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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giuseppe Biancheri

XI Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 22 novembre 1873

Presidente. Onorevoli colleghi! Se avviene taluna volta che insigni onoranze si veggano conferite non tanto in ragione dei meriti di chi le riceve, quanto piuttosto a cagione della benevolenza di chi le impartisce, a me è per giunta accaduto, che la benevolenza medesima mi siasi di tanto accresciuta di quanto io avessi reso manifesto di non avervi alcun titolo. Intendo accennare che, richiamandomi ad occupare questo Seggio, voi mi confermaste non solo la distinzione più alta cui sia lecito aspirare, ma mi deste prova eziandio di tanta maggiore benevolenza quanto più chiaramente io già vi feci palese di non essere fornito d'alcuna qualità a meritarla, d'alcuna dote d'ingegno, di cui anzi mi confesso interamente spoglio. Non intendo per altro di alludere a quelle personali qualità che rivelano ed affermano la rettitudine della coscienza, la lealtà de' propositi, la purezza degl'intendimenti; di titoli siffatti, che so essere a voi tutti comuni, ho ancor io il legittimo orgoglio di non sentirmene privo, ed ho tanta fede in me stesso per tenermi certo che non mi verranno mai meno. (Bene! Bravo!) Se ciò mi avesse potuto bastare a conseguire la vostra fiducia, oserei lusingarmi di esserne stato non affatto indegno; se altri requisiti e altri pregi vi attendevate pure da me, mi è forza di ammettere che inutilmente l'abbiate desiderato. Deggio, perciò, unicamente attribuire alla persistente, continuata vostra benevolenza, l'impareggiabile onore di essere per la quarta volta eletto a presiedere i vostri lavori, e sarà soltanto per virtù della stessa che mi verrà concesso di poter corrispondere alla vostra aspettazione. Mi sorride tuttavia il pensiero che ad un altro sentimento vi siate agevolmente ispirati, onorevoli colleghi, nel conferirmi i vostri suffragi: la politica, in mezzo alla quale a noi tocca di vivere, spesso così larga dispensatrice d'illusioni e di disinganni, acconsente pur nondimeno che la mente raggiunga i più nobili intenti, ma invano si chiederebbero ad essa le dolci sensazioni del cuore, invano le si ricercherebbero in questo fertile campo di sempre pronte, meditate, e forse non inutili lotte; e non di rado, la mente ancorché soddisfatta, lascia che il cuore non anco inaridito rimpianga il mancato conforto d'una grata emozione. A procacciarvi questa soddisfazione dell'animo, prima di addentrarvi nelle vostre discussioni, voi miraste indubbiamente, esprimendomi col vostro quasi unanime voto quel sentimento di amicizia che a voi tutti mi unisce, e di cui sono veramente superbo; voleste indubbiamente attestare che la politica può ben dividerci in talune nostre opinioni, non può disgiungerci nelle nostre affezioni reciproche. Io mi compiaccio meco medesimo di avervi porta occasione a manifestare un così delicato sentire, mi gode l'animo di potervene rendere le più vive azioni di grazie, augurandomi che non sia per riescirvi del tutto sgradito: questo solo che mi è dato di ricambiarvi, la mia sincera cordiale devozione e la mia profonda riconoscenza. (Applausi). Penetrato più che mai della responsabilità che m'incombe, attingo nella vostra stessa fiducia la volontà e la forza di compiere il mio dovere, e mi sorregge la speranza che saprò non mancarvi, purché a voi piaccia di non ravvisare nell'esercizio dell'autorità di cui mi avete investito, non altro che il puro adempimento della vostra volontà. Per altra parte mi rassicura pienamente, tanto verso di voi che di me stesso, il sentirmi libero da ogni spirito di parte, scevro da qualsiasi prevenzione, imparziale con tutti, e il sapermi fermamente deciso a non tollerare che niuna passione possa mai avere il vanto di giungere insino a questo Seggio. Egli è con questi sentimenti che io riprendo il mio ufficio; la libera discussione d'ogni opinione, essenziale attributo d'un popolo libero, non può non essere cagione che la vivavità si avvicendi talvolta alla quiete; ma, come è pregio d'ogni libertà ben intesa il non varcare ragionati confini, così torna sempre ad onore e decoro d'ogni parlamentare contesa il non dipartirsi da assennati concetti, da temperanza di forme, e soprattutto dal rispetto reciproco. Il vostro patriottismo mi è pegno sicuro della vostra saggezza; mi parrebbe tuttavia di fallire a un mio debito, se ommettessi di rivolgervi una calda preghiera affinché vi compiacciate di assistere, con quella maggiore assiduità che vi sia possibile, agli studi e ai lavori che dovremo fra poco intraprendere. Rappresentare la nazione è incontestabilmente una distinzione grandissima; conviene, però, non risentirne soltanto l'onore, ma aver la coscienza, ad un tempo, dei doveri che impone. Non esercitando un mandato stato accettato, si vien meno ad un impegno e ad un obbligo assunto, si può essere d'incaglio al regolare andamento dei pubblici affari, e inconsciamente si reca anche una gravissima offesa alle nostre parlamentari istituzioni, autorizzando a supporre che la nazione tenga in pochissimo conto codeste istituzioni medesime, che pure racchiudono le più preziose sue guarentigie, e le costarono tanti sacrifizi e tanti dolori; mentre per l'opposto essa ne è scrupolosamente gelosa, ed a noi ne ha affidato il temporaneo deposito, confidando che non ne saremmo indegni custodi col lasciare che per nostra negligenza ne possa scemare l'autorità e il prestigio. (Bravo! Bene). Onorevoli colleghi, l'Augusta parola che testè ha risuonato in quest'aula già ci ha additato il compito che ci è riservato: provvedere all'opera difficile e severa del definitivo assestamento delle pubbliche amministrazioni; migliorare le condizioni della pubblica finanza; regolare il pericoloso esercizio della circolazione cartacea; dare al paese, mercè il completamento di opportuni provvedimenti, quella sicurezza che egli a buon diritto intende anzitutto di avere e di sentirsi in sé stesso. Rivolgiamo, onorevoli colleghi, l'animo nostro a questi grandi interessi della patria; facciamo a gara per accrescere la sua prosperità e grandezza, per vieppiù assicurare lo svolgimento della nostra vita nazionale. Memore del suo passato e conscia della sua missione, fiera del suo Re, del suo esercito e della sua marina, l'Italia attende, fiduciosa in se stessa, che si compiano i suoi destini; adoperiamoci con tutto fervore ad agevolare quest'altissimo intento, ripigliamo i nostri lavori coll'affetto costante nel cuore e col nome sul labbro di Italia e di Vittorio Emanuele. (Vivissimi applausi).