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Documenti ed Atti

XVII Legislatura della repubblica italiana

RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA 6/00155 presentata da GIARRUSSO MARIO MICHELE (MOVIMENTO 5 STELLE) in data 21/01/2016

Atto Senato Risoluzione in Assemblea 6-00155 presentata da MARIO MICHELE GIARRUSSO giovedì 21 gennaio 2016, seduta n.564 Il Senato, udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia; premesso che spettano al Ministero della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Il buon funzionamento di questa amministrazione è essenziale per la situazione socioeconomica del Paese, la quale, ormai da molti anni, versa in una crisi che coinvolge la stessa convinzione che le istituzioni possano efficacemente far fronte ai compiti ad esse affidate dalla Costituzione repubblicana, così minando la fiducia dei cittadini, in un comparto vitale per lo sviluppo sociale e economico del Paese. Appare opportuno, ai fini di una discussione che non sia meramente rituale ma possa consapevolmente incentrarsi sugli elementi concreti, che il Parlamento, data la tempistica della procedura, non si trovi più ad affrontare il dibattito annuale sull'amministrazione della giustizia senza poter previamente disporre di un tempo congruo per esaminare la relazione ministeriale e i voluminosi dati in essa contenuta; considerato che: le politiche sulla giustizia del Governo in carica risultano gravemente insufficienti. Al di là dei proclami, infatti, pare evidente l'inadeguatezza dell'Esecutivo dinnanzi ad autentiche emergenze nazionali costituite, in particolare, dalla corruzione, dalla criminalità organizzata e dalla criminalità economica, dall'evasione fiscale e dalla lentezza dei procedimenti giudiziari, in un quadro di carenza di fondi e personale cui non si è posto, al di là dei proclami, efficace e stabile rimedio. In tutti questi ambiti il Governo non è parso voler giocare un autentico ruolo di impulso, come invece sarebbe stato opportuno alla luce delle dichiarazioni programmatiche rese davanti alle Camere. Nel corso del 2015 sono state approvate alcune leggi, su tali ambiti, che, lungi dall'esser risolutive presentano ampie zone d'ombra e richiedono correzioni urgenti. Sotto il profilo pragmatico, si deve perciò registrare la mancata entrata in vigore di norme integrative e correttive volte a potenziare il contrasto alla corruzione, sia dal punto di vista processuale che sostanziale, nonché la mancata entrata in vigore di disposizioni volte a riformare il sistema di prescrizione che, ancor più dal 2005, rende quasi impossibile il perseguimento di determinati reati. Tale situazione, evidenziata già in sede di comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2015, non ha conosciuto la necessaria inversione di tendenza; il tutto avviene in un quadro complessivo in cui il settore penitenziario e quello dell'amministrazione della giustizia continuano a registrare situazioni inaccettabili di carenza strutturale ed organica, sovente prese a pretesto per provvedimenti d'urgenza volti a ridurre la popolazione carceraria, laddove l'intervento riformatore andrebbe concepito in modo più strutturale ed organico, assicurando la più condivisa ed equilibrata revisione del sistema sostanziale e processuale, civile e penale, con i conseguenti riflessi sul momento dell'esecuzione, che deve essere caratterizzata dal principio di certezza della pena. Ma poiché il solo intervento normativo non può esaurire la questione della giustizia, sono l'adozione di modelli gestionali trasparenti ed efficaci e la puntuale attuazione delle leggi approvate dal Parlamento che possono e devono denotare l'azione ministeriale, assicurando la dovuta attenzione e ponderazione negli aspetti più direttamente ricadenti nella responsabilità amministrativa; sotto tale profilo, la digitalizzazione della giustizia, elemento importantissimo per la sostenibilità del sistema, continua a non applicarsi in modo efficace in molte realtà territoriali ed è ancora arretrata nel settore penale. La nuova geografia giudiziaria, lungi dall'essere radicalmente corretta come pure richiesto dal Parlamento, continua produrre l'effetto di rendere ancor più faticoso l'accesso alla giurisdizione: dei complessivi 1.398 uffici di primo grado esistenti prima della cosiddetta riforma, ben 946 sono stati soppressi - 30 tribunali, 30 procure, 220 sezioni distaccate, 666 uffici del giudice di pace - corrispondenti al 68 per cento del totale. Si è così giunti ad una popolazione media per tribunale prossima alle 500.000 persone. È evidente che non si tratta di una razionalizzazione, ma di un colpo gravissimo - e controproducente - alla presenza della giurisdizione sul territorio. Giunge anzi notizia di un possibile intervento volto a ridimensionare le Corti d'appello, che potrebbe riflettersi in modo del tutto negativo sulla presenza di altri importanti presidi, tra tutti la Direzione investigativa antimafia (DIA), al di fuori dei capoluoghi; in parallelo, il costo del servizio giustizia ha continuato, su iniziativa del Governo, a crescere in modo sproporzionato e l'aumento del contributo unificato è stato talvolta utilizzato per sostenere i costi del continuo processo di degiurisdizionalizzazione e - latentemente - privatizzazione della giustizia stessa, scoraggiando i cittadini meno abbienti che vorrebbero difendere i propri diritti e continuando invece a favorire quanti dispongono già ora di mezzi adeguati per sfruttare le carenze normative, procedurali e strutturali e le conseguenti lentezze del sistema. I modesti risultati delle misure di degiurisdizionalizzazione fanno comprendere quanto mai lontani dall'adozione di politiche capaci di rendere a tutti i cittadini un ottimale servizio giustizia ed a garantire la certezza del diritto. Non stupisce che l'effetto complessivo di tale meccanismo - aumento esponenziale dei costi e rarefazione delle sedi in cui si amministra la giustizia sul territorio -, abbia l'effetto finale di dissuadere i cittadini e scoraggiarne l'accesso alla giustizia medesima. La deflazione del carico di lavoro dell'amministrazione e delle pendenze verrebbe così gradualmente raggiunta mediante un paradossale meccanismo di progressivo allontanamento della giustizia dal cittadino. I dati sulla marcata diminuzione delle iscrizioni in diverse città italiane possono essere letti in tal senso. Certamente tale riduzione, accompagnata al maggior tasso di definizione degli affari da parte della magistratura che si sta evidenziando, potrà contribuire alla ulteriore diminuzione delle pendenze, che tuttavia solo nel 2016 si attesteranno - sperabilmente - intorno ai 4 milioni, vale a dire ad un livello ancora superiore alla capacità di definizione del sistema; la perdurante carenza del Governo - aggravata dai contrasti nella maggioranza che lo sostiene con riferimento proprio a temi essenziali nel settore della giustizia - nel dare impulso ad una riforma coerente ed incisiva degli aspetti patologici del meccanismo della prescrizione e delle politiche di contrasto alla circolazione e all'impiego di capitali illeciti continuano a far perdere tempo prezioso nell'opera di rendere trasparenti settori essenziali dell'economia del Paese. Se è vero che nel rapporto Doing Business 2016 - più volte citato dal Governo - l'Italia risulta aver migliorato la propria posizione in alcuni ambiti, non può omettersi di rilevare come nell'ambito dei Paesi del G7 l'Italia sia ancora il Paese più basso in classifica ed è al centoundicesimo posto al mondo per la trattazione del contenzioso commerciale. Ciò è determinato dalla incertezza - talvolta corrispondente ad una volontà politica non riformatrice - di aggredire i nodi strutturali con politiche efficaci. I dati sulla prescrizione, che la stessa relazione ministeriale sull'anno 2015 riconosce in tutta la loro negatività - ne dimostrano gli effetti negativi per quanto attiene alla giustizia. Analoga situazione di stallo rischia di ripetersi per quanto concerne , in particolare, i meccanismi di prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione, laddove la strategia governativa è parsa voler disperdere tra i due rami del parlamento proposte tardive o inopportunamente frazionate. In questi essenziali campi la proverbiale e sbandierata rapidità di decisione del Governo non pare minimamente manifestarsi, tollerando così il perdurante operare di meccanismi che, nel frattempo, favoriscono l'impunità dei responsabili di condotte particolarmente odiose per la comunità nazionale. Il più volte evocato "Daspo" per i corrotti, ossia l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'interdizione perpetua a contrarre con la pubblica amministrazione per i condannati per determinati delitti contro la P.A., è ancora di là da venire e non sembra anzi affatto in agenda. Per contro, sembra pendere sulla magistratura la "spada di Damocle" di possibili interventi, che sembrano concepiti quasi con logica punitiva, in tema di responsabilità disciplinare - secondo modelli sovente non in linea con quello europeo - o in tema di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali; valutato che: rimane particolarmente elevato il livello del carico di lavoro dei tribunali, in misura che ancora può tradursi in un allontanamento nel tempo della risposta di giustizia ai cittadini e alle imprese. In tale situazione - confermando quanto criticamente evidenziato in sede di esame delle risoluzioni sullo stato dell'amministrazione della giustizia nello scorso anno, che si intende di seguito, non solo simbolicamente, riprendere - occorre ribadire che di là delle oscillazioni annuali che di volta in volta si possono verificare per provvedimenti contingenti, l'unica autentica continuità che si può ravvisare nell'amministrazione della giustizia italiana è quella del consolidamento dell'enorme numero complessivo di procedimenti pendenti presso gli uffici giudiziari, sia con riferimento ai dibattimenti che agli uffici requirenti, dell'entità delle nuove iscrizioni presso gli uffici giudiziari giudicanti e requirenti di primo grado, l'influenza delle pendenze sulla già inaccettabile durata media prevedibile dei processi. Sono, questi, tutti elementi cronici - a parte l'accentuarsi della tendenza alla degiurisdizionalizzazione e all'aumento dei costi per i procedimenti a carico delle parti che li promuovono - che rendono ancor più preoccupante l'allontanamento della giustizia dai cittadini, sia in termini di costi (aumentati di quasi il 50 per cento in 10 anni e del 15 per cento nei soli ultimi due anni, mentre analogo aumento non si è avuto per l'investimento sul gratuito patrocinio) che di effettiva concreta raggiungibilità degli uffici. Si tratta di aspetti i quali vanno poi a gravare, come ultimo anello, sulla questione carceraria in un Paese, come il nostro, annoverato tra quelli che hanno il più alto tasso di recidiva; la palese mancanza di una regia organica di riforma, la parcellizzazione degli interventi, la mancata adozione della decretazione per le riforme più incisive - laddove questo strumento d'urgenza è stato invece utilizzato con frequenza senza precedenti in altri settori - rendono, anche nella percezione degli operatori del settore e dei cittadini, fortemente deludente, se non regressiva, l'azione del Governo per la giustizia. Ai comunicati e alle conferenze stampa non ha quasi mai fatto seguito l'approvazione definitiva delle tanto attese misure capaci di incidere sulle carenze del sistema, le quali restano, come e più degli anni passati, a gravare su cittadini, pubblica amministrazione, professionisti , piccole e medie imprese, lasciando ai meno abbienti sempre meno spazi per la tutela giurisdizionale dei propri diritti; considerato che: nell'anno 2015, le pendenze degli affari civili si sono attestate a circa 4,5 milioni, 4,2 milioni al netto del contenzioso di volontaria giurisdizione: ossia soltanto 370.000 cause in meno rispetto al 2014, nonostante i numerosi e reiterati interventi normativi in materia. La relazione segnala anche un rallentamento nell'efficienza di definizione delle cause. In Cassazione si rileva addirittura un aumento delle pendenza. A fine del 2015, la scopertura di organico dell'amministrazione presenta ancora un dato di crescita, ammontando a 34.656 unità, con una carenza di ben 9.046 unità, pari al 20,7. I dati evidenziano che, anche per l'anno 2015, come per il precedente, il numero complessivo di procedimenti penali pendenti presso gli uffici giudiziari è rimasto invariato (con un decremento appena del -0,5 per cento). Nello specifico, tra l'anno giudiziario 2013/2014 e l'anno giudiziario 2014/2015, i tribunali presentano un aumento delle pendenze al dibattimento del 3,7 per cento e una diminuzione solo presso l'ufficio gip/gup; le pendenze presso gli uffici di procura della Repubblica hanno registrato un lieve aumento (+0,4 per cento). In relazione alle iscrizioni calano negli uffici di procura della Repubblica le iscrizioni del -4,1 per cento e presso i tribunali del -3,3 per cento. Analogamente si osserva un calo nelle definizioni dell'anno giudiziario 2013/2014 rispetto al 2014/2015 con una diminuzione complessiva del -7,2 per cento; nel dettaglio -7 per cento di procedimenti definiti con reati ordinari, +4,8 per cento per procedimenti di competenza DDA, e -8,7 per cento di procedimenti definiti per reati di competenza del giudice di pace; secondo i dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, al 31 dicembre 2015 i detenuti erano 52.164 - appena 1.459 in meno rispetto all'anno precedente nonostante i ripetuti provvedimenti cosiddetti svuotacarceri - comunque in esubero rispetto ai posti disponibili (circa 49.000). La positiva diminuzione del numero dei detenuti fino a circa 52.000 unità - al punto che ottimisticamente il Ministro ha affermato che il sovraffollamento è stato "sostanzialmente eliminato" - è stata raggiunta grazie a 39.000 persone assegnate all'esecuzione esterna, ma non risulta che siano diminuiti significativamente e strutturalmente i reati commessi, al di là dell'approvazione di misure come la non punibilità per tenuità del fatto. I detenuti in attesa di giudizio di primo grado risultano 8.523, al 31 dicembre 2015, numero ancora eccessivamente elevato rispetto alla totalità della popolazione carceraria seppur in leggera diminuzione. Significativo è il numero di minori che vivono in carcere in quanto figli di genitori detenuti: nel primo semestre sono stati circa 120.000 gli ingressi dei minori in carcere; 132 persone risultano ancora ristrette negli Ospedali psichiatrici giudiziari. È diminuito il numero complessivo dei detenuti in custodia cautelare ed il numero dei detenuti stranieri, ma in un contesto numerico complessivo ancora patologico. Con riferimento alla situazione carceraria - sebbene, o forse proprio a causa del fatto che alla relativa situazione emergenziale dal 2010 fosse stato preposto un modello gestionale straordinario rivelatori fallimentare e tardivamente concluso - non si è mai giunti alla definitiva sistemazione delle strutture promesse, ormai da molti anni, nell'ambito del cosiddetto piano carceri. Non è ancora chiaro quali risultati concreti abbiano prodotto le procedure straordinarie derogatorie e le risorse poste per il piano carceri, dopo molti anni di gestione commissariale. Siamo, anzi, nell'impossibilità concreta di utilizzare numerosi posti per mancata ristrutturazione, adeguamento e modernizzazione degli istituti. Ma, soprattutto, buona parte dei detenuti non riesce ad usufruire concretamente della possibilità di lavoro durante la detenzione e gran parte di essi risulta non esser mai stata impiegata in lavori di pubblica utilità, anche per le problematiche concernenti le convenzioni che li regolano. Il lavoro, oltre a costituire parte fondamentale della funzione rieducativa della pena, consentirebbe ai condannati di disporre di un reddito per provvedere effettivamente alle spese processuali, ai risarcimenti alle vittime ed alle eventuali multe e ammende, contribuirebbe ad abbattere il tasso di recidiva e persino a ridurre - se i detenuti potessero contribuirvi in misura sensibile - i costi di manutenzione delle strutture, laddove invece attualmente le spese per il mantenimento sono partecipate esclusivamente dai pochi detenuti che lavorano, pari a circa lo 0,6 per cento del totale dei reclusi; a dispetto dei proclami sulle maggiori risorse per la giustizia, la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) dimostra lo scarso rilievo assegnato alla materia giustizia confermando, pertanto, la consolidata tendenza a non investire - ed anzi a disinvestire - nella efficienza del sistema giudiziario, nell'accelerazione dei processi, nella rapidità dell'accertamento dei reati e, conseguentemente, nella certezza della pena, quale contributo per il progresso socio-economico del Paese. La mancanza di fiducia e di interesse effettivo nel rilancio del comparto giustizia, ben simboleggiato dal susseguirsi delle diverse manovre di bilancio, compromette parallelamente gli obiettivi di potenziamento, formazione e valorizzazione della professionalità del personale amministrativo, per la progressiva rarefazione delle risorse dedicate al sistema giustizia. Con riferimento alla legge di bilancio, non risulta che essa abbia minimamente inciso su una situazione, ben rappresentata dall'analisi dei bilanci statali per gli anni 2006-2015, secondo cui la percentuale delle spese del Ministero della giustizia in rapporto alle spese finali dello Stato è progressivamente diminuita passando dall'1,7 per cento del 2006 all'odierno 1,3 per cento. Nella sessione di bilancio ci si è piuttosto limitati ad alcuni interventi parcellizzati che ben riflettono la mancanza di un disegno riformatore organico; ad esempio, la legge di stabilità per il 2016 è intervenuta sui profili riguardanti la valorizzazione dei beni, anche aziendali, sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, lasciando però immutata la vigente disciplina che, a determinate condizioni e limitatamente agli immobili, consente l'ipotesi della alienazione dei beni, laddove andrebbe prioritariamente potenziato - dal punto di vista normativo, amministrativo e finanziario, il loro utilizzo, in piena trasparenza, a fini sociali. Peraltro la norma in questione è intervenuta frammentariamente su materia rimessa ad altri disegni di legge di natura più organica, tra i quali quello recante misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti e quello recante misure per favorire l'emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, in corso di esame. Particolarmente preoccupante, pur in un testo di riforma del codice antimafia che presenta aspetti positivi, è la disposizione che prevede il coinvolgimento di Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, società del Ministero dell'economia, nell'amministrazione giudiziaria dei beni confiscati, settore questo dove andrebbe invece accresciuta, dopo gli ultimi scandali, la direzione verso la totale trasparenza ed indipendenza degli incarichi; sono state approvate, nell'ambito della legge di stabilità 2016, disposizioni piene di criticità che innovano - per ridurre la spesa, che oggi ammonta a ben 400 milioni di euro - l'indennizzo da irragionevole durata del processo di cui alla cosiddetta legge Pinto abbassando l'entità dell'indennizzo e introducendo l'obbligo per la parte lesa dall'eccessiva durata di sollecitare i tribunali con rimedi preventivi della violazione del termine, che rappresentano una condizione di procedibilità della successiva domanda di riparazione del danno. Sono state introdotte presunzioni di insussistenza del danno, che obbligano la parte che ha subito un processo irragionevolmente lungo a dimostrare il pregiudizio subito e vengono disciplinate nuove modalità di pagamento. Con riferimento a quanto previsto dall'articolo 281-sexies del codice di procedura civile, il rimedio preventivo e obbligatorio prefigurato dalla legge in questione potrebbe determinare, per la parte interessata, la scelta tra insistere nel chiedere la piena soddisfazione del proprio diritto, con una cognizione piena (ma conseguentemente rinunciando a priori all'equa riparazione per violazione del termine) e chiedere la decisione allo stato degli atti, con il rischio di perdere la causa. Il testo, inoltre, nega l'indennizzo non solo alla parte soccombente che nel processo civile sia stata condannata al risarcimento dei danni da lite temeraria (ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile), ma a chiunque abbia agito o resistito in giudizio pur essendo consapevole della infondatezza - originaria o sopravvenuta - delle proprie domande o difese, anche se ciò non ha determinato la condanna per lite temeraria. In assenza di indici espressi, non si comprende come si possa dimostrare che la parte abbia agito con tale consapevolezza. Non sembra neppure che l'articolo 111 della Costituzione - che demanda alla legge di assicurare la ragionevole durata di ogni processo - e l'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo - in base al quale ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata in un tempo ragionevole - consentano di escludere dall'indennizzo le cause bagatellari, come pure si è provveduto a disporre. Né l'articolo 6 della Convenzione riconosce una specifica rilevanza, diversamente dal testo approvato, al numero di parti del processo. Lo stesso articolo 6 della Convenzione non distingue il riconoscimento del diritto a vedere esaminata la propria causa in un tempo ragionevole, in base all'esito del processo, dal momento che la soccombenza nel giudizio non sempre comporta l'avere agito o resistito in mala fede o l'avere abusato del processo, per i quali deve essere operata una valutazione caso per caso; ciò non significa che alcune cose - con il concorso importante delle opposizioni - non siano state positivamente fatte. Resta tuttavia una lentezza preoccupante sul fronte degli adempimenti concreti che consentono l'attuazione delle leggi. Con riferimento all'ufficio del processo, si deve sottolineare come ancora debbono essere erogate le prime borse di studio per i tirocinanti. Con riferimento all'organico della magistratura, si deve sottolineare come permangano ancora 1000 unità di scopertura, senza contare i fuori ruolo. Ancora devono entrare in servizio i 311 vincitori del concorso del 2013. Allo stesso tempo, andrebbero implementate misure condivisibili: è stato garantito un primo supporto finanziario alla negoziazione assistita ma andrebbe valutata l'opportunità - come alcune raccomandazioni accolte dal Governo in sede di legge di stabilità prevedono - di introdurre incentivi fiscali per il recupero delle somme spese per l'assistenza legale per i cittadini assolti con formula piena. Analogamente si stanno facendo passi in avanti - peraltro imposti da direttive comunitarie - per la tutela delle persone vulnerabili, ma andrebbero accresciuti i meccanismi per il sostegno alle vittime dei reati intenzionali violenti che per diverse ragioni - di carattere sostanziale o processuale - non hanno potuto trovare ristoro per i danni , a volte gravissimi, se non irreparabili, subiti ad opera del reo; un punto sul quale occorre moltiplicare sforzi ed iniziative è quello concernente la digitalizzazione della giustizia. Si tratta di un processo in atto da molti anni e che certo l'attuale Governo non può ascriversi in toto. Le fortissime criticità e le difficoltà di gestione tuttora esistenti nel ricorso al processo telematico sono di natura organizzativa, tecnologica e normativa. Ma è soprattutto sul fronte delle risorse - qui più che mai da intendersi come investimento piuttosto che come spesa - che si registrano le incertezze maggiori poiché in molte realtà continuano a mancare dotazioni idonee al funzionamento del processo telematico, che dovrebbe invece rappresentare una scelta irreversibile. Basti pensare che nell'ultima legge di stabilità, laddove si è trattato di individuare le fonti del contributo del Ministero della giustizia alla riduzione pro quota delle spese, si è ben pensato di incidere sul Fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico, la cui dotazione del Fondo è stata ridotta di quattro milioni di euro. Per la parte rimanente si è deciso di reperire denaro mediante la riduzione dei compensi dei magistrati onorari, vale a dire giudici di pace, giudici onorari aggregati, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari, in pendenza peraltro di un disegno di riforma complessiva del settore che ne valorizza il ruolo ed i compiti; con riferimento alle recenti disposizioni in materia di depenalizzazione, abrogazione di reati e introduzione di una categoria di illeciti puniti con sanzioni pecuniarie civili, il Governo ha scelto di non dare seguito all'abrogazione dell'articolo 10-bis del testo unico immigrazione prevista dal Parlamento e conseguentemente, di non dare piena attuazione, sul punto, alla delega di cui alla legge 28 aprile 2014, n. 67, oltre a quanto previsto dall'articolo 28 del testo unico sugli stupefacenti, nonostante il Ministro della giustizia abbia dichiarato che la fattispecie ad oggi vigente si traduce in un rallentamento all'espulsione, in un ostacolo per le indagini, specie quelle relative alla tratta di essere umani, come segnalato dal procuratore nazionale antimafia; risultano ancora ferme proposte importanti, come l'introduzione del delitto di tortura, la riforma della class action, mentre si auspica che la legge sul contrasto al caporalato possa procedere più speditamente. Resta ferma la legge sul contrasto alla criminalità economica, mentre intere regioni e fondamentali settori economici restano ancora sotto lo scacco della criminalità, organizzata e finanziaria. Ciò - come dimostrano anche le recenti vicende bancarie sulle cui eventuali responsabilità di ordine penale si pronuncerà la magistratura - rende sempre più debole la fiducia dei risparmiatori e degli imprenditori. Anche per questo il settore giustizia deve conoscere uno scatto sia in termini di qualità della legislazione che di efficienza nella sua applicazione; per contro, vi sono forti preoccupazioni per il pericolo di una riduzione dell'autonomia di fondamentali istituzioni di garanzia nel settore della giustizia, quali la Corte costituzionale ed il Consiglio superiore della magistratura i cui componenti di nomina parlamentare, in virtù dei nuovi meccanismi di formazione ed elezione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, potrebbero essere espressione di una sola parte, alla luce di quanto prefigurato dalle preoccupanti riforme in corso, non approva le comunicazioni rese dal Ministro della giustizia e impegna, invece, il Governo: 1. a voler favorire, per quanto di competenza, il celere esame parlamentare dei disegni di legge recanti disposizioni volte ad un più incisivo contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione anche sotto il profilo delle sanzioni interdittive perpetue e alla confisca dei proventi della corruzione, all'adozione di una più efficace disciplina sostanziale e sanzionatoria del falso in bilancio e dei reati fiscali - laddove, per questi ultimi, si è al contrario proceduto a varare recenti soglie di punibilità in taluni casi più favorevoli e con effetto retroattivo - alla modifica urgente dei termini di decorrenza e dei meccanismi di prescrizione del reato, al potenziamento delle norme sull'autoriciclaggio nelle parti rivelatesi carenti, apportando le necessarie correzioni alle disposizioni legislative in materia, ancorché di recente approvazione, al fine di evitare le eccessive zone d'ombra e di non punibilità che, restando, incentivano meccanismi delittuosi; 2. a voler favorire altresì l'esame delle proposte volte all'introduzione, nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali, dello strumento dell'agente provocatore, nonché a dare seguito agli atti di indirizzo parlamentare, accolti dal Governo stesso, che richiedono una estensione anche alla materia della corruzione dell'applicazione degli agenti sotto copertura; 3. a favorire, più in generale, l'esame delle proposte di riforma concernenti il potenziamento delle misure di contrasto e prevenzione in materia di criminalità economica, così da rendere più dissuasivo ed incisivo il sistema sanzionatorio vigente, stante la delicatezza di questi settori per la vita socioeconomica del Paese ed a favorire, altresì, il celere esame del disegno di legge governativo n. 1687 (Misure volte a rafforzare il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti), presentato in Senato sin dal novembre 2014 e non più esaminato, in sede referente, sin dal mese di aprile 2015; 4. a favorire l'accesso dei cittadini all'amministrazione della giustizia, invertendo la spirale di continuo aumento dei costi del contributo unificato che ha contraddistinto negli ultimi anni le politiche dei diversi Governi, volte più a scoraggiare la domanda di giustizia piuttosto che a potenziare con decisione l'offerta sul territorio, ponendo come obiettivo dell'amministrazione non la sola diminuzione del flusso di entrata della domanda di giustizia quanto piuttosto la sempre più celere ed efficace definizione delle controversie, in modo da ricondurre con la necessaria urgenza il sistema giustizia nel suo complesso ai livelli quantitativi e qualitativi che gli operatori, i cittadini e le imprese richiedono e meritano; 5. a rafforzare le misure volte all'ottimizzazione dell'efficienza e della trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013, nonché a rafforzare, in tale contesto, le misure volte all'efficiente e rapido utilizzo delle risorse finanziarie disponibili, al perseguimento degli standard europei di efficacia e monitoraggio dell'azione amministrativa, effettivamente misurabili ed aggiornabili mediante idonea pubblicità sulla rete Internet del Ministero e degli uffici giudiziari, attraverso il più ampio ricorso al sistema open data già previsto dalla legislazione vigente; 6. a reperire idonee risorse finalizzate all'incremento e alla diffusione uniforme sul territorio nazionale dei progetti di innovazione tecnologica nei procedimenti giudiziari, portandoli a pieno regime entro la fine dell'anno 2016, così da recuperare le riduzioni di fondi disposte nel tempo; 7. a reperire idonee risorse finalizzate all'implementazione delle piante organiche e alla valorizzazione delle risorse umane, sia con riferimento alla formazione che alla distribuzione del personale, assicurando la stabilità e continuità delle misure concernenti il personale del comparto giustizia - amministrativo oltre che appartenente alla magistratura - e dedicando la necessaria attenzione a servizi importanti ma sinora non valorizzati quali quelli di cancelleria, verbalizzazione e trascrizione degli atti; 8. a dedicare particolare attenzione alle condizioni di lavoro dei magistrati, nell'ottica della qualità della giurisdizione, e del personale amministrativo, dando priorità ai livelli di servizio, alle dotazioni degli uffici e alla formazione del personale, anche attraverso l'utilizzazione dei fondi strutturali europei; 9. ad adottare le opportune misure affinché i livelli dei servizi siano resi omogenei e uniformi sul territorio nazionale, supportando gli uffici maggiormente in sofferenza, nonché provvedendo alla ricognizione e rimodulazione dei carichi di lavoro e dell'arretrato; 10. a rafforzare conseguentemente il presidio giurisdizionale, con particolare riferimento alle aree più esposte a fenomeni di criminalità diffusa e organizzata, nella parallela prospettiva di eliminare il fenomeno dei troppi magistrati ancora in distacco presso i Ministeri e le altre amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e sottratti all'attività sul territorio; 11. a perseguire l'indispensabile miglioramento delle condizioni di detenzione, con particolare riferimento a detenuti malati, minori e detenute madri ed a prevedere, per quanto concerne l'edilizia penitenziaria, l'ampliamento e l'ammodernamento delle strutture esistenti con piena trasparenza e con procedure ordinarie, avviando a conclusione la troppo lunga stagione dei commissariamenti e delle deroghe al codice degli affidamenti e degli appalti pubblici; 12. a voler incentivare e promuovere, rendendole concretamente accessibili a tutte le persone recluse, le forme di lavoro per i detenuti previste dalla legislazione vigente, comprese le forme di lavoro volontario di pubblica utilità, anche attraverso l'attuazione di progetti europei e protocolli con gli enti locali, al fine di consentire ai detenuti di essere rieducati, formati e reinseriti nella società e permettere alla comunità di usufruire dei benefici derivanti dalla loro attività lavorativa; 13. a favorire le proposte volte al ripristino delle pene previste dall'articolo 416-ter e il potenziamento dell'ambito applicativo del reato di voto di scambio politico mafioso, apportando le necessarie correzioni alle disposizioni legislative in materia, nonché le proposte volte ad inasprire ulteriormente le pene per coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione mafiosa armata; 14. a porre il servizio giustizia che lo Stato rende al cittadino, al centro della propria azione politica e progettuale, rimuovendo anche nell'ambito della giustizia amministrativa basilare per il recupero di competitività del Paese, gli oneri eccessivi e gli ostacoli economici e procedurali che si frappongono tra il cittadino e l'esercizio del proprio diritto alla giustizia; 15. a favorire la conoscenza e l'applicazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, recante "Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente", assicurando il potenziamento dei corpi specializzati nella materia del contrasto agli ecoreati. (6-00155) GIARRUSSO, BUCCARELLA, CAPPELLETTI, AIROLA, BERTOROTTA, BLUNDO, BOTTICI, BULGARELLI, CASTALDI, CATALFO, CIAMPOLILLO, CIOFFI, COTTI, CRIMI, DONNO, ENDRIZZI, FATTORI, GAETTI, GIROTTO, LEZZI, LUCIDI, MANGILI, MARTELLI, MARTON, MONTEVECCHI, MORONESE, MORRA, NUGNES, PAGLINI, PETROCELLI, PUGLIA, SANTANGELO, SCIBONA, SERRA, TAVERNA.

 
Cronologia
martedì 19 gennaio
  • Parlamento e istituzioni

    La Camera approva in via definitiva il d.d.l. di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, recante misure urgenti per interventi nel territorio. Proroga del termine per l'esercizio delle deleghe per la revisione della struttura del bilancio dello Stato, nonché per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa (C. 3495) (legge 22 gennaio 2016, n. 9).



giovedì 21 gennaio
  • Parlamento e istituzioni

    La Camera approva con modificazioni le proposte di legge recanti introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (C. 3169-B). 



mercoledì 27 gennaio
  • Parlamento e istituzioni

    Il Senato discute le mozioni di sfiducia al Governo Renzi n. 1-00501 sen. Centinaio (LN-Aut) ed altri e n. 1-00510 sen. Giarrusso (M5S) ed altri. La prima è respinta con 101 voti favorevoli, 178 voti contrari e 1 astenuto; la seconda con 84 voti favorevoli, 176 contrari e 1 astenuto.