Vai al sito parlamento.it Vai al sito camera.it

Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Pier Dionigi Pinelli

IV Legislatura del Regno di Sardegna

Tornata del 31 dicembre 1849

Presidente. Onorevoli signori, l'altezza dell'onore cui mi elevaste coi vostri suffragi è tale da sgomentare l'uomo che sentisse il meno modestamente ed il meno timidamente di sè. Voi quindi comprenderete agevolmente la trepidazione che mi invade nel salire a questo seggio. Delle parti che mi sono commesse, alcune richiedono animoso volere, altre senno, dottrina, esperienza. Del volere posso promettere, perché l'animo non mi fallisce al dovere. Delle altre sento il difetto e confido onninamente in voi, perché dove la discussione procede pensata, grave, schietta e sobria di parole e di declamazioni, non è difficile uffizio il regolarla. Il tempo portò calma alle passioni ed a quella agitazione che, speranze deluse e sventure imprevedute e quasi incredibili avevano gettato nell'animo di tutti; e serbata la libertà delle opinioni qui in quest'aula fra noi, rappresentanti della nazione, non trovano eco gli estremi che osteggiano alla forma del nostro Governo. Esclude gli uni il giuramento di fedeltà al Re che abbiamo prestato, esclude gli altri il giuramento di fedeltà allo Statuto; esclude e gli uni e gli altri il solenne mandato degli elettori che, accorrendo con istraordinario concorso all'invito del Re, mostrarono volere e monarchia e Statuto. Nel regime costituzionale e negli stessi Parlamenti sono inevitabili i partiti: due sono anzi essenziali, uno di conservazione, uno di movimento: Conservazione che non esclude il progresso, che non ricusa la riforma degli abusi, ma che inerendo al dettato che il nuovo s'innesta all'antico, che prima di distruggere conviene edificare, tenta il terreno prima di muovere il passo; Movimento che, mirando all'ultimo sociale perfezionamento, impaziente di una dolorosa tendenza, spinge animosamente la mano alle radici degli sterpi che ne ingombrano la via, fidando più nell'energia che nella cantelosa prudenza. Ma all'uno ed all'altro di questi partiti sono scopo l'interesse del paese, la gloria della monarchia. Il Governo della cosa pubblica passando dall'uno all'altro, secondo le interne ed esterne circostanze del paese, ne rafferma la prosperità; e le discussioni parlamentari, condotte da una mutua stima, potranno essere animate sì, ma non mai acerbe; profonde, ma non imbrattate dalla grettezza delle gare personali, e lo ripeto, non sarà difficile l'uffizio di chi debba regolarle. Conservatore per intima convinzione tengo per quel partito la libertà del mio voto, ma so che obbligo primissimo di chi presiede è l'imparzialità; di questa mi farò stretto e continuo dovere. Abbiamo, signori, un regolamento, i difetti ne li conosciamo. Forse la Camera penserà bene di riformarlo; ma intanto io penso che è meglio averne uno difettoso che niuno. E quindi al regolamento mi atterrò fermamente, nè lascerò chè alcuno se ne scosti, se non quando la Camera formalmente, solennemente lo avrà dichiarato. Mi sia permesso di dire ancora due parole a chi assiste alle nostre discussioni. Mi è grato il dire che anche in questa parte furono molti i progressi che si fecero. Oramai il pubblico assiste alle discussioni parlamentari con quel contegno che si deve alla dignità di un Parlamento; ed io ho ferma speranza che vorrà sempre proseguire in questo buon costume, e che rammenterà che qui la nazione detta le leggi, non cerca applausi, e non riceve censure. Prima di chiudere mi sia permesso di interpretare il voto di tutti voi, onorevoli miei colleghi, facendo un voto di ringraziamento all'ufficio che presiedette a questi primordi delle nostre adunanze, e specialmente a quell'illustre giureconsulto in cui l'animo non invecchia mai all'amore del paese. Iddio lo conservi lunghi anni ad esempio di virtù cittadina! (Applausi)