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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Umberto Terracini

Assemblea Costituente

Seduta dell'8 febbraio 1947

Presidente. (Segni di vivissima attenzione). Onorevoli colleghi. Essere elevati a questo alto e responsabile ufficio di regolatore imparziale e diligente dei lavori dell'Assemblea rappresentativa già costituirebbe, anche in tempi di pacifica ed ordinata vita della Nazione, per ognuno pur conscio della propria rettitudine e del proprio civismo, cagione di ansia ben giustificata: poiché la formazione delle leggi resta sempre, e resterà in ogni società nazionale comunque organizzata, il momento supremo e decisivo della comune sorte progressiva del popolo. Esservi chiamati oggi per sovraintendere a lavori cui dedicheranno capitoli le storie future - le quali, parlando dei dolori infiniti generati alla nostra gente dalla folle bestialità di tanti ascesi a potenza sfruttandone i più nobili ed umani sentimenti, offriranno insieme ai nuovi italiani materia di conforto e di vanto, ricordando. il travaglio generoso, i sacrifici incomparabili, la fede tenace con cui gli italiani di questi anni durissimi di transizione hanno, nonostante tutto, gettato il ponte verso l'avvenire migliore - esservi chiamati oggi non potrebbe non costituire, anche per chi ultrapresumesse delle proprie doti di intelletto e d'esperienza, un severo richiamo a responsabilità.
Onorevoli colleghi, in questo modo io intendo il vostro voto, e da questo senso di responsabilità mi farò guidare ad ogni ora nel corso molteplice del nostro fecondo veniente lavoro.
Questo era d'altronde l'insegnamento prodigatomi dai mesi che ho trascorsi, ancora per volere vostro, a fianco di colui che già sedette, primo vostro eletto, in questo seggio; e che, dopo avere, con sensibilità squisita di uomini e di situazioni, diretta un'Assemblea nuova, nella maggioranza dei propri componenti, all'attività parlamentare, a tutti noi, ed ai nuovi ed agli anziani, ha offerto colla decisione, riconfermata ma ancora da noi tutti rammaricata, delle sue dimissioni un alto e prezioso esempio di ossequio alle norme di vita di un vero reggimento democratico (Vivissimi applausi).
I compiti che ci si propongono sono ardui. E sebbene essi già ci fossero nettamente designati al momento nel quale non tememmo di candidarci ad interpreti e realizzatori della volontà popolare, oggi ben più gravi ci appaiono, fatti attuali per il maturato concludersi di ogni preparativo.
Agli uni voi vi siete apprestati, con un fervore di studi, di ricerche, di approfondite discussioni che stupiranno, conosciute che siano, coloro che scioccamente credono o fanno credere che, ove un'Assemblea non parli a gran giorno, fra bagliori di eloquenza, si addormenti in lei ogni ritmo d'opera.
Ed i poderosi volumi che la Commissione dei 75 già ha licenziati, e gli altri che ancora darà all'esame dei membri di questa Assemblea, forniranno testimonianza al mondo di ciò che gli italiani sanno fare, quando la loro coscienza ed il loro intelletto non siano raffrenati od umiliati da interne prevaricazioni o da esterne intromissioni.
Parlo della Costituzione del nostro Stato, che la maggioranza del popolo, nelle sue forze meno irretite per illuse consuetudini di pensiero o di sentimento o per interessi consolidati alle vecchie istituzioni cariche di colpe, ha voluto fosse retto a Repubblica. E da questo ineludibile comandamento prendendo le mosse, grato che esso fosse o meno ai propri convincimenti, deputati di ogni settore hanno dato concorso validissimo di consigli, di argomenti, di proposte ed anche - ciò che forse più vale in momenti infelicissimi della vita di un popolo - di mutua comprensione, di volontà di accordo e di concordia, per redigere quel progetto che fra pochi giorni - portato al vostro esame ed al vostro voto - darà al titolo solenne di questa Assemblea non più dubitabile sanzione. Io oso fare l'auspicio, onorevoli colleghi, che anche qui, in questa più larga cerchia ed in aperto dibattito, si rinnovi e prolunghi, quel nobile e confortevole spettacolo di solidarietà spirituale e nazionale, che, non dimentica delle idealità politiche e sociali cui diversamente si appellano i vari partiti, pur riesce ad affratellarli nel compito di dare alla democrazia repubblicana italiana un suo primo, solido, certo - se anche ancor perfettibile - bastione di legalità. E che in tal modo, sia pure dopo dibattiti lunghi ed anche appassionati, la Costituzione abbia il suggello - se non dell'unanimità dell'Assemblea - per lo meno di un tale numero di voti da dare garanzia anche ai più sospettosi e malvolenti che la nostra legge fondamentale, somma di libertà già raggiunte ed avviamento ad altre, maggiori, di sociale contenuto che essa appena delinea, non sara frutto d'una vittoria di parte.
Ma la vita di un popolo travalica le frontiere della sua terra e, quanto più esso è maturato a civiltà, tanto più avverte la necessità che anche la maggiore convivenza dei popoli abbia le sue leggi. Onorevoli colleghi, una ne è stata foggiata di queste leggi, che voi dovrete esaminare nei prossimi tempi: legge d'imperio e perciò stesso legge iniqua. Nessun italiano vi ha posto mano, e perciò suona a beffa il titolo di trattato del quale si orna.
Essa non corrisponde ai diritti sacri che vennero proclamati come nuova Carta del mondo liberato dai fascismi; e per ciò manca di fondamento giuridico.
Essa misconosce i sacrifici immani non ancora conclusi, che il popolo italiano incontrò per rovesciare la tirannide fascista, e, volontario, per la comune salvezza dei popoli; e per cio è ingiusta. Ma se essa intende umiliarci e deprimere in noi la capacità di ristimolare, centuplicandole, le nostre energie e la fermezza dei propositi tesi a rifare del nome italico un segnacolo di gloriose conquiste nel campo della pace feconda e laboriosa; qui essa perderà ogni vigore. Poiché non vi è arbitrio di forze collegate che abbia imperio su spiriti riconsacratisi, per olocausto di popolo, a libertà.
Onorevoli colleghi! Voi deciderete, giunto il momento, e per bocca vostra tutti gli italiani parleranno, qual risposta competa al documento. Ma per intanto, misurando alla sua lettura tutta l'immensità del male, un irrefrenabile impeto di odio erompe dal nostro profondo: contro il fascismo, contro coloro che lo protessero, lo aiutarono, lo sospinsero al potere, ve lo difesero (Vivissimi applausi), insensibili alle sofferenze del popolo, rallegrati del suo decadimento, prodighi di onta al suo nome nel mondo, pur di dare respiro alle proprie fortune insanguinate.
Un trattato così infame il fascismo con le sue infamie l'ha imposto all'Italia, prima ancora che i Governi dei popoli vincitori, traducendole sottilmente in termini territoriali e monetari, non le inserissero al proprio attivo.
Ma vanamente si crede di potere insieme giudicare cosi, come nel documento, la miseranda guerra fascista e la generosa battaglia popolare di liberazione; quella ci ha tratti a rovina; questa ci ha riaperta la via a salvezza. Ma se anche la democrazia italiana è oggi costretta a pagare per le colpe della tirannide e dei suoi corifei, essa ha forza e capacità per riportare la Nazione, corrette che saranno, attraverso un'avveduta e conseguente azione internazionale, le ingiuste clausole, a rioccupare in Europa e nel mondo il posto che già le avevano assicurato le sue lunghe tradizioni di cultura e le doti creatrici del suo popolo lavoratore.
I popoli stanno: attraverso ai secoli, nella buona e nell'avversa fortuna.
Ai popoli tutti che patirono anche per causa nostra ma che sanno che anche noi patimmo e patiamo per le guerre imposte dalla tirannide fascista - ai popoli che parlano, in diversi accenti, lo stesso nostro linguaggio della speranza e dell'aspirazione alla pace, alla concordia, al perdono, alla collaborazione; ai popoli - l'occhio fisso al domani - questa Assemblea, figlia del popolo italiano, rivolgerà il suo appello fervido, senza venir meno con ciò al grande lavoro costituzionale al quale è consacrata. Poiché la vita di un popolo ha un solo respiro, nella sua terra e più in là nel mondo intero, se essa sa essere - come la vita nuova cui intende risorgere e certissimamente risorgerà il popolo italiano - tutta un'impresa sola di pace e di lavoro, nella libertà e nella giustizia sociale. (Vivissimi, ripetuti, prolungati applausi).