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Portale storico della Camera dei deputati

Misto: maggioritario e proporzionale (1994-2005)

Dopo un primo referendum per la riduzione delle preferenze esprimibili per l'elezione dei deputati e la possibilità di esprimere la preferenza con indicazione del numero di lista, svoltosi con esito positivo il 9 giugno 1991, il 18 aprile 1993 si svolse, con esito positivo, il referendum per l'abrogazione di alcune disposizioni della legge elettorale del Senato (legge n. 29 del 1948 e successive modificazioni) per sopprimere la norma che prevedeva l'elezione nel collegio uninominale solo previo conseguimento di un elevato quorum del 65% dei voti, determinandosi altrimenti la ripartizione dei voti su base proporzionale. Il risultato della consultazione referendaria indusse il Parlamento all'approvazione della legge 4 agosto 1993, n. 276 (relativa al Senato) e della legge 4 agosto 1993, n. 277 (relativa alla Camera), che introducevano sia per il Senato sia per la Camera, un sistema elettorale misto.
Il sistema era caratterizzato dall'elezione di tre quarti dei deputati e tre quarti dei senatori con sistema maggioritario a turno unico nell'ambito di collegi uninominali. I restanti seggi venivano attribuiti con il sistema proporzionale: alla Camera ripartendoli, nelle 26 circoscrizioni, tra le liste concorrenti che avessero superato la soglia del 4 per cento dei voti in ambito nazionale; al Senato, ripartendoli tra gruppi di candidati in proporzione ai voti conseguiti nei collegi di ciascuna regione dai candidati non eletti.
In particolare, con la legge 4 agosto 1993, n. 277, le norme per l'elezione della Camera dei deputati furono fortemente modificate introducendo un sistema misto in luogo di quello interamente proporzionale fino ad allora in vigore. La nuova disciplina portava ad eleggere 475 deputati con il sistema maggioritario in altrettanti collegi uninominali; 155 erano invece eletti con il sistema proporzionale, ripartendoli cioè in proporzione ai voti ottenuti dalle liste concorrenti presentate nelle 26 circoscrizioni.
Quanto alle modalità di votazione, a differenza del Senato l'elettore esprimeva per la Camera due voti su due diverse schede, una per i candidati dei collegi uninominali, l'altra per le liste che concorrevano alla ripartizione dei seggi su base proporzionale. Le candidature erano presentate nei collegi per la parte maggioritaria e nelle circoscrizioni per quella proporzionale, essendo come si è detto il sistema misto. Esistevano però legami fra le due parti, dato che i candidati dei collegi uninominali dovevano collegarsi a liste proporzionali della circoscrizione e potevano, in casi particolari, risultare eletti per la quota proporzionale. Le liste, dal canto loro, partecipavano alla ripartizione solo dopo aver pagato, in termini di voti, una sorta di pedaggio per ogni eletto con il sistema maggioritario ad esse collegato (così detto "scorporo").
Per la parte maggioritaria in ciascun collegio era senz'altro proclamato eletto il candidato nel collegio che aveva ottenuto il maggior numero dei voti.
Tecnicamente assai complessa era invece l'attribuzione dei 155 seggi per la quota proporzionale. La distribuzione dei seggi fra le liste avveniva a livello nazionale, in base alla somma dei voti ottenuti nelle circoscrizioni. Stabilito il numero dei seggi che spettavano alle diverse liste, l'accertamento dei candidati di ciascuna lista che risultavano eletti avveniva nelle circoscrizioni. Non tutte le liste erano ammesse alla ripartizione proporzionale, ma solo quelle che avevano ottenuto nell'intero territorio nazionale almeno il 4% dei voti validi (così detta "clausola di sbarramento").
Le varie fasi della distribuzione dei seggi proporzionali erano le seguenti:
accertamento delle liste che, sommati i voti riportati in tutte le circoscrizioni, superavano la soglia di sbarramento;
accertamento, nelle circoscrizioni e in ambito nazionale, del totale dei voti con cui ciascuna lista ammessa partecipava alla ripartizione proporzionale (così detta cifra elettorale di lista). Tale cifra era data dalla differenza fra i voti ottenuti dalla lista e quelli che dovevano esserle sottratti per il meccanismo dello scorporo;
determinazione su base nazionale del numero dei seggi spettanti a ciascuna lista ammessa. I calcoli, effettuati sulla base delle cifre di lista, ripartivano tutti i 155 seggi in proporzione al numero di voti accreditati a ciascuna lista con il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti;
distribuzione nelle singole circoscrizioni dei seggi assegnati alle varie liste, fermo il totale dei seggi accreditati a ciascuna lista in ambito nazionale. A tal fine, venivano effettuate complicate operazioni di calcolo per consentire, nei limiti del possibile, che ciascuna lista avesse i propri eletti nelle circoscrizioni ove aveva conseguito proporzionalmente il più alto numero di voti e che il numero degli eletti in ciascuna circoscrizione risultasse pari a quello dei seggi proporzionali della circoscrizione stessa;
proclamazione, nelle diverse circoscrizioni, dei candidati eletti secondo l'ordine fissato in ciascuna lista e, se la lista era esaurita, secondo una graduatoria dei candidati collegati alla lista stessa, che non risultassero già eletti nei collegi uninominali.
Due leggi di revisione costituzionale (17 gennaio 2000, n. 1, e 23 gennaio 2001, n. 1) hanno in seguito attribuito ai cittadini italiani residenti all'estero il diritto di eleggere, nell'ambito di una circoscrizione Estero, sei senatori e dodici deputati. Essendo rimasto invariato il numero complessivo dei componenti le due Camere, il numero dei seggi da distribuire nelle circoscrizioni nazionali - detratti quelli da assegnare nella circoscrizione Estero - si è quindi ridotto a 618 per la Camera ed a 309 per il Senato. La legge 27 dicembre 2001, n. 459, ha attuato la previsione costituzionale disciplinando l'esercizio del voto (per corrispondenza) e l'attribuzione (con sistema proporzionale) dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero. La legge ha stabilito inoltre che, con le medesime modalità previste per le elezioni politiche, i cittadini italiani all'estero possano esprimere il proprio voto anche nei referendum abrogativi e in quelli costituzionali previsti, rispettivamente, dagli articoli 75 e 138 della Costituzione.