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Documenti ed Atti

XVI Legislatura della repubblica italiana

INTERPELLANZA 2/01098 presentata da BELTRANDI MARCO (PARTITO DEMOCRATICO) in data 20110530

Atto Camera Interpellanza 2-01098 presentata da MARCO BELTRANDI lunedi' 30 maggio 2011, seduta n.479 I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che: l'enorme debito pubblico rende l'Italia un osservato speciale delle agenzie di rating e delle organizzazioni internazionali. È proprio per il persistere dell'elevato debito pubblico (il quarto del mondo dopo Stati Uniti, Giappone e Germania) che Standard and Poor's, una della tre grandi agenzie di rating, ha abbassato da «stabile» a «negativo» il suo parere sulle prospettive future di buon pagatore dello Stato italiano. Vuol dire che, secondo gli analisti di S&P, la Repubblica italiana non e' gia' oggi meno affidabile come prenditore a prestito, ma potrebbe diventarlo da qui a due anni; dopo pochi giorni sono venuti toni piu' rassicuranti da parte delle altre due grandi agenzie di rating. A differenza di S&P, sia Pitch sia Moody's sembrano riconoscere al Governo italiano un'immutata capacita' di tenere sotto controllo la dinamica dei conti pubblici nazionali. Tuttavia con mercati finanziari innervositi dalla spada di Damocle del default greco il parere anche di una sola agenzia di rating ha comunque pesato. Alla riapertura dei mercati, il differenziale di rendimento tra i titoli del debito a dieci anni dell'Italia rispetto ai titoli tedeschi con la stessa scadenza ha raggiunto un massimo di 187 punti base, arrivando cioe' ai massimi da inizio 2011. E Piazza Affari ha perso quasi tre punti e mezzo, uno e mezzo in piu' delle altre borse europee; il perche' le agenzie di rating abbiano opinioni diverse e' presto detto. «Non vediamo al momento alcuno modifica dell'outlook o del rating sovrano dell'Italia» ha detto a Reuters l'analista di Pitch David Riley. Fitch (e Moody's) non vedono nessuna notizia, dunque. Il Governo italiano ha riconfermato i suoi impegni in tutte le sedi e il suo piano di risanamento ha ricevuto il semaforo verde da Fondo monetario e Commissione europea; S&P si preoccupa del domani. L'agenzia ha spiegato in una nota che ritiene «deboli le attuali prospettive di crescita dell'Italia» e «incerto l'impegno politico nelle riforme tese a migliorare la produttivita'»; la prima preoccupazione di S&P e' ben esemplificata nelle oltre 430 pagine del «Rapporto 2011 sulla situazione del paese» presentato dal presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, a Montecitorio, per la prima volta arricchito di un'ampia analisi congiunturale, grazie all'innesto delle competenze dell'ora scomparso Isae all'interno dell'Istat; nel rapporto sono documentate con precisione e in modo approfondito due conclusioni, note a tutti, ma ad avviso degli interpellanti non abbastanza comprese dalla politica. Primo, la crescita italiana degli ultimi dieci anni e' stata la piu' deludente tra tutte le grandi economie dell'Unione europea - sia quelle coinvolte nella finanza creativa sia quelle che se ne sono tenute fuori come la Germania; in secondo luogo, l'uscita dalla crisi e' a macchia di leopardo con un numero limitato di grandi e medie imprese che vincono sui mercati esteri vicini e lontani e tante imprese e famiglie che arrancano e sperimentano nuove forme di difficolta' sociale ed economica, oppresse da uno Stato inefficiente e dalla globalizzazione. A meno che non cambi qualcosa, la crescita dell'economia italiana per i prossimi dieci anni assomigliera' a quella degli anni precedenti alla crisi, dunque sara' vicina all'uno per cento l'anno; e qui viene la seconda preoccupazione degli analisti di S&P: le riforme di cui si parla da anni come urgenti (il fisco, l'amministrazione dello Stato, l'accesso alle professioni, il mercato del lavoro) potrebbero ridare fiato alla corsa dell'Italia globale ma, nell'attuale scenario politico, la loro approvazione e' molto improbabile; come ai tempi del pentapartito Dc-Psi-Pri-Psdi-Pli, e' inevitabile che per tenere insieme governi di coalizione litigiosi la politica diventi l'arte del rinvio al futuro delle scelte difficili. Ma se le riforme - e i costi della loro attuazione - sono descritte come inutili sacrifici che sprecano consenso politico, non si avra' piu' alcuna speranza di crescita, non solo economica; in un regime partitocratico come quello attuale, che senza soluzione di continuita' ha connotato sia la prima che la seconda Repubblica, cresce lo Stato inefficiente e il treno della globalizzazione corre all'estero, sfiorando soltanto l'Italia; stando cosi' le cose, tutte le forze politiche, primo tra tutti il Governo, potrebbero prendere un impegno vincolante a presentare proposte che non aumentino il debito pubblico in nessun anno fiscale. Non e' impensabile: l'articolo 81 della Costituzione italiana esiste gia' e, al suo comma 4, dice: «Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte». E in fondo e' proprio il rigore fiscale ai tempi di Amato, Ciampi, Dini e Prodi che ha portato l'Italia nell'Unione monetaria; ma tutti i giorni si legge di questa o quella componente della maggioranza che vorrebbe «una svolta di politica economica». Parole usate spesso anche dai partiti dell'opposizione, che oscillano tra difesa della linea rigorista e ritorni di fiamma per le politiche keynesiane di deficit magari auspicando «una nuova politica industriale»; il comportamento rischia di dare un pessimo esempio anche alle amministrazioni a livello locale. Letizia Moratti, ad esempio, per difendere la sua carica messa in bilico dall'esito del primo turno delle recenti elezioni amministrative, ha promesso la cancellazione delle multe o l'eliminazione dell'ecopass che lei stessa aveva introdotto come misura anti-smog, senza spiegare come coprira' i buchi di bilancio; e' solo tenendo la barra a dritta contro il deficit anche negli anni futuri, che le riforme possono sperare di entrare in modo piu' incisivo nell'agenda della politica e risolvere i problemi del paese, sfuggendo da affermazioni demagogiche, populiste e, in ultima istanza poco responsabili che tendono a sottolineare solo l'aspetto politicamente pagante e di parte delle politiche in atto e a far apparire le riforme come inutili sacrifici. Ed e' solo l'abbandono di tali prassi che puo' far crescere il consenso per le riforme introducendo nel dibattito politico l'abitudine a parlare sempre dei due lati del bilancio pubblico: le entrate e le uscite. È un sentiero stretto, ma un paese con un debito pubblico pari a 118 punti di prodotto interno lordo non ne ha un altro da percorrere -: se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e, nell'eventualita' positiva, quali iniziative eque, efficaci ed efficienti intendano assumere per dare soluzione agli stessi ed evitare il default potenziale dei conti pubblici, quindi del sistema Paese. (2-01098) «Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

 
Cronologia
martedì 24 maggio
  • Parlamento e istituzioni
    La Camera approva, con 313 voti favorevoli, 291 contrari e 2 astenuti, l'articolo unico del d.d.l. di conversione del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, recante disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonchè per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo (C. 4307), sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

mercoledì 1° giugno
  • Parlamento e istituzioni
    La Camera approva il disegno di conversione del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, (C. 4357), che sarà approvato in via definitiva dal Senato il 7 luglio (legge 12 luglio 2011, n. 106).