Documenti ed Atti
XVII Legislatura della repubblica italiana
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/00740 presentata da DALL'OSSO MATTEO (MOVIMENTO 5 STELLE) in data 24/07/2013
Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-00740 presentato da DALL'OSSO Matteo testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59 DALL'OSSO , LOREFICE , CECCONI , BARONI , DI VITA , SILVIA GIORDANO , MANTERO , D'AMBROSIO , DIENI , COZZOLINO , LOMBARDI , TACCONI , DI BENEDETTO e MANLIO DI STEFANO . — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che: la casa-famiglia, in Italia, è una struttura destinata all'accoglienza di è una «comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni» la cui finalità è l'accoglienza di minorenni, disabili, anziani, adulti in difficoltà, persone affette da AIDS e/o in generale persone con problematiche psico-sociali; le prime case-famiglia hanno avuto origine tra l'inizio degli anni sessanta e la fine degli anni settanta, da esperienze di condivisione diretta con persone in situazione di handicap, che al tempo le stesse erano per lo più confinate in istituti nei quali l'attenzione era posta soprattutto sulla patologia e sulla sua terapia; nel 1964, a Pian di Scò, in provincia di Arezzo, nacque la prima casa-famiglia dell'Opera Assistenza malati impediti (OAMI), aperta da monsignor Enrico Nardi, per potere inserire i disabili in una piccola comunità, anziché in grandi strutture e nel 1973 a Coriano, in provincia di Rimini, sotto la guida di Don Oreste Benzi, nacque la prima casa-famiglia della comunità Papa Giovanni XXIII; le norme relative a tali strutture sono contenute nel decreto ministeriale del Ministro per la solidarietà sociale del 21 maggio 2001 n.308 emanato ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000 n.328, che prevede, tra le altre clausole, di essere in possesso dell'autorizzazione del comune italiano sul cui territorio si sia presenti, rivolgendosi all'assessorato ai servizi sociali; non sono obbligate a ottenere la preventiva autorizzazione le case famiglia che ospitano fino a 6 ospiti, purché non si effettuino attività sanitarie; molte case-famiglia, si occupano dell'accoglienza di minori «per interventi socio-assistenziali ed educativi integrativi o sostitutivi della famiglia» e si pongono in alternativa agli orfanotrofi in quanto, a differenza di questi, dovrebbero avere alcune caratteristiche da renderle somiglianti ad una famiglia; in una stessa struttura potrebbero essere accolte anche minori fuori famiglia o comunque con disagi e difficoltà di diverso tipo; il decreto ministeriale stabilisce inoltre, all'articolo 3, che per le comunità che accolgono minori, gli specifici requisiti organizzativi, adeguati alle necessità educativo-assistenziali dei bambini, degli adolescenti, sono stabiliti dalle regioni; tra i criteri organizzativi, le regioni possono stabilire anche accorpamenti tra più comunità con la conseguenza che alcune strutture hanno una presenza di oltre 100 minori ospiti –: quale sia il costo di ogni minore ospitato nelle case famiglia; se sia monitorato il nascere delle stesse case famiglia e se sia il caso di creare un albo a livello nazionale; se sia stata valutata l'opzione di far richiedere l'autorizzazione anche alle strutture fino a 6 ospiti, ovvero modificare il decreto ministeriale del Ministro per la solidarietà sociale del 21 maggio 2001 n.308 emanato ai sensi dell'articolo 11 della legge 8 novembre 2000 n.328. (5-00740)