Documenti ed Atti
XVII Legislatura della repubblica italiana
INTERPELLANZA 2/00913 presentata da SORIAL GIRGIS GIORGIO (MOVIMENTO 5 STELLE) in data 27/03/2015
Atto Camera Interpellanza 2-00913 presentato da SORIAL Girgis Giorgio testo di Venerdì 27 marzo 2015, seduta n. 401 Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico , per sapere – premesso che: l'Europa sta puntando alla svalutazione dell'euro per uscire dalla crisi ma sembra che in realtà ad avvantaggiarsi della moneta debole sia soprattutto la Germania, mentre il nostro, Paese, gravato dalla crisi economica in atto, rischia soltanto di vedere svendute le sue eccellenze del made in Italy e disarticolati i suoi distretti produttivi; l'Unione europea parla della svalutazione dell'euro come della soluzione alla crisi, perché dovrebbe produrre effetti positivi sull'economia dell'eurozona da due principali punti di vista: da un lato, dovrebbe incrementare le esportazioni e, dall'altro, produrre l'aumento dell'inflazione, dovuto all'incremento dei prezzi dei prodotti importati, tra cui le materie prime, in particolare il petrolio; l'euro è stato svalutato progressivamente di più di 14 punti percentuali da maggio 2014 ad oggi, arrivando ultimamente quasi alla pari con il dollaro; il rapporto di cambio di una moneta è una sorta di autoregolatore che ristabilisce costantemente gli squilibri fra le varie economie, ma, nel caso in cui ci sia una moneta comune come l'euro, invece, non si attribuisce alla moneta stessa questa essenziale funzione auto regolatrice; la Germania si è prima avvantaggiata della moneta unica e ora si avvantaggia della sua svalutazione, poiché, avendo saldi positivi record da anni, se avesse ancora il proprio marco autonomo, questo si sarebbe costantemente rivalutato, non solo nei confronti di tutte le monete, ma soprattutto nei confronti di quelle europee più deboli, invece con l'euro, si ritrova una valuta debole da sfruttare per l’ export , come infatti sta facendo da anni, in contrasto, secondo l'interrogante, l'accordo sul Six-Pack : non sarebbe consentito che un Paese abbia per più di tre anni consecutivi un surplus delle partite concorrenti oltre il 6 per cento, pena una sanzione dello 0,1 del PIL, ma la Germania lo sta facendo da sette anni consecutivi, accumulato infrazioni per circa 25 miliardi di euro, per le quali però non viene ancora sanzionata; secondo l'economista Giuseppe Russo «Il principale squilibrio macroeconomico europeo è l'anomalo avanzo commerciale tedesco a tutto export (oltre 200 miliardi di euro di eccesso di produzione sui consumi) che la Germania non fa nulla per aggiustare»; per l'economia dell'Italia, invece, le esportazioni difficilmente possono essere un traino, visto che il nostro Paese esporta per circa il 40 per cento all'interno dell'area euro; i dati Istat del 18 marzo 2015 sul Commercio estero riferito a gennaio 2015 indicano un diffuso rallentamento del nostro export , anche EXTRA-UE, quindi nonostante la svalutazione dell'euro: a gennaio 2015, le esportazioni registrano una flessione in termini tendenziali (-4,2 per cento), determinata dalla diminuzione delle vendite verso entrambe le aree: -4,7 per cento per l'area Unione europea e -3,5 per cento per l'area extra Unione europea; dopo anni di declino economico, e con i vantaggi dell'euro debole, l'Italia starebbe diventando un terreno di caccia, visto che si sta mettendo in atto un pericoloso meccanismo di svendita delle nostre eccellenze: secondo fonti di stampa «i francesi hanno espugnato con sistematicità il nostro alimentare (Parmalat, Galbani, Eridania), il lusso (Bulgari, Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Loro Piana) e l'energia (Edison). Non solo. Lufthansa è uscita scornata dalla guerra nei cieli italiani contro i cugini di Air France e nel risiko bancario i tedeschi hanno lasciato campo libero alle varie Bnp-Paribas (azionista di controllo di Bnl) e Crédit Agricole (azionista di controllo di CariParma). Tolta Ras inglobata da Allianz e, appunto, Ducati, nell'ultimo decennio non si segnalano grandi deal targati Germania»; l'espansionismo tedesco risponde soprattutto a strategie diverse dalle classiche acquisizioni crossborder francesi, cinesi o americane: Berlino punta direttamente al cuore pregiato del made in Italy , la piccola media impresa con buoni prodotti e tecnologia inserita nelle filiere internazionali che la crisi rende sempre più esposta alle operazioni ostili; non a caso dal 2010 a oggi il 55 per cento delle circa 50 operazioni «Germania su Italia» ha riguardato il settore « industrial » (fonte: Kpmg ); per alcuni osservatori economici, quella in atto nel nostro Paese sarebbe una vera e propria invasione pianificata: l'euro sarebbe nato su un patto di ferro franco-tedesco teso a deindustrializzare territori produttivi italiani, il nord Italia in particolare: il territorio di caccia di questa silenziosa guerra di mercato è la Brianza, la Pedemontana lombardo-veneta e la via Emilia, in pratica il meglio della nostra piccola e media industria in settori dove siamo leader mondiali come la meccanica, l'automotive, la filiera chimico-plastica e l'automazione che fanno la gran parte del nostro avanzo primario nel manifatturiero; secondo l'economista Giuseppe Russo, responsabile dell'Osservatorio italiano sulla filiera Automotive «Le nostre imprese del Quarto capitalismo fanno concorrenza alle Mittelstand, le loro imprese famigliari, ma i criteri di Basilea II e III mettono in grande difficoltà le nostre banche.» (le nostre imprese fino a 20-30 milioni di fatturato, a parità di dimensione e di qualità del credito, continuano a pagare il denaro mediamente 3 punti in più delle concorrenti tedesche), e se saltano i criteri di credito in un paese bancocentrico come l'Italia, «salta a cascata il sistema delle Pmi. Le migliori ce le compreranno i tedeschi (o i cinesi)»; «La carenza di credito è il vero demone che rende vulnerabile il nostro sistema d'impresa», spiega l'economista Bolognini: «Pensate alla scena di un imprenditore 60enne come ce ne sono tanti, con i figli sui trenta. Ha lavorato una vita, potrebbe andare ancora avanti ma comincia a preoccuparsi per il passaggio generazionale. Senza liquidità in cassa, anche se il business funziona, diventa difficile fare fronte a tutte le scadenze, le tasse, i fornitori, gli stipendi. Ecco che ti bussa alla porta un tedesco a cui indebitarsi non costa nulla, ti fa una valutazione industriale che si avvicina alle tue aspirazioni e che i fondi o le banche mai ti farebbero, e il gioco è fatto (...)»; nel febbraio 2014 un'inchiesta del Financial Times sollevava il tema dello shopping strategico tedesco: l'attenzione delle imprese tedesche si starebbe «concentrando sulla cosiddetta zona di crisi, dove possono venire in aiuto delle medie imprese italiane che spesso devono lottare per ottenere l'accesso al credito (...)»; secondo un recente report dello studio legale e tributario Roedl & Partner, l'Italia è al secondo posto (19 per cento) fra i paesi in cui le imprese familiari tedesche investono fuori dai confini della Germania, subito dopo gli Usa (24 per cento) e prima di Francia e Polonia (16 per cento). La maggior parte delle acquisizioni riguarda imprese con fatturati fra i 10 e i 100 milioni di euro. Ma soprattutto: «più che andare alla ricerca del mercato di sbocco italiano, cercano aziende con personale qualificato e prodotti, marchi o brevetti di eccellenza da commercializzare altrove», dov’è più facile avere credito da banche straniere; solo nei settori meccanica e automotive, la banca dati dell'Unioncamere al 31 ottobre 2014 conta ben 152 imprese con azionista di riferimento tedesco. Un numero destinato a crescere come dimostra l'accelerazione di questi ultimi mesi; secondo un recente articolo dell’ Huffigton post , la Germania avrebbe tanti modi per comprarci: «1) direttamente tramite acquisizioni; 2) indirettamente con operazioni spurie: è il caso dei soldi che l'immancabile Kfw, in versione lupo cattivo travestito da nonna buona, presta da qualche tempo alle piccole imprese dei paesi mediterranei in difficoltà. Lo ha fatto con quelle spagnole, portoghesi e greche. Adesso lo farà con l'Italia, attraverso un accordo con Cassa depositi e prestiti; 3) con operazioni mascherate da partnership strategiche dove i rapporti di forza sono tutti a vantaggio tedesco; 4) pianificando lo sbarco in grande stile, come accadrà a marzo quando un plotone di 150 funzionari tedeschi si trasferirà per sette mesi in una struttura tra Busto Arsizio e Gallarate, adibita a quartier generale della missione Expo 2015. «Il nostro padiglione, uno dei più grandi dell'Esposizione Universale, proporrà ai visitatori uno sguardo sulle nuove soluzioni tedesche volte a garantire l'alimentazione del futuro», promette il direttore, Erol Altunay, mettendo nel mirino la ricca filiera agro-alimentare italiana»; l'Italia starebbe diventando terreno di caccia anche per le aziende cinesi, desiderose di giocare finalmente un ruolo di primo piano e prendere il controllo di marchi di valore ma in crisi di liquidità. Solo nel 2014 quelli della Repubblica Popolare Cinese sono stati il 27 per cento di tutti gli investimenti esteri in Italia; secondo il sindacalista Maurizio Landini, intervistato da Repubblica tv , quella della Pirelli, avvenuta in questi giorni, «è una svendita che dimostra la mancanza di una politica industriale in Italia. Si lascia che le aziende strategiche come Pirelli e Finmeccanica finiscano in mani straniere cedendo il controllo di tecnologie e conoscenze. Un grave errore»; il passaggio del controllo di Pirelli ai cinesi di ChemChina rischia di essere bissato a breve distanza da un'altra operazione che allontanerebbe un big del settore automobilistico via dall'Italia, ovvero Pininfarina, gruppo italiano di design automobilistico, che sembrerebbe interessare all'indiana Mahindra&Mahindra; secondo l'unione industriale di Bologna: «Senza una strategia industriale nazionale molte Pmi finiranno integrate in cicli di business all'estero, perderemo fiscalità, buoni posti di lavoro, competenze, catene di fornitura e know-how sapiente»–: se il Governo sia consapevole della situazione di svendita delle nostre eccellenze, descritta in premessa, e se e come intenda intervenire in merito, per proteggere il nostro patrimonio industriale che costituisce la colonna portante della nostra economia; se il Governo si stia preoccupando di salvaguardare e con quali modalità, non solo quello che resta della grande impresa nazionale, ma anche tutto il tessuto di piccole e medie imprese che caratterizzano la nostra produzione e che, a quanto sembra, è oggetto del « cherry picking » tedesco in atto; in che modo il Governo pensa di intervenire in sede europea per difendere i diritti del nostro Paese contro le violazioni dei patti da parte della Germania, perché quelle sanzioni che continuiamo a ricevere vengano anche applicate a quegli Stati, come la Germania, che poi non rispettano alcune regole sull’ export ; se e in che modo il Governo intenda promuovere l’ export italiano, affinché la svalutazione della moneta europea possa davvero apportare dei benefici anche all'economia italiana. (2-00913) « Sorial ».