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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Oscar Luigi Scalfaro

XI Legislatura della Repubblica italiana

Seduta del 23 aprile 1992, continuata nella giornata del 24 aprile

Presidente. (Pronunzia, stando in piedi, il seguente discorso). Onorevoli colleghi, esprimo anzitutto un grazie a tutta l'Assemblea: un grazie ai colleghi che hanno avuto la bontà di darmi il voto di fiducia per essere eletto, un grazie anche ai colleghi che per ragioni politiche hanno ritenuto di schierarsi in modo diverso ma che so - e li ringrazio in modo particolare - lo hanno fatto con particolare rispetto nei confronti della mia persona. È di estrema emozione, mentre stanno per compiersi i miei quarantasei anni di vita in quest'aula, sentirsi investiti dalla vostra fiducia che mi porta a questo vertice di dignità e di responsabilità. Qui io vidi presiedere Vittorio Emanuele Orlando; qui Saragat, che lasciò per dar man forte alla nostra democrazia; qui Terracini, e la sua intelligenza e la sua bravura rimangono patrimonio che non ho mai dimenticato; e, giungendo agli ultimi, qui la saggezza, la cultura, la dignità di Ingrao; qui la Presidente Iotti, anch'ella costituente, che ancora onora quest'aula con la sua forte personalità e con la grande capacità di farsi amare dall'intera Assemblea (Vivissimi applausi). E Gronchi, e Pertini, e Leone: quanti ricordi! Ma più ancora di succedere a Presidenti insigni, mi emoziona e travaglia presiedere questa Camera dei deputati, depositaria, con il Senato della Repubblica, della sovranità del popolo italiano. La nostra è democrazia rappresentativa e, nell'inchinarmi con l'intelletto e con il cuore all'Assemblea, sento attraverso voi di mandare un saluto devoto e fedele a tutto il popolo italiano, che costituzionalmente voi tutti qui rappresentate. È il primo saluto, poiché questo Parlamento è stato concepito e voluto nella Carta costituzionale come vertice di tutta la costruzione dello Stato democratico. Parlamento nel quale credo, e che credo di amare profondamente. E rivolgo il saluto devoto e affettuoso al Capo dello Stato, al quale, attraverso il Segretario generale, ho immediatamente telefonato per questo saluto devoto e affettuoso. E il saluto al Governo, alla magistratura, ad ogni magistratura: alla magistratura, con il cuore di chi ha avuto l'onore di indossare la toga, segno di indipendenza e di autonomia sia dell'intero potere giudiziario sia di ogni singolo magistrato che veramente incarni una giustizia pure limitata, perché umana, ma sempre serena e al di sopra delle parti, se vuol essere giustizia. Un particolare saluto riservo alla Corte costituzionale ed al suo Presidente - Corte che ha il delicato compito del controllo di costituzionalità delle leggi - e all'altro ramo del Parlamento, al Senato della Repubblica, al suo illustre Presidente, con la devozione e l'impegno della più attenta collaborazione. Un saluto alle Forze armate, nelle quali tanti anni fa ebbi l'onore di compiere il mio dovere, ed alle forze dell'ordine, che ho imparato a conoscere, ad apprezzare e ad amare nei sette anni di presenza al Ministero dell'interno, da sottosegretario di Stato e da ministro. Sento la dignità ed il peso del compito che mi avete affidato e chiedo a Dio, con la povertà di un modesto credente qual sono, e lumi e forza e capacità di sacrificio e di rispondere alle vostre legittime, giuste attese. Sento vivissimo il dovere di esercitare il mio compito al di fuori e al di sopra delle parti, con totale indipendenza e grande rispetto verso tutti e verso ciascuno di voi. Mi incombe anzitutto il dovere di difendere la dignità, la competenza, il prestigio della Camera dei deputati. Troppe volte queste delicate prerogative costituzionali nel corso dei decenni sono state poste in forse o lese o trascurate, e ciò ha creato serie difficoltà ai miei predecessori. Troppe volte momenti vitali di politica nazionale sono passati sulla testa del Parlamento e sulla testa di questa Camera. Troppe volte - e lo dissi da deputato - qui si è recitato l'ultimo, quasi inutile, atto di processi politici nati, svolti e risolti fuori di qui. I partiti sono certamente essenziali alla democrazia, ma lo straripamento dei partiti può diventare logoramento, se non aggressione, alla democrazia stessa. Tutto ciò non è né nelle parole né nello spirito della Carta costituzionale. Non mi illudo, certo, non penso, certo, di saper affrontare da solo problemi così delicati e complessi, ma sarà mio dovere raccogliere le vostre proposte, le vostre richieste o le vostre proteste, e sollecitare la solidarietà di tutta l'Assemblea per trovare soluzioni costituzionalmente valide e degne, sempre in armonia con tutti gli organi costituzionali della Repubblica. Questo rimane il problema primario e sommo, senza risolvere il quale questa Assemblea non potrà affrontare i suoi doveri costituzionali. E tra i maggiori impegni anzitutto le riforme, che hanno bisogno del massimo consenso possibile, affinché ogni cittadino si senta rappresentato nella Carta costituzionale, comunque verrà modificata. Le riforme per poter nascere richiedono la prevalenza dei diritti, delle attese della gente sulle visioni e gli interessi di parte. Una Carta che nella parte della proclamazione dei diritti della persona è certamente completa quant'altre mai. E quindi le leggi, a cominciare dalle più urgenti, che hanno bisogno anzitutto di una forte volontà politica perché giungano presto e bene ai cittadini destinatari. Ma desidero sottolineare l'adempimento di un grave, delicato, primario compito del Parlamento, della Camera, ed è il compito del controllo; compito che non è riserva delle opposizioni, ma deve essere sentito come continuità di fiducia nei confronti del Governo da parte della maggioranza. Abbiamo dinnanzi una realtà politica assai nuova. È uscita così dalla volontà degli elettori. E sta a noi, ai vari organi costituzionali, nelle rispettive competenze, questa realtà registrarla, accoglierla, interpretarla e attuarla. Quando sento da taluni ventilare ipotesi di nuove elezioni a scadenza breve, penso che venga a mancare la volontà di accettare il responso delle urne, penso che venga meno il senso genuino della democrazia che è il rispetto della volontà popolare (Vivi applausi). Penso che il solo formulare tale ipotesi finisca per determinare anche una pressione indebita sulla libertà dei parlamentari o sulla stessa dignità del Parlamento. E qui mi fermo. Ma questo, onorevoli colleghi, questo è il tempio della politica: qui o si fa politica o non è Parlamento. E politica vuol dire tutto ciò che interessa, che riguarda, che è utile, che è indispensabile al bene della polis, cioè al bene della comunità. Gli interessi di parte, di fazione o di settore, che a volte trovano troppa comprensione in Commissioni in sede legislativa, devono lasciare il campo alla visione globale delle realtà umane, ai grandi temi della vita dell'uomo, della famiglia, del lavoro, dello studio, della lotta al male materiale e morale, dell'impegno per la pace, dell'impegno sommo per la pace (Applausi). Il Parlamento ha dinnanzi il grave problema del disavanzo del bilancio dello Stato e l'ingresso dell'Italia nell'Europa con pienezza di dignità. Ci ferisce e ci umilia tante volte la sanguinosa aggressione della criminalità organizzata, che riesce persino a mortificare il pur marcato impegno, tante volte duramente pagato, delle forze dell'ordine e della magistratura, e la «piovra» mortale della droga. Ma siamo chiamati in causa da ogni problema, da ogni sofferenza alla dignità umana nel mondo, non per la banale presunzione di voler pensare a tutto, ma per la doverosa e sentita solidarietà e partecipazione che ci devono coinvolgere sempre. A breve distanza da noi e in altre vicine e lontane parti del mondo è ancora guerra e distruzione e morte e ogni umana sofferenza. Questi e ancora altri i grandi temi della politica interna ed internazionale che ci impongono responsabilità vigile e fattiva. A questa ho il dovere di impegnarmi. Può far quasi paura questo grave compito, ma se crediamo nella democrazia e se siamo disposti a pagare qualcosa di nostro perché essa viva, cresca e operi, se sapremo sulle grandi questioni trovare unità di intenti, le difficoltà si potranno, si dovranno, si sapranno superare. Non dimentichiamo che il termometro della democrazia di un paese è la forza, l'intelligenza, la compostezza, la sensibilità alle attese della gente, la capacità di risposte equilibrate e puntuali da parte del Parlamento. È forse quasi tradizionale che questi messaggi si concludano con un «viva il Parlamento» e con un «viva l'Italia»; ma affinché non sia vana retorica e perché questa acclamazione diventi augurio vero e valido occorre il comune impegno nell'adempiere ogni giorno il nostro dovere. Solo così la gente, seguendo i lavori della Camera, avrà motivo di speranza e di fiducia. È per questo che «viva il Parlamento» e «viva l'ltalia» dipende anzitutto e soprattutto da ciascuno di noi. Grazie, onorevoli colleghi (Vivissimi, prolungati applausi - L'onorevole Leonilde Iotti sale al banco della Presidenza e si congratula con il Presidente).