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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Domenico Farini

Nasce a Montescudo (Forlì) il 2 luglio 1834
Deceduto a Roma il 18 gennaio 1900

Biografia

Nasce a Montescudolo (oggi Montescudo, Forlì) il 2 luglio 1834. Studia a Ravenna nel Collegio dei nobili, quindi segue le traversie del padre Luigi Carlo, esule politico in Toscana, poi ad Osimo, infine a Roma, dove la politica riformista di Pio IX sembra garantire maggiore libertà. Dopo l'assassinio di Pellegrino Rossi (15 novembre 1848) i Farini riprendono però la via dell'esilio, dapprima ancora in Toscana, poi in Piemonte.
Nel 1850 entra all'Accademia militare di Torino, ne esce quattro anni dopo sottotenente del genio e partecipa alle campagne del 1859 e del 1860.
Nel frattempo, raggiunto a Modena il padre, investito di poteri dittatoriali nell'Italia centrale, viene eletto deputato per il collegio di Russi nell'Assemblea delle Romagne, che vota la decadenza del potere temporale del Papa. Prende poi parte agli assedi di Ancona e di Gaeta, uscendone con una medaglia d'argento e con la croce di cavaliere dell'ordine di Savoia.
Segue quindi a Napoli il padre, luogotenente del Re dopo la dittatura garibaldina. Tornato a Torino, è membro della commissione di scrutinio per gli ufficiali dell'esercito meridionale che doveva avviare la fusione dei reparti garibaldini nell'esercito regolare, ma ne ricava un'impressione negativa della quale si farà portavoce, nel 1865, in Parlamento. Intanto viene inserito nello stato maggiore dell'esercito nazionale ed è addetto al gabinetto dei Ministri della guerra nei Governi Rattazzi e Farini-Minghetti.
Nel 1864 viene eletto alla Camera dal II collegio di Ravenna, vittoriosamente conteso al repubblicano Vincenzo Caldesi; gli elettori gli confermeranno la fiducia fino al 1886, allorché, nominato senatore, passerà all'altro ramo del Parlamento.
Due anni dopo è Capo di stato maggiore nella divisione del generale Cosenz, ma, terminata la terza guerra d'indipendenza, convinto di essere stato danneggiato nell'avanzamento per le critiche mosse alla conduzione strategica di Alfonso La Marmora, rassegna le dimissioni. Da questo momento si dedica interamente all'attività parlamentare, mantenendo uno stretto legame con la sua terra d'origine. Porta nei dibattiti relativi alla materia militare la propria competenza specifica, ma uguale passione pone nella discussione delle questioni relative ai dazi, alle ferrovie, alle casse di risparmio, allo zolfo.
Segretario della Camera nella X, nella XI e nella XII legislatura, si schiera con il gruppo di centro-sinistra, rimproverando agli uomini della destra storica l'abbandono del padre all'epoca della luogotenenza e poi nell'esperienza di governo. Nel 1868 si oppone all'adozione di misure straordinarie di ordine pubblico contro le nuove organizzazioni politiche, imputando all'eredità di un regime clericale ed arbitrario talune manifestazioni più accese.
All'avvento della sinistra rifiuta incarichi governativi o diplomatici limitandosi ad effettuare un paio di missioni in Francia e in Inghilterra allo scopo di illustrare la politica di Depretis.
Vicepresidente della Camera dal 10 marzo 1878, ne diviene Presidente il 27, succedendo a Benedetto Cairoli. Riconfermato nel mandato nella terza sessione della XIII legislatura, all'inizio della XIV legislatura (1880) è nuovamente eletto alla Presidenza, quindi ancora riconfermato nella XV legislatura (1882).
Universalmente apprezzato per le doti di tatto e di avvedutezza, il 7 giugno 1886 è nominato senatore; l'anno seguente diventa Presidente del Senato (16 novembre 1887), rimanendo nella carica fino al 15 luglio 1898.
Dal 1891 inizia a tenere un diario (pubblicato nel 1961 con il titolo Diario di fine secolo) che si rivela uno strumento prezioso per la conoscenza di personaggi e vicende degli ultimi decenni dell'Ottocento.
Contrario alla riforma dello Statuto, interpreta la crisi di fine secolo come il trionfo degli interessi materiali sulle idealità e paventa rischi di disgregazione sociale.
Muore a Roma il 18 gennaio 1900.

XIII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 27 marzo 1878

Domenico Farini è eletto Presidente della Camera il 27 marzo 1878, nella seconda sessione della XIII legislatura, con 174 voti su 262 votanti. Il suo breve discorso di insediamento ruota intorno alla rinnovata operosità che attende la Camera ora che l'Italia ha perso «il gran Re». Farini esorta i deputati a ritrovare ispirazione ed energie e ad affrettarsi alla meta, quasi a riempire il vuoto lasciato dalla morte di colui «che gli Italiani avevano invocato vindice nei dì del servaggio ed acclamavano vanto e presidio della risorta nazione». Quel popolo che si strinse intorno al feretro di Vittorio Emanuele II, mostrando all'Europa di saper sfidare le avversità, esige ora dai legislatori che le istituzioni siano sempre più al servizio della libertà e della prosperità

XIV Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 19 febbraio 1880

Eletto per la seconda volta alla Presidenza della Camera il 18 febbraio 1880, con 213 voti su 280 votanti, Farini ringrazia, nel discorso tenuto l'indomani, i colleghi per la fiducia dimostrata, assicurando loro che egli assisterà alle discussioni «come a patriottica gara di cittadini elettissimi in servizio della patria». Una sola preghiera egli rivolge ai deputati: che garantiscano totale dedizione ad un compito «nel quale la negligenza è colpa». La legislatura è giunta a metà percorso, ma se si trascurerà di risolvere i problemi rimasti aperti, il «bene procacciato» scomparirà «davanti al maggior bene promesso ed alla grande aspettazione».