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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giuseppe Zanardelli

XX Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 18 novembre 1898

Presidente. (Vivissimi segni di attenzione). Onorevoli colleghi. Nel salire a questo seggio, la prima e la più necessaria delle mie parole, quella che risponde ad un imperioso bisogno del mio cuore, è intesa ad esprimervi la gratitudine ond'io sono tutto compreso per la rinnovata fiducia che la vostra indulgente benevolenza volle accordarmi. La memoria di questa perenne bontà verso di me da parte dei rappresentanti della Nazione, mi seguirà in ogni istante della mia vita; poiché pel cittadino di un libero paese non havvi onore il quale agguagli quello che gli è conferito dalla vostra elezione.
E sento pure il bisogno ed il dovere di volgere con antico e devoto affetto un fervido saluto all'uomo eminente che mi ha preceduto in questo seggio e che con tanto plauso ha diretto sì a lungo i nostri lavori. (Applausi unanimi).
Tutte le difficoltà del mio ufficio le conosco per prova; sento che all'ufficio stesso sono impari le mie forze; ma ho pure sicura coscienza di avere, da questo seggio, con scrupolosa cura non promesso soltanto, ma praticato il più essenziale dei miei doveri, quello della più assoluta imparzialità: imparzialità che non ha memoria né di origine, né di partiti, né di voti (Applausi), ma che è fondata sul solo pensiero che la Presidenza dev'essere impersonalmente neutrale. (Benissimo!) Mentre per ciò io sento di avere l'obbligo più rigoroso di far rispettare tutte le opinioni, di garantire nei limiti dello Statuto la più ampia libertà di parola, in pari tempo ho il dovere di esigere che queste libere opinioni si esprimano senza intemperanze ed acerbità di linguaggio. (Bravo! Bene!). Io ho fiducia in voi, onorevoli colleghi, e sono certo che mi presterete tutto il vostro concorso per far sì che le nostre discussioni procedano calme e serene.
Quando nel principio della presente Legislatura mi chiamaste a questo seggio, ed era vivamente reclamato l'accoglimento di precedenti proposte modificatrici del nostro regolamento, con applicazione di pene disciplinari per frenare ogni grave disordine che seguisse nelle discussioni, io francamente invocai con tutte le mie forze che la nostra tribuna non fosse infrenata che dal rispetto che essa deve a sé stessa, (Bravo!) dal disdoro serbato a chi ne abusa, dall'autorità morale dell'ufficio presidenziale. (Applausi).
Ed in tale fiducia io male non mi apposi: poiché anche senza que' provvedimenti disciplinari, le nostre discussioni poterono procedere scevre di que' tumulti e di quelle violenze che altrove i più severi regolamenti non valsero ad impedire. (Benissimo!) Ed io mi tengo sicuro che la mia aspettazione non sarà frustrata per l'avvenire, e che la tribuna italiana potrà serbare le sue invidiate tradizioni di libertà mantenuta dalla temperanza, dalla misura, dalla dignità inspirate dalle spontanee consuetudini delle nostre discussioni.
(Bene!) Alta ed ardua più che mai è la missione che ha innanzi a sé il Parlamento: tale da dover moltiplicare in noi l'attività, l'ardore, l'energia degli animi e degli intelletti.
Noi abbiamo attraversato giorni di tristi lutti: giorni dei quali, nelle illusioni generose del patriottismo, non avremmo creduta possibile l'amara realtà.
Ma la storia dei popoli, anche d'animo ardente, ci insegna essere facili queste cadute di disperante abbandono.
«Facilis est descensus Averno, Sed revocare gradum superasque evadere ad auras; Hoc opus, hic labor est.» (Benissimo!) Sì: occorre risalire l'erta, innalzarci a più alto e spirabile aere di vita novella; a ciò i nostri sforzi, le nostre volonterose fatiche devono convergere gagliarde e devote. (Bene!) E la Camera non soltanto raggiungerà questo scopo, ma scriverà una pagina durevole nella nostra storia legislativa, secondando, promuovendo una politica riformatrice. Secondando pure con simpatia fraterna quelle correnti popolari in cui si manifestano tante legittime aspirazioni; (Bene!) mostrandosi sollecita di quei provvedimenti economici i quali siano informati ai principii di giustizia sociale, la Camera stessa avrà con sé lo spirito del Paese, e con esso più viva la coscienza della propria forza: di quella forza che l'Assemblea elettiva attinge alle poderose sorgenti della volontà nazionale.
(Benissimo!) Bene a ragione vi fu detto che la tranquillità e la sicurezza sono il principalissimo bisogno delle convivenze civili: sicché anche i più fervidi amatori di libertà devono essere convinti che la pace pubblica diventa elemento essenziale per la libertà del paese, mentre anche il diritto si eclissa e si proroga innanzi all'inflessibile necessità.
Ritornata la calma, le ragioni supreme del diritto, della legge, delle libertà pubbliche, riprendono il legittimo impero; poiché eccelso làbaro di salute e di vittoria dev'essere la fede inconcussa nella salutare virtù delle nostre istituzioni. (Bene!) Questa fede inconcussa nelle libere istituzioni si affermò nelle primissime parole che il nostro Re rivolse alla Nazione in un momento fra tutti solenne, il 9 gennaio 1878; e questa augusta divisa noi dobbiam credere che, come fu condizione necessaria per condurci ad indipendenza ed unità, sia del pari condizione necessaria a rendere questi beni inviolabili e sicuri.
(Applausi prolungati su tutti i banchi).
Prego gli onorevoli segretari e questori di voler prendere il loro posto al banco della Presidenza.
(I segretari e questori salgono al banco della Presidenza).
A norma dell'articolo 7 del nostro regolamento mi farò un dovere d'informare Sua Maestà il Re e il Senato del Regno della costituzione dell'ufficio di Presidenza della Camera.