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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Domenico Farini

XIII Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 27 marzo 1878

Presidente. Onorevoli colleghi! Voi mi avete eletto ad ufficio tanto alto che io ne rimango sgomento, e male saprei piegarmi rassegnato alla vostra volontà se non mi affidasse e sorreggesse la benevolenza di tutti. Prescielto, a dirigere le vostre discussioni, fra tanti uomini preclari per ingegno, insigni per dottrina, benemeriti per servigi resi alla patria, so che null'altro ad essi mi accosta se non il grande amore all'Italia, la devozione alla dinastia, la fede nella libertà instillata in me, fino dalla prima giovinezza, dalla voce e dallo esempio paterno. (Bravo! Benissimo!) E l'animo mio, commosso per l'immeritato onore, non può, con studiate pallide parole, dirvi quanta sia la mia gratitudine. Tenterò mostrarvela gareggiando con ognuno di voi nell'adempimento dei doveri, che, grandi per tutti, giganteggiano per chi voi voleste sollevare al primo onore; adoperando verso di tutti quella equanimità che diventa ora imprescindibile mio debito, come fu già mio studio nella oramai lunga carriera parlamentare. Onorevoli colleghi! - Il còmpito che sta disteso davanti ad ogni Assemblea, nelle cui mani siano riposti gli interessi più cari d'una nazione, grande sempre, si accrebbe a dismisura per questa nostra intorno alla cui culla echeggiarono tanti fervidi augurii, sorrisero tante liete speranze. E, quasi non bastasse, toccò a noi vedere, impietrati alla immensa sciagura, scendere nella tomba il gran Re che gli Italiani avevano invocato vindice nei dì del servaggio ed acclamavano vanto e presidio della risorta nazione: toccò a noi assistere ad altro avvenimento intorno al quale le timide menti abbuiavansi speculando l'avvenire. Ci è quindi giuocoforza, onorevoli colleghi, richiedere alle nostre origini ispirazione e lena; ricercare nei comuni doveri il cemento delle volontà; affermare il tempo che fugge; affrettarci alla meta che non potremmo trasandare senza mancare a noi medesimi, senza fallire alla nostra missione. A questo ci sprona la nazione tutta, la quale come seppe già, prostrata lacrimante davanti al feretro di Vittorio Emanuele e stretta acclamante intorno al trono dell'augusto suo figlio, mostrare all'Europa poter sfidare avversità di casi od insidie d'uomini, le istituzioni, tutelate dalla lealtà e difese dal valore del principe, fondate sul consenso e cementate dal sangue del popolo; così oggi da noi legislatori imperiosamente esige che, alle istituzioni stesse si accrescano pregio ed amore derivandone, senza indugio, gli invocati svolgimenti di prosperità e di libertà. (Benissimo! - Applausi)