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Portale storico della Camera dei deputati

Presidenti

Giuseppe Biancheri

XVI Legislatura del Regno d'Italia

Tornata del 30 gennaio 1889

Presidente. (Rimanendo in piedi). Onorevoli colleghi! (Segni di viva attenzione). La fiducia che vi degnaste di confermarmi, mi fa testimonianza anche una volta di quella vostra benevolenza che fu sin qui mio conforto e mio sostegno. E questa fiducia e questa benevolenza vi è piaciuto manifestarmi con tale dimostrazione di generale consenso che né anche la mia immaginazione avrebbe ravvisato possibile di conseguire. Ne sono vivamente commosso, e non ho parole che valgano ad esprimervi la mia riconoscenza; non ne trovo che sieno sufficienti ad attestarvi quanto vi sia caldamente grato della vostra cortese, affettuosa e, per me, tanto lusinghiera accoglienza; la commozione mi consente appena di dirvi grazie dal più profondo dell'animo. Nessuna illusione mi oscura la mente né può, ora più di prima, indurmi a credere d'aver titoli per meritare l'insigne distinzione che mi conferiste. Penso esser nel vero se ritengo che, con l'onore impartito al modesto mio nome, abbiate inteso soltanto di onorare quei liberali e parlamentari principii da me, con lunga anzianità, insieme a voi rappresentati. (Bene! Bravo!) Fu mio costante dovere serbarmi fedele a questi principii sui quali è edificata l'unità della patria ed è mio compiacimento vivissimo che giudichiate voi pure doveroso il propugnarli ed il seguirli sempre, tenendo sacro il deposito che ve ne fu affidato. I pregi e le virtù più elevate d'un popolo libero si rivelano sovratutto nel suo affetto immutabile alle nazionali istituzioni e nella sua illuminata devozione alla patria. L'Italia può vantare la invidiata fortuna di avere le sue liberali istituzioni interamente sottratte a qualsiasi mutamento inconsulto come ad ogni partigiana inconsideratezza mercè il patto indissolubile che la unisce al suo Re, e la lealtà d'una dinastia che è sempre esempio scrupoloso, sublime del rispetto della legge. (Vivi applausi). Ma se la sovrana saggezza e l'integrità del Governo sono, come ce ne affida l'augusta parola che testè ha risuonato in quest'Aula, la garanzia più salda e la tutela più vigile delle nostre parlamentari istituzioni, può giovar non di meno che anche da noi si affermi essere le medesime ritenute ognora come le più atte a risolvere i gravi problemi nazionali e le meglio idonee ad esplicare quel sistema di liberale reggimento che assicura l'armonia e la concordia dei pubblici poteri. (Benissimo!). Giova, però, affermare ad un tempo, che l'affetto per le liberali franchigie non può mai essere disgiunto dalla devozione alla Patria; che non è degno d'esser libero chi non ambisce la Patria libera, indipendente, forte (Bene! Bravo!) e chi non ne rispetta ed osserva le leggi; che lieve è ogni sacrificio che la Patria esiga, dolce ogni dovere che il conseguimento di questo bene supremo imponga. E gioverà forse non meno che pur chiaramente si affermi non esser dato ad una Nazione di innalzarsi a grandezza né di raggiungere i sospirati suoi ideali quando non senta in se stessa l'affetto intenso delle sue istituzioni, la gagliarda fierezza della sua indipendenza, la fede robusta nel proprio avvenire, la religione santissima del dovere e del sacrificio. (Approvazioni) Ed è perciò che, se mi fosse concesso mandar da questo seggio un voto ed un augurio all'Italia nostra dilettissima, niun voto e niun augurio più caldo di questo potrei indirizzarle, ch'Essa possa perennemente inspirarsi a questi sentimenti. (Bene!) Onorevoli colleghi! I benefizi che dalle istituzioni legittimamente si possono attendere dipendono specialmente dal modo in cui le istituzioni medesime sono svolte ed attuate; non può adunque non premere a noi caldamente che le parlamentari istituzioni sieno anche da parte nostra sempre correttamente applicate. I gravi argomenti che, per invito sovrano, siete sollecitati a trattare verranno da Voi, non ne dubito, esaminati con quello studio diligente e coscienzioso che il pubblico interesse richiede; arduo è forse il compito che oggidì vi è assegnato, ebbene, altrettanto l'opera vostra sarà meritevole, viva la vostra sodisfazione per l'adempimento del vostro dovere. Perseverando nei nobili sensi dai quali foste sempre animati, vi sarà agevole ottenere quell'unico intento che vi dovete proporre, la prosperità della Patria. L'ufficio che vi è piaciuto di nuovamente affidarmi mi continua la gradita occasione di coadiuvare i vostri lavori; come in passato, mi consacro ai medesimi con animo retto e imparziale, con intelletto d'amore, e, se ultimo tra voi per ingegno e per meriti, bramo almeno essere il primo nel dare ogni miglior prova di buon volere, di attività e di zelo affine di rendermi degno della vostra approvazione. (Bravo!) È questo, onorevoli colleghi, il solo premio a cui aspiro, e che non dalle tenui mie forze, ma, come prima, oso sperare dalla vostra indulgenza. Sarà, ognora, mia sola ambizione servire la Patria ed il Re; troppo lievi sono i servizi da me modestamente prestati perché ne rimanga traccia che meriti di esser mai da Voi ricordata, ma durerà in me, sinché duri la mia vita, il dolce ricordo dell'onore supremo che ripetutamente mi conferiste, e della fiducia attestatami serberò nell'animo sì grata impressione che né gli eventi, né il tempo potranno mai cancellare. E mi sarà pur caro di sempre rammentare con orgoglio la benevolenza che si degna concedermi l'Augusto nostro Sovrano, per la quale so sventuratamente di non poter invocare altro titolo tranne, quello che pure invoco con Voi, il mio desiderio ardentissimo di sempre compiere il mio dovere. A questo desiderio che in me è sì vivo debbo forse soltanto l'onore di essere chiamato a questo seggio; è grande l'onore che sento, ma più grande e più vivo e più forte è il compiacimento che provo nell'attestare al Re la mia devozione, e nell'esprimere a Voi, onorevoli colleghi, la mia amicizia affettuosa e la mia riconoscenza indelebile. (Applausi generali e prolungati). Invito gli onorevoli questori e segretari a venire ad occupare i loro seggi. Sarà poi mio dovere di informare S.M. il Re ed il Senato del Regno della costituzione dell'ufficio di Presidenza della Camera.