro, Razzi, Cimadoro, Palagiano, Scilipoti, Monai, Giulietti, Favia, Borghesi, Cambursano, Misiti, Piffari, Messina, Porcino, Barbato, Evangelisti, Aniello Formisano, Costantini, Donadi, Palomba, Paladini, Zazzera, Mura, Leoluca Orlando, Di Giuseppe, Porfidia, Rota, Pisicchio».

 
Cronologia
domenica 28 settembre
  • Politica estera ed eventi internazionali
    La crisi finanziaria che ha colpito duramente l’economia statunitense si estende ai mercati europei: il gruppo Fortis SA, prima banca in Belgio e Lussemburgo e seconda nei Paesi Bassi, entra in crisi dopo forti perdite in borsa. I governi di Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo salvano il gruppo entrando ciascuno con il 49% nelle tre più importanti società in cui si articola il gruppo.

lunedì 6 ottobre
  • Politica estera ed eventi internazionali

    A causa delle forti tensioni sui mercati finanziari le principali borse europee chiudono in negativo: Milano -8,24; Parigi -9,04; Londra -7,85; Francoforte -7,07.