Nel 1650, per volontà del papa Innocenzo X, Gian Lorenzo Bernini - che aveva già lavorato per i Barberini, la famiglia del Pontefice Urbano VIII - iniziava i lavori per la costruzione di un palazzo destinato a dimora dei principi Ludovisi.
Il Bernini aveva ideato una costruzione grandiosa con una fronte poligonale in cinque parti e un'ordine unico di tradizione palladiana arricchito dalla plasticità del bugnato rustico. L'ambizione del concepimento berniniano, però, non trovò rispondenza nelle possibilità economiche dei Ludovisi, i quali, d'altronde, vista la lentezza dei lavori e la lontananza nel tempo del loro compimento, spesero una notevole somma per l'acquisto di un palazzo li vicino, a San Lorenzo in Lucina. La morte del Pontefice (1655) e di Nicolò Ludovisi (1664), le questioni ereditarie che ne derivarono, portarono alla sospensione dei lavori.
11 Palazzo Ludovisi rimase incompiuto e disabitato per circa quaranta anni, fino a che, nel giugno 1694, fu acquistato per l'ospizio di San Michele della Reverenda Camera Apostolica. Il Pontefice Innocenzo XII aveva intenzione di adibire il pianterreno a sede della dogana e i piani superiori per la Curia, ma Carlo Fontana, d'accordo con monsignor Nuzzi, propose l'accentramento dei Tribunali in un'unica Curia, redigendo un trattato, pubblicato prima nel 1694 e poi in seconda edizione nel 1708, dove dimostrava che in epoca romana l'area di Montecitorio aveva avuto analoga funzione. L'idea di un grande palazzo di giustizia, che era stata nelle intenzioni di Giulio I1 e di Sisto V, e la componente caritativa che la Curia dovesse contribuire al sostentamento dei poveri, costituiscono i temi essenziali dell'edificio, espressi nella ristrutturazione progettata dal Fontana.
A differenza del Bernini, che aveva ideato un cortile di forma quadrata e un solo ingresso monumentale, il Fontana propose un cortile ad emiciclo con due 'passi' per le carrozze, mentre sulla facciata progettò un portale dove, secondo il tema tradizionale dell'arco trionfale, si aprivano tre ingressi e dove inserì due medaglioni con la raffigurazione della Giustizia e della Carità, simboli abbinati delle funzioni dell'edificio. La fronte fu completata, al posto dell'attico palladiano con le statue che era nelle intenzioni berniniane, con un campanile con l'orologio sormontato da un angelo in ferro e da una banderuola. La facciata interna sul cortile d'onore aveva la disposizione di un portico a pianterreno e di una galleria ad ogni piano.
Fu nell'aprile 1695 che per la prima volta echeggiarono i rintocchi del campanone che portava la scritta: «Diligite justitiam qui iudicatis in terra».
Con l'ascesa di Pio VI al soglio papale, la piazza di Montecitorio ebbe una sistemazione definitiva. Nel 1789 Pio VI diede, infatti, incarico all'architetto Giovanni Antinori di innalzare al centro della piazza l'obelisco che l'Imperatore Augusto, dopo la conquista dell'Egitto, aveva portato a Roma. La stele - trovata nel 1748 nei pressi di piazza San Lorenzo in Lucina - proveniva da Eliopoli dove era stata innalzata in onore di Psammetico II, fra il 594 e il 589 a.C., per commemorare la vittoria sugli Etiopi. Sulla cima, Pio VI volle fosse posto un globo di bronzo con una fessura centrale attraverso la quale, a mezzogiorno, passa il sole, disegnando così un punto luminoso nell'ombra che l'obelisco proietta sul pavimento della Piazza. Ciò in ricordo dell'antica funzione di gnomone di una grande meridiana, già disegnata sul pavimento di una piazza presso San Lorenzo in Lucina, alla quale l'imperatore Augusto l'aveva destinato. Dopo il 1870, con la presa di Roma e il trasferimento della capitale, si inizia una nuova svolta decisiva nella storia del palazzo.
Pochi giorni dopo Porta Pia, 1'11 ottobre 1870, si pone, con una lettera del segretario generale del Ministero dell'Interno alla Presidenza della Camera dei Deputati, il problema della ricerca di una sede per la Camera. «Il Palazzo di Montecitorio - è scritto testualmente nel verbale della Presidenza del 5 giugno 1871, firmato dal Presidente della Camera Biancheri - e per via di esclusione e perché offre il numero e l'ampiezza dei locali necessari alla Camera, e perché i lavori possono essere compiuti entro il termine dei sei mesi deliberati dalla Camera dei Deputati, è adunque la località che dev'essere preferita come residenza della Camera medesima».
Malgrado la protesta degli avvocati del Circolo legale romano per l'estromissione dei Tribunali dal palazzo, hanno inizio i lavori. Nel febbraio del 1871 viene approvato dal Ministero dei Lavori Pubblici il progetto dell'ingegner Comotto, che si era già messo in evidenza in occasione di un concorso per la sistemazione della Camera nel salone dei Cinquecento nel Palazzo Vecchio, quando la capitale era a Firenze. I lavori vengono affidati all'impresa Salviati, mentre al palazzo di Montecitorio, in una stima fatta in occasione di un'assicuraziune contro l'incendio, viene attribuito il valore di lire 1.779.828.
La costruzione dell'aula nell'emiciclo del cortile della Curia, secondo il progetto dell'ingegner Comotto, realizzata in ferro e legno e coperta in zinco - donde il calore asfissiante e il freddo intenso dell'aula, che dettero origine ad una vasta aneddotica - procede abbastanza rapidamente, e il 6 giugno del 1872 vengono sottoscritti i verbali di consegna del palazzo di Montecitorio alla Camera dei Deputati.